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Vertice di Rio, i “BRICS” difendono il petrolio. Lula “la carbon tax europea? Discriminatoria”

I combustibili fossili (purtroppo) continueranno a giocare un ruolo centrale nel mix energetico globale, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. A confermarlo è stato l’ultimo vertice di Rio de Janeiro, che ha riunito i leader del gruppo BRICS: undici nazioni, tra cui Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, il cui peso specifico, in un mondo frammentato, sta diventando sempre più rilevante.

I Paesi membri rappresentano infatti circa il 40% del PIL mondiale. Non solo dal punto di vista diplomatico, ma anche da quello economico, i BRICS si impongono oggi come un attore chiave all’interno delle istituzioni multilaterali, tradizionalmente dominate da Stati Uniti ed Europa.

Non è mancata una critica, seppur indiretta, alle politiche militari e commerciali degli Stati Uniti, in particolare all’approccio trumpiano. Nel suo discorso di apertura, il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha rilanciato la necessità di riformare la governance internazionale, tracciando un parallelismo tra i BRICS e il Movimento dei Non Allineati nato durante la Guerra Fredda, composto da nazioni che si rifiutavano di allinearsi ai due blocchi dominanti.

I BRICS sono gli eredi del Movimento dei Non Allineati” ha dichiarato Lula. “Con il multilateralismo sotto attacco, la nostra autonomia è nuovamente messa in discussione.”

La sfida climatica e il ruolo dei finanziamenti

Scopo centrale del vertice: affrontare le sfide comuni del cambiamento climatico. Come? Richiedendo il sostegno economico delle nazioni più ricche, in primis quelle occidentali, considerate responsabili di fornire i finanziamenti necessari per sostenere azioni concrete di riduzione globale delle emissioni.

Negli ultimi anni, e ancor più in vista della Conferenza sul clima dell’ONU (COP 30) che si terrà in Brasile a novembre, è cresciuta la consapevolezza del ruolo cruciale del Sud globale nella lotta ai cambiamenti climatici, anche attraverso l’adozione di fonti energetiche pulite. Tuttavia, petrolio e carbone restano ancora pilastri insostituibili negli attuali scenari energetici di molte economie emergenti.

Viviamo in un momento segnato da molte contraddizioni nel mondo intero. L’importante è che siamo disposti a superarle,” ha commentato la ministra brasiliana dell’Ambiente Marina Silva, a margine del summit, rispondendo a una domanda sul controverso progetto di estrazione petrolifera al largo dell’Amazzonia.

Nella dichiarazione congiunta, i leader BRICS hanno ribadito che il finanziamento climatico “è una responsabilità dei Paesi sviluppati nei confronti di quelli in via di sviluppo”, una posizione consolidata delle economie emergenti nei negoziati globali.

Con riferimento alle politiche europee, come la carbon tax alle frontiere e le normative anti-deforestazione, le 11 nazioni si sono mostrate particolarmente critiche, definendole “misure protezionistiche discriminatorie” mascherate da impegni ambientali.

La tutela delle foreste tropicali

Il documento ha inoltre espresso pieno sostegno alla proposta brasiliana di creare un fondo internazionale per la protezione delle foreste a rischio, il Tropical Forests Forever Facility, uno strumento pensato per consentire ai Paesi emergenti di finanziare la mitigazione climatica oltre i vincoli previsti per le nazioni più ricche dall’Accordo di Parigi del 2015.

Secondo fonti vicine ai negoziati, Cina ed Emirati Arabi Uniti hanno manifestato l’intenzione di investire nel fondo durante gli incontri a Rio con il ministro delle Finanze brasiliano Fernando Haddad.

Difesa del multilateralismo

Il vertice di Rio, il primo a includere ufficialmente l’Indonesia tra i membri BRICS, ha mostrato la rapida espansione del gruppo, ma anche le sue fragilità interne e le divergenze sulle priorità comuni.

Nel comunicato congiunto, i leader BRICS hanno condannato gli attacchi militari contro Iran e Gaza, ma non sono riusciti a trovare un consenso su quali Paesi dovrebbero ottenere un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU, in caso di riforma. Solo Cina e Russia hanno sostenuto apertamente l’ingresso di Brasile e India.

Leader come il primo ministro indiano Narendra Modi e il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa erano presenti a Rio per discutere questioni economiche e geopolitiche, ma il peso politico dell’evento è stato in parte ridimensionato dalla decisione del presidente cinese Xi Jinping di non partecipare, delegando la rappresentanza al premier Li Qiang.

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