algoritmi di machine learning

Venice Time Machine, perché progetto sospeso? Intervista a Gianni Penzo Doria (Archivio di Stato Venezia)

di Andrea Lisi, presidente di ANORC Professioni |

In occasione della giornata mondiale della conservazione digitale, pubblichiamo l'intervista di Andrea Lisi, presidente di ANORC Professioni, a Gianni Penzo Doria, direttore dell'Archivio di Stato di Venezia, su una questione molto controversa e discussa in materia di processi di dematerializzazione. L’obiettivo ambizioso: algoritmi di machine learning utilizzati da data scientist per ricostruire nel tempo la storia urbanistica e sociale di Venezia.

Ha destato molto scalpore nella stampa internazionale (svizzera, francese e inglese, in particolare) la vicenda legata alla sospensione del progetto Venice Time Machine (VTM).

La stampa italiana, di contro, ha trattato la questione con poca attenzione. Si tratta, tuttavia, di un passaggio cruciale per i progetti riguardanti le digital humanities e merita un approfondimento, anche per lo sviluppo veloce che sta avendo questo tipo di ricerche, in una visione necessariamente interdisciplinare. Per tale ragione, ho incontrato uno dei protagonisti e gli ho posto qualche domanda. Prima, però, conviene ripercorrere brevemente la vicenda.

I fatti

Il 21 febbraio 2014 l’École Polytechnique Fédérale de Lausanne (EPFL), l’Università Ca’ Foscari di Venezia e l’Archivio di Stato di Venezia sottoscrissero un primo Accordo di collaborazione della durata di sei mesi (Memorandum of Understanding). L’intesa era finalizzata a un esperimento di collaborazione per il trattamento digitale di una grande mole di documenti conservati in Archivio. L’accordo, pur scadendo nel dicembre 2014, avrebbe lasciato aperta la strada a ulteriori accordi specifici sul trattamento e sulla diffusione dei dati, sul set di formati e di metadati da utilizzare.

L’obiettivo era decisamente ambizioso: algoritmi di machine learning utilizzati da data scientist per ricostruire nel tempo la storia urbanistica e sociale di Venezia.

Da allora, nessun accordo è stato più sottoscritto, anche se il lavoro dell’EPFL per 5 anni è proseguito de facto, ma non de jure, nei depositi monumentali dell’Archivio di Stato di Venezia.

Nel settembre 2019 si è insediato il nuovo Direttore dell’Archivio, Gianni Penzo Doria il quale, dopo una serie minuziosa di puntuali verifiche e riscontri documentali, ha rilevato alcune incongruenze e chiesto spiegazioni per iscritto all’EPFL, unitamente ai dati aggiornati del progetto. Il responsabile di VTM, prof. Fréderic Kaplan, di contro, non rispose nel merito, ma gli inoltrò una relazione di un anno e mezzo precedente, affermando che EPFL non era disposta a sottoscrivere alcun accordo che non prevedesse la libera diffusione di tutti i documenti scannerizzati.

Il problema è che il Ministero per i beni culturali aveva già autorizzato la stipula dell’Accordo, prevedendo le procedure di rito, in armonia con quanto previsto dalla normativa italiana e, in particolare, dal Codice dei beni culturali (D.Lgs. 42/2004). La diffusione è giuridicamente possibile, come avviene già da anni per un progetto molto più vasto di VTM, il portale Antenati (http://www.antenati.san.beniculturali.it/), ma sotto il controllo dell’autenticità dei dati, delle informazioni e dei documenti resi disponibili nel web grazie al Sistema archivistico nazionale (SAN). Non si tratta di una questione di scarso rilievo, soprattutto per il valoro scientificamente affidabile dei documenti messi in rete.

A questo punto, appurata l’assenza di Accordo formale e la mancanza di alcuni elementi di natura archivistica, di comune intesa, EPFL e Archivio di Stato di Venezia concordano la sospensione del progetto.

La settimana seguente, tuttavia, il prof. Kaplan comincia ad affermare nella stampa di essere sorpreso e tenta di far accreditare la tesi della decisione unilaterale, invece mai avvenuta o, comunque, di un non meglio precisato “malinteso”.

Parliamoci chiaro. Gianni Penzo Doria è un’indiscussa autorità nel proprio campo, tanto da essere stato insignito dal Ministro Franceschini qualche anno fa del titolo di “esperto di chiara fama” in due decreti ministeriali, ha fatto parte del Comitato tecnico scientifico degli archivi al Ministero, ha collaborato ad alcune ricerche internazionali sul digitale ed è un punto di riferimento per i suoi progetti che intersecano archivistica, diplomatica digitale e informatica giuridica. Inoltre, attualmente egli è Presidente del Comitato Scientifico di ANORC…potevo non incontrarlo?

Qui di seguito la trascrizione dell’intervista.

Allora, come stanno le cose?

– Il progetto VTM è affascinante a una prima lettura. Tuttavia, sono oggettivamente riscontrabili non pochi problemi, di natura giuridica, scientifica e istituzionale.

In che senso?

– Il primo problema è la totale assenza di una copertura giuridica. Scaduto il Memorandum nel dicembre 2014, non è stato mai sottoscritto un ulteriore accordo specifico. Eppure, dopo lunghe trattative, il Ministero aveva dato il via libera alla firma della convenzione ancora un anno e mezzo fa. Ma il prof. Kaplan ha sollevato una serie di problemi, giuridicamente insussistenti, sull’inadeguatezza della normativa italiana e su presunti accordi verbali. In realtà, gli archivi lo hanno sconfessato, perché era stato scritto tutto nero su bianco ancora nel 2014 nello stesso Memorandum. Le parole, la tradizione orale, generano solo potenziali conflitti, anche di natura scientifica e metodologica, che puntualmente si sono verificati.

Quali?

– Manca agli atti una visione interdisciplinare e condivisa del progetto. Al di là dei proclami e delle dichiarazioni di rito, la storia non si fa mettendo a disposizione migliaia di documenti privi di autenticità, di integrità e di controllo sulla conservazione a lungo termine. Per averlo, bisognerebbe aver coinvolto diverse professioni delle digital humanities.

E poi – prosegue Penzo Doria – non serve a nulla leggere, bisogna comprendere. E questa è materia in cui bisogna coinvolgere gli storici e i filologi, non certo gli informatici e nemmeno solo gli archivisti. Le riproduzioni e le trascrizioni digitali senza comprensione intellettuale servono soltanto a una visione estetica di un progetto scientifico e nulla più. L’informatica deve lasciare spazio al rigore degli storici, dei diplomatisti e degli archivisti. La storia è davvero patrimonio di tutti quando alla base sono garantiti i sistemi di verifica dell’autenticità di quanto messo in rete, che in VTM sembrerebbero mancare – allo stato attuale della documentazione depositata in Archivio di Stato di Venezia – pressoché totalmente. E, in ogni caso, mancano gli accordi. Il miglior set di metadati, privo di documentazione e di accordo formale diventa peggiore del peggior set formalizzato. Infine, spesso l’altisonanza formale serve a coprire un vuoto sostanziale: mi auguro che non sia questo il caso.

E quelli istituzionali?

– L’analisi delle criticità del progetto è stata effettuata il 13 settembre assieme al prof. Kaplan nel corso di una Skype call. Tanto è vero che egli stesso (scripta manent) ha proposto la sospensione con una mail di pari data, cui è seguita la nostra comunicazione all’EPFL. Il Comunicato stampa dell’Archivio è di una settimana dopo [il 19 settembre, NdR], a seguito del quale il prof. Kaplan si è detto “sorpreso” e certo di un “fraintendimento”. Qui gli archivi, ancora una volta, evidenziano con affidabilità i fatti, perché il primo a chiedere la “sospensione” è stato proprio lui: incontrovertibilmente.

Tuttavia, EPFL sembrerebbe accusare l’Archivio di un’eccessiva fretta nel sospendere il rapporto di collaborazione.

– Anche per questioni legate alla sicurezza (altra normativa italiana non rispettata) nei luoghi di lavoro può entrare esclusivamente personale accreditato. Se davvero un rilievo mi si potrebbe muovere, è che ho impiegato due settimane per rilevare la totale assenza di Accordo e la presenza di estranei nella nostra sede. E se nei primi giorni i professionisti di EPFL fossero incorsi in un incidente o in un infortunio? Ad esempio, nulla è dato sapere ufficialmente sulla loro copertura assicurativa.

Ma questo non compromette la ricerca scientifica?

La ricerca scientifica è sacra. Ma, a maggior ragione, gli accordi scientifici ne sono i garanti. Mi chiedo: dov’è finita la precisione svizzera? Dove si trova il rigore metodologico? Avrebbe mai potuto comportarsi in questo modo un’Università italiana con un Archivio svizzero?

Bene, grazie al Dr. Penzo Doria e seguiremo con attenzione l’evolversi della situazione.

Adesso la questione è sul tavolo di EPFL, che ha tempo fino al 15 novembre per rispondere alle richieste. Nel frattempo, da Losanna hanno preannunciato un incarico a uno Studio legale italiano per studiare la normativa di riferimento. Di certo, però, non avrebbero potuto sapere che si sarebbero imbattuti in un archivista con il rigore svizzero (che io conosco molto bene!).