L’indagine

Web e fisco, Amazon e Lussemburgo nel mirino della Ue

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La Commissione Ue ha avviato un’indagine approfondita sugli accordi fiscali che legano Amazon al Lussemburgo. Secondo Bruxelles, c’è il rischio che si tratti di aiuti di Stato illegali.

La Commissione Ue indaga sugli accordi fiscali tra Amazon e il Lussemburgo. Nel mirino dell’Antitrust un’intesa risalente al 2003 che avrebbe permesso al gruppo americano di pagare meno tasse.

Stando a quanto riporta il Financial Times, Bruxelles starebbe per aprire l’indagine approfondita, dopo quella preliminare, per verificare se gli accordi in questione ricadrebbero sotto la forma di aiuti di Stato illegali. Il Gran Ducato, che aveva dapprima rifiutato di cooperare con la Ue, avrebbe ammorbidito la propria posizione da quando è stato nominato come presidente della Commissione il lussemburghese Jean-Claude Juncker.

L’Antitrust sta verificando parallelamente anche i rapporti tra Apple e l’Irlanda.

L’accordo che riguarda Amazon sarebbe molto favorevole alla web company. Secondo il FT, l’intesa prevedrebbe, infatti, che il gruppo versi al Lussemburgo meno dell’1% dei ricavi europei.

L’indagine, che deve essere ufficialmente confermata, passerebbe alla Commissione presieduta da Juncker che si insedierà ufficialmente a partire dal prossimo novembre.

Amazon – scrive il FT – aveva archiviato circa 13,6 miliardi di dollari (10,76 miliardi di euro) di vendite attraverso la sua divisione in Lussemburgo, con 28,8 milioni di dollari di profitti”.

Il tax ruling

 

A centro della questione l’eterno problema delle web company, ormai denunciato da più parti, che grazie alle leggi di Stati ‘compiacenti’ riescono a sottrarsi, in grossa parte, dal pagamento delle tasse nei Paesi dove vendono i loro servizi per versarle in quelli che applicano regimi vantaggiosi. Irlanda e Lussemburgo le mete preferite.

L’indagine approfondita su Amazon riguarda in particolare le pratiche di tax ruling che consentono a un’azienda di chiedere in anticipo agli Stati dove intendono aprire le loro sedi come sarà gestita la propria situazione dal punto di vista fiscale e ottenere quindi alcune garanzie.

Il tax ruling non è illegale nella Ue, ma Bruxelles ritiene che questo sistema possa ricadere per i Paesi coinvolti sotto la forma di aiuti pubblici indiretti, forniti con la speranza di attirare maggiori investimenti a svantaggio di altri Stati dell’Unione.

Alcune multinazionali, specie quelle del web, sfruttano queste disposizioni per l’ottimizzazione fiscale, ripartendo i loro costi e i profitti imponibili tra più filiali collocati nei diversi Paesi.

Double Irish With a Dutch Sandwich

Spesso molte multinazionali, come Google o Apple, adottano la cosiddetta strategia del “doppio irlandese con panino olandese” (Double Irish With a Dutch Sandwich), che consiste nel trasferire i denari verso le sussidiarie irlandesi e olandesi, per poi traghettare il tutto ai Caraibi.

Per colpire le multi nazioni di internet che eludono il fisco, in Italia è già in vigore la cosiddetta Web Tax, per la parte riguardante la tracciabilità dei pagamenti per i servizi online, ma è stata congelata, per la forte opposizione politica, per le disposizioni che prevedono l’obbligo di partita Iva italiana per gli acquisti di eAdvertising per le quali si attende una previa verifica di compatibilità con il diritto dell’Ue.

Uno dei maggiori oppositori della Web Tax è stato appunto il premier Matteo Renzi. Adesso si spera che la questione tasse e web company venga affrontata in modo prioritario nel semestre di presidenza italiana della Ue appena cominciato.