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Vorticidigitali. Disinformazione online, come superare fake news e camere dell’eco?

Sollecitato dalle pressanti inchieste sul Russiagate, Facebook ha dovuto nelle ultime settimane disabilitare la funzione del dark post – il post visibile solo come sponsorizzazione – e rendere disponibili tutti gli ads utilizzati dalle Pagine: l’attivismo dimostrato da hacker stranieri in occasione delle presidenziali e, più di recente nella vicenda catalana, mostra quanto le campagne elettorali possano essere influenzate attraverso un uso organizzato e intensivo dei social media.

Il libro di Francesco NicodemoDisinformazia“, con una scrittura e capace di stare in equilibrio fra le tecnicalità del digitale e il racconto del loro impatto sulla società, entra nel vivo delle forme con le quali la democrazia espone il fianco al cambiamento dell’informazione ed alle sue evoluzioni distorsive, ma mette fin dal principio in chiaro che fenomeni quali le fake news non debbono essere alibi di scelte politiche sbagliate o di fattori molto più profondi della comunicazione digitale.

Questa attenzione alle cause più sostanziale delle scelte degli elettori, in termini di politics e di policies, non porta però a trascurare la necessità che i social media rendano più trasparenti ed accountable alcuni elementi del loro funzionamento – dall’algoritmo alla gestione dei contenuti illeciti – consapevoli del fatto che il fact checking non possa strutturalmente rappresentare una risposta al fenomeno delle fake news.

La condivisione di una fake news deriva infatti spesso da una impreparazione critica a fronteggiare le notizie a cui si è esposti ed in qualche caso anche da un confirmation bias soggettivo (“… questa news avrei voluto che fosse vera”): tale atteggiamento non può piegarsi ad alcun fact checking sia per l’adesione irrazionale ai valori che le bufale sostengono sia per la ragione funzionale per la quale ogni contro-argomentazione richiedebbe competenze e tempo incommensurabili rispetto alla facilità di propagazione di una fake news.

Come prepararsi quindi ad un mondo dove – come in Italia, senso il Censis – le informazioni vengono scoperte su Facebook in misura inferiore solo alla TV e come fronteggiare organizzazioni che fanno delle fake news il loro business? E’ della scorsa settimana l’indagine di Buzzfeed su Web365, una farm italiana che solo sulla testata Direttanews ha avuto 3 milioni di follower e 5 milioni di condivisione negli ultimi 12 mesi.

La proposta di Francesco Nicodemo – nella foto ritratto al recente Festival Glocal – non può essere solamente tecnica e legata alla regolamentazione dei social network, ma anche sociale perchè è chiave in questo impasse la responsabilizzazione di chiunque abbia a cuore l’informazione come “bene pubblico” e si impegni ad adottare comportamenti virtuosi nella condivisione delle notizie: del resto che figura può farci una persona che sia sorpresa a condividere una bufala?

Una soluzione individuale però deve essere supportata da un percorso di maturazione collettiva dell’uso dei social network e delle “camere dell’eco” create dai loro ambiti (i Gruppi) e dai loro algoritmi che impediscono di ricevere informazioni alternative e diminuiscono ancor più l’incentivo a cercarle: per questo il dibattito pubblico su questo tema deve essere liberato da una lettura ideologica e portato su un piano di educazione civica affrontato fin dalla scuola.

La soluzione, individuale e sociale, deve però anche essere politica con un “rammendo” dei rapporti di fiducia sempre più logori nei confronti delle istituzioni, con una capacità di leadership tesa a mettere in campo una narrazione alternativa a quella prevalente sui social media e con la ricostruzione di corpi intermedi che sappiano accrescere lo spirito critico adeguato ad affrontare le informazioni e le conversazioni che vi si attuano.

Disinformazia di Francesco Nicodemo, un libro per professionisti del digitale e per operatori dell’informazione. Un libro per i più adulti che oggi vivono con difficoltà di interpretazione il linguaggio dei social media ed anche un libro per i più giovani perchè, crescendo, accrescano lo spazio di libertà offerto alla loro generazione dalla Rete.

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