Amministrative

Vince la destra alle elezioni, con un programma non dissimile dalla sinistra

di Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell'associazione “Attuare la Costituzione” |

Molto negativo è il fatto che sfugge a tutti la causa fondamentale del disastro economico italiano, in ordine al quale nessun partito assume una diretta posizione, come se si trattasse di una eventualità che sfugge ai poteri decisionali della politica. Invece è proprio questo il punto su cui la sinistra può e deve differenziarsi dalla destra.

L’argomento dominante sulla stampa odierna è il risultato delle elezioni amministrative. Evidente è la vittoria della Meloni ed altrettanto evidente è la sconfitta della Schlein.

Il dato più inaccettabile che si coglie in questa vicenda è che, nello spazio di 24 ore, tutto l’appoggio dato alla nuova segretaria del PD si è tramutato in una durissima critica, non solo esterna, ma anche interna ai partiti del PD e del M5S.

Paolo Maddalena

Il cambiamento repentino di opinioni, con lo schierarsi immediato dalla parte del vincitore, è una brutta anomalia che caratterizza purtroppo il Popolo italiano, ed incide molto negativamente sulle decisioni da intraprendere nell’interesse del Popolo stesso.

Certamente c’è un’identità di vedute di fondo tra destra e sinistra, perché entrambe hanno la stessa politica estera e la stessa politica economica, e si capisce pertanto che gli elettori, avendo negativamente sperimentato i governi di sinistra, si stiano ora spostando sui governi di destra.

Molto negativo è il fatto che sfugge a tutti la causa fondamentale del disastro economico italiano, in ordine al quale nessun partito assume una diretta posizione, come se si trattasse di una eventualità che sfugge ai poteri decisionali della politica.

Invece è proprio questo il punto su cui la sinistra può e deve differenziarsi dalla destra. Si tratta di assumere una posizione fortemente keynesiana nella conduzione delle scelte economiche, e non appiattirsi su posizioni neoliberiste che premiano singoli individui e danneggiano costantemente la collettività, infrangendo il principio fondamentale sancito dall’articolo 3 della Costituzione della eguaglianza economica e sociale.

Anche l’Europa è schierata su posizioni fortemente neoliberiste e i rapporti fra i Paesi membri, nonostante i Trattati affermino come valore la coesione politica e sociale, sono in continua concorrenza fra di loro fino al punto che esistono paradisi fiscali, nei quali si versano le tasse che riguardano gli investimenti e la produzione effettuati in altri Paesi.

In una situazione del genere vale il principio da tempo sottolineato dagli economisti secondo il quale il pesce grosso mangia il merluzzo e l’Italia, purtroppo, dall’assassinio di Aldo Moro in poi, è stato il merluzzo mangiato da Paesi economicamente più forti come Francia e Germania, la quale, solo qualche giorno fa, ha fatto un solo boccone della nostra gloriosa compagnia di bandiera ITA-Alitalia, formata, come si vede nel film “Alitalia siamo noi”, da lavoratori onesti, che hanno svolto con impegno e ottimi risultati i loro compiti.

A questo punto occorre che venga alla ribalta una forza politica realmente di sinistra che, prima di guardare al mercato unico europeo, badi al rafforzamento del mercato interno italiano, riconquistando al Popolo l’imponente complesso industriale che, illegittimamente, da oltre 30 anni, è stato svenduto alle potenze economiche straniere.

Occorre che l’Italia non marci più con una sola gamba e tenga conto di quell’antica e non trascurabile necessità di dividere (i romani parlavano della divisione fra le res in commercio e le res extra commercium) tra beni fuori mercato, appartenenti in proprietà pubblica demaniale del Popolo, e beni commerciabili, ristabilendo i fondamenti indispensabili per il funzionamento di una sana economia, la quale è stata distrutta con le micidiali privatizzazioni e delocalizzazioni, che hanno messo tutta la ricchezza nazionale nelle mani speculative dei privati, togliendola a chi ha la responsabilità di governo.

In una sola parola occorre che la sinistra dichiari in modo non equivocabile che l’Italia deve seguire una politica economica keynesiana di espansione, destinando, ad esempio, i capitali del PNRR al ristabilimento dell’equilibrio idrogeologico d’Italia, al risanamento del servizio sanitario che ha bisogno di un raddoppio di medici e infermieri, a una riforma molto consistente dell’istruzione pubblica con assunzione di personale qualificato, alla costruzione di una rete ferroviaria valida, anziché un inutile ponte di Messina e così via dicendo.

Insomma occorre un programma economico che distribuisca la ricchezza alla base della piramide sociale, facendo circolare il denaro disponibile, in modo che i lavoratori vadano ai negozi, i negozi alle imprese e queste assumano e producano, creando un circolo virtuoso ed evitando che l’Italia continui a correre sulla via dell’indebitamento, che è premessa della sua dissoluzione economica e politica.