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Vorticidigitali. Come viene usato il riconoscimento facciale nell’economia digitale?

Accedete a Facebook, andate all’interno delle impostazioni del vostro profilo e cercate “Riconoscimento facciale“: avete attiva questa funzione? Valutate voi se cambiare questa opzione oppure no. Siete abituati a farvi selfie con Instagram o Snapchat? Beh questo è un modo per gli algoritmi di prendere le misure biometriche del vostro volto per sovrapporvi elementi grafici di intrattenimento o commerciali (es. i Lens). La vostra navigazione online è registrata da software di eye-tracking (Hotjar, Yandex Metrica): anche in questo caso, il “quantified self” è usato per migliorare l’interfaccia nello stesso modo con cui le app di contapassi e di e-health misurano la nostra vita.

Non c’è bisogno quindi di richiamare il trapianto di occhi in Minority Report grazie al quale Tom Cruise cercava di sfuggire alle maglie di una giustizia che prevedeva i crimini, ma era più realisticamente anche in grado di riconoscere e tenere sotto controllo i propri cittadini grazie ad un fitto database che, fra le informazioni possedute, includeva proprio elementi biometrici. Non a caso, anche la pubblicità era personalizzata e chiamava per nome i protagonisti del film.

Non serve richiamare Hollywood dunque perchè la tecnologia del riconoscimento facciale è già attorno a noi e viene usata non solo da Facebook, ma anche in ambienti “fisici” come gli aeroporti sia per ragioni di sicurezza che di personalizzazione dei servizi.

Del resto, dice un recente sondaggio commissionato da Delta Airlines che ha interrogato 10.600 passeggeri, il 64% dei viaggiatori sono favorevoli all’identificazione biometrica anche in cambio di aspetti di maggior comodità come più efficienti servizi di acquisto in aeroporto e disbrigo delle pratiche o più rapidi accessi alle lounge dedicate e alla consegna dei bagagli. Da Atlanta, proprio Delta sta estendendo questi utilizzi in altri hub internazionali.

Uscendo dall’aeroporto, la stessa Mastercard sta sperimentando “Selfie Pay” per gestire i pagamenti grazie al riconoscimento facciale e importanti operatori dell’hospitaliy (es. Marriott in Cina) e dei trasporti (es. Royal Carribean) stanno introducendo questa tecnologia per ragioni di sicurezza, comodità e personalizzazione dei servizi: se George Orwell aveva associato il “Grande Fratello” al ruolo estensivo del governo, la contemporaneità ne sta associando l’utilizzo soprattutto al mondo del business, anche se Edward Snowden sostiene che la Cia sia in grado, grazie ai dati prodotti da GPS e carte di credito, di ripercorrere esattamente i  passi di una nostra giornata e in Cina si legge di sperimentazioni addirittura in classi scolastiche. Del resto si sa che gli Stati Uniti creano, la Cina copia e l’Europa regolamenta…

Ma come funziona la “facial recognition”?

Essa si basa su studi di codifica delle emozioni fondamentali che hanno dimostrato la loro universalità indipendentemente dalle culture di provenienza e tali da poter consentire una certa misurabilità ed una declinazione in emozioni secondarie e granulari che, combinate, permettono di rappresentare ampiamente lo spettro di messaggi che il nostro volto esprime spontaneamente. Certo, perchè tale tecnologia sia applicabile sul fronte del business (e non solo), occorrono un database sterminato di volti ed immagini (ecco perchè se ne parla così tanto ai tempi dei social media e delle reti di videocamere diffuse), software capaci di elaborare i dati, estrarne significati e miglioramenti (da qui l’uso del deep learning, del machine learning e dell’intelligenza artificiale) e metterli al servizio di un obiettivo.

Cercate in Rete il progetto “Discover Your Aloha” sviluppato da Expedia e dall’ente turistico delle Hawaii: esso vi chiederà di attivare la videocamera del PC, del tablet o del cellulare e vi mostrerà un breve video con differenti esperienze di viaggio nelle isole del Pacifico. Il software registrerà le reazioni del vostro volto alle spiagge cristalline, alle opportunità di diving selvaggio, ai cocktail paradisiaci ed ai trekking più avventurosi. A quel punto sarà in grado di darvi il miglior “benvenuto” con un’offerta di viaggio in linea con le vostre aspettative come meglio non avrebbe saputo fare l’economista comportamentale premio Nobel Richard Thaler: noi non possiamo, sostiene, obbligare le persone a scegliere. Possiamo dare loro una “spinta gentile” (“nudging“) e interpretarne le reazioni è il modo migliore per farlo.

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