I paletti

Vivendi alza il prezzo, rete unica un po’ più lontana

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Vivendi, primo azionista di Tim, rilancia sul prezzo per cedere la rete e fissa i paletti di una trattativa che impegnerà le parti nei prossimi mesi. Ma quanto vale la rete di Tim?

Vivendi tira sul prezzo della rete Tim e la rete unica con Open Fiber sembra un po’ più lontana oggi di quanto non lo fosse ieri. Questo in estrema sintesi quello che emerge dalla giornata borsistica, con il titolo di Tim che cede l’1,4% sotto quota 0,30 euro dopo le parole del presidente di Vivendi nonché consigliere di Tim dal 2015 Arnaud de Puyfontaine, che in un’intervista a Repubblica ha dichiarato nero su bianco che le valutazioni circolate (17-21 miliardi di euro) per la rete Tim non sono adeguate. Ed è quindi pronta ad agire a tutela degli interessi propri e del mercato, opponendosi a operazioni che non riflettano adeguatamente il valore dell’asset.

C’è tempo fino al 31 ottobre per rendere vincolante il MoU non vincolante sottoscritto domenica sera da CDP Equity, KKR, Macquarie, Open Fiber e Tim.

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CDP avrà il 70-77% della newco

Secondo il Messaggero, CDP avrà il 70-77% della newco, Macquarie il 12-15%, KKR il 10-13% e Fastweb l’1,0-1,5%. Telecom cederà in sostanza la propria infrastruttura, la rete secondaria di Fibercop più quella primaria e il backbone, e alla fine Tim (e con essa Vivendi) dovrebbe uscire completamente dall’infrastruttura o mantenerne solo una quota residuale. Il valore dell’infrastruttura è indicato dal quotidiano in 15-20 miliardi di euro, cifra rilanciata da diverse fonti fra cui anche Reuters e Bloomberg.

Ma a queste cifre Vivendi, che detiene il 23,9% di Tim, non sarebbe disposta a cedere.

Resta però da capire su quali basi si fondi la posizione di Vivendi. Non sono pochi coloro che considerano la cifra di 20 miliardi più che attraente, considerato che il valore complessivo di Tim tutta insieme non supera i 7 miliardi di euro, con una capitalizzazione che oggi si ferma a 6,17 miliardi di euro.

KKR a novembre aveva avanzato un’offerta non vincolante di 10,8 miliardi di euro per rilevare il 100% di Tim, poi rispedita al mittente dalla compagnia perché considerata insufficiente. Si parla pur sempre di circa la metà del valore (esagerato?) attribuito oggi alla rete Tim.

C’è forse il rischio di sperpero del risparmio postale degli italiani da parte di Cdp?

Perché il valore di una parte di Tim, la rete, dovrebbe valere tre volte tanto il totale della sua capitalizzazione?

Vivendi pronta a valutare altre opzioni

Intanto, ieri De Puyfontaine ha messo le carte sul tavolo. “Vivendi è il più forte difensore degli interessi di Tim” nella partita della rete unica e non appoggerà “mai” la cessione della rete ai prezzi corrispondenti alle valutazioni degli analisti che circolano in queste ore, tra i 17 e i 21 miliardi prima delle sinergie. Inoltre, se non fosse riconosciuto il giusto valore alla rete, è pronta a “valutare altre opzioni”.

“Tra l’altro, a proposito delle stime a cui fa riferimento, non posso non notare che il fondo Macquarie ha acquisito la sua partecipazione in Open Fiber a multipli ben superiori”, secondo De Puyfontaine “la separazione della rete, e la conseguente creazione di una rete unica” è “l’opzione che potenzialmente creerebbe più valore per Tim”. “Ma se il reale valore non fosse riconosciuto, dato che siamo un investitore industriale di lungo periodo, siamo pronti a valutare altre opzioni capaci di rivelare tutto il potenziale di Tim nell’interesse di tutti gli stakeholders. Deve essere chiaro che Vivendi è il più forte difensore degli interessi di Tim in questa partita”.

De Puyfontaine, Tim non più verticalmente integrata? Tempi maturi per cambio epocale

“Per Vivendi non è stato facile scegliere di rinunciare all’idea di una Tim verticalmente integrata, ma forse oggi i tempi sono davvero maturi per un cambio epocale – dice ancora De Puy Fontaine -. L’ad Pietro Labriola annuncerà il nuovo piano industriale il 7 luglio, per allora avremo definito qual è la strada e quali sono le tappe fondamentali per separare la rete dai servizi. La fusione tra la rete di Tim e l’infrastruttura di Open Fiber è la scelta industriale maestra, ma non è l’unica”. Sui rapporti con Cdp, dalle contrapposizioni del 2018 “molte cose sono cambiate”. “Il presidente Giovanni Gorno Tempini, è entrato nel cda di Tim e dallo scorso ottobre, quando la situazione si è fatta più urgente dato l’andamento dei conti che ha portato a tre “profit warning”, abbiamo intrapreso un dialogo costruttivo con Cdp”. Sulla governance di Tim “se si vuole avere una assemblea coesa nel voto per lo scorporo della rete penso sia imprescindibile riflettere sui necessari miglioramenti della governance nel rispetto delle esigenze del mercato. E non ci sono dubbi che il governo Draghi questo rispetto lo abbia”.

Tim: sul tavolo Agcom del 7 giugno ritiro notifica a Ue su coinvestimenti

Sul tavolo del consiglio Agcom del 7 giugno ci sarà, secondo quanto risulta a Radiocor, il ritiro della notifica a Bruxelles della proposta di Tim sui coinvestimenti nella fibra. Recentemente, il gruppo ha chiesto all’Autorità di modificare i prezzi della proposta, alla luce anche dell’inflazione. Un elemento giudicato essenziale dall’Autorità che quindi deciderà al prossimo consiglio sulla possibilità di riconsiderare la situazione. Se l’orientamento emerso ad oggi sarà, quindi, confermato alla riunione Agcom, la notifica verrà ritirata e ripartirà sostanzialmente dall’inizio l’iter autorizzatorio. La prima proposta di Tim, su cui Agcom aveva dato via libera, era stata notificata dall’Autorità a Bruxelles poco prima della richiesta della società guidata da Pietro Labriola di modificare i prezzi. Intanto c’è stata, domenica scorsa, la firma del memorandum of understanding sulla rete unica, il primo passo per combinare gli asset di rete di Tim con Open Fiber. Probabilmente, nel caso in cui la rete unica andasse in porto come previsto, lo scenario competitivo cambierebbe, pur costituendo quello della proposta di Tim a coinvestire nella fibra, un binario parallelo rispetto alla creazione dell’unico network.