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Vivendi, ricorso al Tar contro delibera Agcom su discesa in Tim o Mediaset

Com’era nell’aria, Vivendi ha presentato un ricorso al Tar contro la delibera dell’Agcom del 18 aprile scorso con la quale, per la legge Gasparri sui tetti nel settore media e Tlc, l’Autorità di via Isonzo obbligava il gruppo francese a scegliere tra il controllo di Tim (con il 24% delle quote) e la presenza al 29% in Mediaset. Secondo fonti finanziarie e di mercato riportate dall’Ansa, Vivendi comunque è in procinto di rispondere (il termine scade alla mezzanotte di oggi) all’Agcom di essere pronta a ottemperare alla delibera attraverso il congelamento e il trasferimento in un trust dei diritti di voto oltre il 9,9% nel Biscione.

La delibera dell’Agcom – la prima su questa parte della ‘legge Gasparri’ – aveva accertato l’influenza dominante di Vivendi in Tim (dove ha il 23,9%) con i francesi che nel Biscione hanno il 29,9% dei diritti di voto contro il 41% di Fininvest. A partire dal 18 aprile, Vivendi ha quindi un anno di tempo per rimuovere la posizione vietata dopo l’esposto fatto da Mediaset sulla scalata dei francesi a Mediaset.

L’Autorità aveva ordinato a Vivendi “di rimuovere la posizione vietata nel termine di 12 mesi a far data dalla notifica del provvedimento adottato. Allo scopo di consentire all’Autorità di svolgere un’adeguata attività di monitoraggio, Vivendi è tenuta a presentare entro 60 giorni uno specifico piano d’azione che la società intende adottare per ottemperare all’ordine”.

E’ ciò che è atteso a ore, con il rischio che, in caso “di inottemperanza all’ordine” sia applicabile la sanzione amministrativa” prevista dalla legge 249 del 1997, cioè una sanzione del valore tra il 2 e il 5% del suo fatturato. Ma intanto per il gruppo francese, che ha sempre ritenuto illegittimo il provvedimento dell’Agcom, scadevano anche i tempi per effettuare il ricorso al Tar, decisione che ha quindi notificato alle parti.

Resta inoltre il tema di fondo del futuro di Mediaset Premium, la pay tv del Biscione promessa sposa di Vivendi prima del dietrofront che ha provocato la dura guerra legale in corso fra il gruppo francese e la famiglia Berlusconi.

Dietro le quinte, non si sa se vi sia stata un’azione coordinata fra Mediaset e Tim in occasione dell’asta per i diritti di Serie A per il triennio 2018-2021, alla quale nessuna delle due società ha preso parte, lasciando soltanto Sky in partita, con un’offerta giudicata troppo bassa dalla Federcalcio. L’asta per i diritti del prossimo triennio di Serie A sarà replicata in autunno.

Vedremo come andrà a finire, ma un’azione combinata di Tim con Mediaset non può essere esclusa a priori ed è una questione che va al di là della semplice sterilizzazione dei voti del gruppo francese nel Biscione, e della creazione di un trust da parte di Vivendi.

Ora, a maggior ragione dopo che i diritti della Champions League sono finiti in esclusiva a Sky per il triennio 2018-2021, sarà quindi importante capire quali sono le reali intenzioni di Mediaset per il futuro di Premium. In questo se ne potrebbe sapere di più dopo l’assemblea degli azionisti Mediaset in programma il 28 giugno.

Senza i diritti del calcio, su cui Mediaset intende effettuare investimenti “opportunistici” senza eccessi, Premium dovrebbe per forza rivedere il suo business plan, puntando ad un modello Netflix che si fonderebbe su un’offerta fatta soltanto di programmi, film e serie. Lo stesso tipo di offerta già proposto dall’azienda americana che per il momento non ha ancora sfondato nel nostro paese.

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