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Web e fisco, la ricetta francese per tassare pubblicità e raccolta dati degli utenti

Economia digitale

La Francia non molla la presa e continua a lavorare a nuove misure per tassare le web company che eludono il fisco da sottoporre all’Unione europea.

E mentre in Italia il Governo resta ancora indeciso sul da farsi, con giornalisti ed editori che fanno pressing perchè si prendano delle misure almeno sul caso che riguarda Google News e la Guardia di Finanza continua a indagare sul gigante di Mountain View, Oltralpe si passa ai fatti.

Ieri è stato infatti reso noto il Rapporto di France Stratégie, commissione voluta dal Primo Ministro, che indica come tassare gli Over-The-Top (Google, Apple, Facebook e Amazon).

Le nuove norme potrebbero essere adottate a breve e c’è l’aspirazione che vengano prese come riferimento da un nucleo di Paesi senza attendere la riforma del quadro fiscale internazionale.

La soluzione degli economisti francesi

Si tratta, si legge nel documento, di “nuovi strumenti specifici che potrebbero essere applicati a livello europeo per contrastare le pratiche di ottimizzazione fiscale” delle multinazionali di internet.

I giganti del web, secondo gli esperti, sfruttano più efficacemente delle industrie tradizionali le debolezze dei sistemi fiscali nazionali o gli accordi bilaterali grazie al carattere ‘immateriale’ delle loro attività.

L’ottimizzazione fiscale riguarda non solo la tassazione dei profitti in un dato paese ma anche le transazioni digitali, difficili da localizzare, cosa che complica la riscossione dell’Iva.

Dal 1° gennaio sono entrate in vigore le nuove norme Ue sull’eCommerce diretto che prevedono l’applicazione dell’IVA con l’aliquota del paese dell’acquirente e non del venditore come succedeva prima. Cosa che aveva spinto molte multinazionali a spostarsi in Lussemburgo o in Irlanda dove l’IVA è più bassa.

I dieci economisti incaricati di stilare il Rapporto parlano di una tassa sul valore delle revenue pubblicitarie realizzate dalle web company nei Paesi dove operano.

Una misura che risolverebbe l’attuale difficoltà dei governi di stimare e localizzare questi profitti.

Il rapporto parla anche di una possibile tassa calcolata sul numero degli utenti di una piattaforma (internauti e inserzionisti) o sul flusso dei dati.

L’aliquota, secondo gli esperti, dovrebbe essere più elevata per quelle aziende che ‘sfruttano’ i dati personali degli utenti rivendendoli o conservandoli per le cosiddette pubblicità mirate.

Più moderata invece l’aliquota per le entrate generate dal semplice accesso a un sito (vendita o raccolta pubblicitaria legata alla ricerca online).

Nel corso della presentazione del Rapporto, ieri a Parigi, Francis Bloch della School of Economics di Parigi ha commentato che le misure suggerite “potrebbero avere un effetto positivo determinando una diminuzione dell’uso dei dati personali” e potrebbero spingere le piattaforme a offrire agli utenti maggiori opzioni.

Un esempio? Far pagare agli utenti i servizi senza pubblicità o, al contrario, remunerarli per l’uso dei loro dati.

Il Rapporto francese verrà presentato alla Ue

Il Segretario di Stato per il digitale, Axelle Lemaire, ha accolto con favore questo rapporto, informando che lo presenterà ai propri colleghi europei in occasione dell’incontro sul tema web e fisco nell’ambito dell’Agenda digitale europea, fissato per maggio.

Lemaire ritiene poco opportuno tassare solo una parte delle attività delle multinazionali: “L’imposizione deve avvenire caso per caso, la banda passante, la pubblicità, ma credo che bisogni soprattutto sviluppare un metodo che consiste nel prelevare l’imposta laddove si crea valore“, vale a dire “laddove gli utenti forniscono i loro dati”.

Per Lemaire, la tassazione sulla banda passante, sostenuta dal Ministro della Cultura Fleur Pellerin, “sarà molto difficile da attuare a livello nazionale e potrebbe spingere ad adottare strategie di elusione che sarebbero controproducenti. E’ meglio optare per un approccio armonico, a livello europeo, e credo che ci siano i mezzi per farlo rapidamente“.

Le misure suggerite dal Rapporto per tassare le web company non sono piaciute alla divisione francese di IAB che rappresenta 140 aziende attive sul mercato della pubblicità online che si è schierata “contro l’introduzione di nuove tasse che ostacolano lo sviluppo di un settore economico importante per il futuro”.

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