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Vorticidigitali. Che cos’è il digital branded entertainment?

di Andrea Boscaro, fondatore di The Vortex |

Il branded entertainment oltre a permettere di sviluppare direttamente lo storytelling delle aziende, consente di creare una cassa di risonanza adeguata per il proprio content marketing.

Vorticidigitali è una rubrica settimanale a cura di @andrea_boscaro promossa da Key4biz e www.thevortex.it. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Da sedicente runner, nei mesi passati ho assistito con attenzione al tentativo di portare sotto le due ore il tempo necessario a correre la maratona: se ricordate, si è trattato di un tentativo organizzato da Nike: organizzato, non sponsorizzato. Fallito, ma non per questo meno meritevole di elogio.

Allo stesso modo, sto guardando curiosità “The Red Hand“, la serie che Campari sta promuovendo su Youtube e che ricorda “Il Mistero Sottile” con cui l’anno scorso Bticino aveva improntato la sua strategia video insieme all’attore Giorgio Pasotti.  

Perchè aziende come queste stanno passando dall’essere inserzionisti pubblicitari a veri e propri produttori di contenuti?

Molti di voi ricorderanno – anche solo per la versione ironica fatta da Chuck Norris – il video da 88 milioni di visualizzazioni nel quale Jean-Claude Van Damme dimostrò la sua agilità, ma soprattutto mise in luce la tecnologia dei camion Volvo: anche in quel caso un’azienda – un’azienda appartenente peraltro al comparto business-to-business – aveva investito in una celebrity, nella realizzazione di un video virale e nella produzione di un numero rilevante di contenuti editoriali a corollario dell’iniziativa.

Tali progetti di “branded entertainment” non nascono con Internet – la soap opera Sentieri fu sponsorizzata per 60 anni da Procter and Gamble – ma hanno nella Rete un potente motore di sviluppo e nei social media delle piattaforme che permettono di:

  • far leva su una tecnologia sempre più accessibile e avanzata per la veicolazione di contenuti – anche video – di qualità;
  • gestire al meglio la distribuzione dei messaggi, l’organizzazione degli eventi e la partecipazione alle iniziative condotte offline e online;
  • creare contenuti che si prestano ad essere condivisi e quindi li rendano potenzialmente virali;
  • disintermediare, almeno in parte, i media tradizionali per raggiungere i destinatari appartenenti al loro target;
  • innervare di tali iniziative le proprie azioni di digital PR;
  • coinvolgere celebrities, influencer e brand ambassador;
  • avere un hub di contenuti che accostano ad un motore centrale contenuti più puntuali, ma che – grazie al primo – possono accrescere la propria visibilità.

Il branded entertainment permette infatti di sviluppare direttamente lo storytelling delle aziende, ma anche di creare una cassa di risonanza adeguata per il proprio content marketing: se il video di Van Damme fosse stato l’unico contenuto veicolato da Volvo, l’azienda avrebbe certamente fatto parlare di sè, ma non sarebbe stato in grado di comunicare al meglio la proposta di valore dell’azienda.

Ecco perché quel video era stato l’hype, ma un numero rilevante di contenuti – video, articoli, tutorial, post – erano stati messi online con un preciso piano editoriale per sollevare l’attenzione sulla professione del trasportatore e sottolineare la tecnologia avanzata dei nuovi veicoli.

Le aziende hanno sempre organizzato eventi. La domanda è: stanno oggi innovandoli in una prospettiva digitale?

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