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Vodafone-Swisscom: le autorità di controllo coinvolte e la tutela del lavoro 

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E’ tipico degli advisor dichiarare un’Autorità non-competente in materia di concentrazioni per cercare di velocizzare le operazioni di acquisizione. Per le stesse ragioni, spesso accade che le parti cerchino di saltare alcuni aspetti procedurali di pre-notifica e sovente accade che queste tecniche falliscano miseramente e si debba ripartire da capo con il procedimento. 

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Quale autorità competente?

Quindi non stupisce che anche nel caso dell’acquisizione di Vodafone Italia da parte di Swisscom per fonderla con le attività di Fastweb, alcuni commentatori esterni abbiano ritenuto che il caso fosse da sottoporre solo all’Autorità Antitrust italiana. Temo che non sia una scelta scontata per diversi ordini di ragioni. Intanto non si conoscono i dettagli dell’operazione, quindi è un esercizio fine a se stesso prevederne addirittura gli esiti. Tuttavia nel caso di specie, il fatturato consolidato ai fini della valutazione delle soglie dovrebbe essere quello delle società capogruppo. Già solo questo porterebbe a dire che l’operazione fa parte di una più ampia strategia che coinvolge parallelamente altri mercati come quello spagnolo, ed andrebbe meglio scrutinata a Bruxelles. Credo inoltre che questa strada potrebbe essere anche la migliore opportunità per tutti gli attori in gioco di avere una rapida valutazione circa i possibili impatti della concentrazione sul mercato interno (che è quello europeo). 

Consolidamento auspicato nelle Tlc

E’ proprio in ragione di un consolidamento nel settore delle telecomunicazioni tanto auspicato dai grandi operatori che si rende auspicabile un trattamento uniforme e coerente delle misure correttive e delle modalità di  indagine ed è per questo che esso andrebbe svolto in maniera centralizzata dalla Commissione Europea piuttosto che dalle autorità nazionali.

C’è di più. Tutte le volte che si è cercato di escludere un’autorità di controllo da una procedura o di provare a velocizzare i procedimenti, è accaduto l’esatto opposto. Ci sono tre casi diversi ma recenti, che ci raccontano di come 1) saltare il percorso di pre-notifica o 2) consegnare carteggi parziali, piuttosto che 3) depositare una memoria dove si arriva addirittura a spiegare ad un’Autorità perchè non è competente sul procedimento, abbia portato inevitabilmente a controlli molto più approfonditi. E di conseguenza, a tempi più lunghi.

Molteplici fattori da considerare

Dunque è chiaro che preservare le condizioni di concorrenza a seguito di una concentrazione è un compito arduo e non si risolve con il calcolo delle soglie di fatturato e delle quote di mercato post fusione. Del resto, i controlli posti in essere da un’autorità nazionale non sarebbero diversi da quelli della Commissione europea. L’analisi dovrà tenere conto di molteplici fattori che vanno sicuramente oltre le efficienze generate. C’è qualcosa però che mi sembra più importante da valutare, perfino rispetto all’eventuale alterazione della struttura del mercato: è la tutela del lavoro. Ne scrivo qui, perché altrove non ne vedo traccia. 

Questione occupazionale

Nella presentazione di Swisscom ai media leggiamo: “Nessun impatto sui collaboratori in Svizzera”. Infatti sono i dipendenti delle aziende-target di acquisizioni quelli che semmai dovrebbero temere di più le ripercussioni sulla loro posizione all’interno della nuova azienda generata dalla fusione. Non mi sembra che questo aspetto venga tenuto in sufficiente considerazione, soprattutto quando in altri casi, le operazioni hanno coinvolto player globali che sembrano i più affamati di aziende basate sui dati, e sono i più rapidi a risolvere i rapporti coi dipendenti per recuperare efficienza e trasferirla su altri mercati. 

In un contesto che terrà probabilmente conto delle analisi di mercato, della tutela della concorrenza a valle ed a monte e perfino dell’accaparramento di frequenze preziose e scarse, residua sempre una domanda sul perché gli impatti sul lavoro non ottengano mai adeguate garanzie al pari degli indici macroeconomici su cui si indaga. Il lavoro sembra ormai degradato a criterio extra-concorrenziale quando per noi invece è un valore costituzionale, ma resta sacrificato sull’altare della workable competition e del more economic approach che privilegia prezzi più bassi per un finto “benessere dei consumatori” in nome di un’innovazione senza-consenso che sta creando disuguaglianze sociali sempre più gravi.

L’occasione di questa concentrazione che per certi aspetti è meno rilevante rispetto a quelle che avvengono in altri mercati data-driven, potrebbe riaprire un dibattito volto a ridisegnare le politiche della concorrenza in maniera non-impermeabile agli interessi sociali che vengono toccati dalle operazioni di M&A. E non sono in gioco gli interessi egoistici di un singolo Stato Membro, ma quelli eurocomunitari.

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