transizione energetica

Verso una dimensione sostenibile. Le prospettive della direttiva UE sulle “case green”

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Il documento è espressione del forte impulso che l’UE intende dare alla transizione energetica, attraverso un piano di ristrutturazione di edifici privati e pubblici del parco immobiliare dei 27 Stati membri dell’Unione europea.

Un percorso chiaro, caratterizzato da obiettivi definiti: è quello tracciato dal Parlamento Ue con l’approvazione della direttiva sulle “case green”, il punto di partenza verso un efficientamento energetico degli edifici, imprescindibile per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità prefissati a livello europeo.

Il documento è espressione del forte impulso che l’UE intende dare alla transizione energetica, attraverso un piano di ristrutturazione di edifici privati e pubblici del parco immobiliare dei 27 Stati membri dell’Unione europea.

Il quadro della normativa

La direttiva rientra nel pacchetto di riforme Fit for 55, che ha come obiettivo la riduzione delle emissioni nette di gas ad effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. La Commissione europea ha stimato, infatti, che il 40% del consumo energetico in Europa è generato dagli edifici, che sono anche la fonte del 36% delle emissioni dirette e indirette di gas a effetto serra legate al consumo di energia.

Con la direttiva sulle case green l’UE punta a favorire gli interventi sul 15% del parco immobiliare responsabile del maggior consumo di energia per ogni stato membro, ossia degli edifici che appartengono alla classe energetica più bassa (la G). Il percorso delineato punta, quindi, ad avere edifici residenziali con classe energetica E entro il 2030 e D entro il 2033.

La direttiva interessa anche gli edifici non residenziali e indica tappe e obiettivi precisi: obbligo dal gennaio del 2026 di realizzazione degli Zero Emission Buildings (ZEB), gestiti o di proprietà di enti pubblici, dal 2028 in tutti gli altri casi. A questo si somma l’obbligo di installazione degli impianti solari in tutti i nuovi edifici pubblici e i nuovi edifici non residenziali dal recepimento della direttiva. Obiettivi che, considerando lo stato del parco immobiliare italiano, pongono non poche sfide alle imprese edilizie e all’intero comparto.

I numeri e le sfide dello scenario italiano

In Italia sono circa 1,8 milioni gli edifici residenziali (sul totale di 12 milioni, secondo l’Istat) appartenenti alla classe energetica G, un dato che rivela l’imponenza degli interventi che andrebbero realizzati nei prossimi anni. L’Ance ha stimato che per raggiungere questi obiettivi dovrebbero essere effettuati circa 200.000 interventi su singoli edifici (di cui 180.000 privati), per un costo che può aggirarsi tra i 40 e i 60 miliardi di euro ogni anno.

Tutto questo richiede un significativo aumento della manodopera qualificata – da tempo necessaria per un rinnovamento del comparto in un’ottica digitale e di sostenibilità – ma soprattutto ingenti risorse economiche, la cui spesa deve essere guidata da un ampio piano strutturale industriale per la rigenerazione e la sostenibilità.

Basti pensare che con gli incentivi del 110% sono stati realizzati poco meno di 100.000 interventi nel 2021 e 260.000 nel 2022.

Secondo uno studio di Nomisma, il costo del recepimento della direttiva green è pari al 40% in più rispetto al Superbonus, per un totale di 35 miliardi di euro all’anno. Risulta perciò impensabile, ad oggi, raggiungere gli obiettivi fissati dall’UE senza un sistema di incentivi e di strumenti finanziari efficienti, che possano contribuire alla realizzazione delle opere di efficientamento, che costituisce un costo insostenibile per i proprietari privati. Non a caso, da quanto emerge da una ricerca condotta da Changes Unipol e Ipsos, solo l’8% degli italiani intervistati sarebbe disposto a effettuare opere di efficientamento energetico per adeguarsi alla direttiva Ue sulle case green.

Ancora una volta, per cambiare la rotta verso il cambiamento e cogliere le sfide della transizione energetica è necessario abbandonare un modello basato su una gestione discontinua delle misure e degli incentivi, come è stata quella del Superbonus, e assumere una prospettiva a lungo termine, che guardi a una crescita a livello di sistema, facendo leva su competenze rinnovate e investimenti mirati.