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Copertura vaccinale sotto il 40% a Bolzano e in Sardegna, sei le regioni sotto il 50%
Quasi un anziano su due ha detto no al vaccino antinfluenzale. Secondo i dati del Ministero della Salute sulla stagione 2024-2025, la copertura tra gli over 65 si è fermata al 52,5%, in calo rispetto al 53,3% dell’anno precedente: significa che il 47,5% resta senza protezione, proprio nella fascia più fragile della popolazione. Matteo Bassetti ha definito questi numeri “imbarazzanti” per un Paese avanzato dal punto di vista sanitario, ricordando come il rifiuto del vaccino, spinto da scetticismo e diffidenza, alimenti di fatto il fronte dei no vax e finisca per indebolire l’intera strategia di prevenzione.
Con una copertura ferma al 52,5%, l’Italia resta ben lontana dagli standard fissati dall’OMS, che indicano come soglia minima il 75% e come obiettivo ottimale il 95%. In pratica, quasi metà degli anziani affronta la stagione influenzale senza alcuna protezione. Il risultato è prevedibile: ogni ondata di influenza si traduce in un surplus di ricoveri che mette in ginocchio i pronto soccorso e appesantisce un sistema sanitario già fragile. Non è solo un problema di numeri, ma di conseguenze concrete: la prevenzione che manca si trasforma in pressione sugli ospedali, mentre lo scetticismo e la disattenzione riportano le coperture ai livelli pre-Covid. Finché questo vuoto non sarà colmato, la sanità pubblica continuerà a pagare il prezzo più alto.
Vaccino antinfluenzale, crollo dopo l’effetto Covid
Nel pieno della pandemia la vaccinazione antinfluenzale aveva vissuto un’impennata. Nella stagione 2020-2021 la copertura tra gli over 65 era salita al 65,3%, uno dei valori più alti mai registrati, spinta dalla paura del Covid e da campagne capillari di prevenzione. Non si trattò però del record assoluto: il primato resta alla stagione 2005-2006, quando la quota di anziani vaccinati raggiunse il 68,3%. In quel caso il risultato non fu legato a un’emergenza sanitaria globale, ma a una strategia di lungo periodo che aveva convinto una larga parte della popolazione fragile a considerare l’influenza una minaccia da non sottovalutare. Un’attenzione che oggi sembra svanita, nonostante il virus continui a pesare in modo significativo: in Italia si stimano in media 8.000 decessi all’anno dovuti all’influenza e alle sue complicanze.
Quattro anni dopo il Covid, lo scenario è radicalmente cambiato. Nella stagione 2024-2025 la quota di vaccinati tra gli anziani come detto prima si è fermata al 52,5%, un calo di 12,8 punti rispetto al picco pandemico. È un arretramento che riporta indietro di oltre dieci anni i progressi accumulati: percentuali simili si registravano infatti nel 2010-2011 (52,0%) o nel 2012-2013 (54,2%). Oggi gli over 65, che restano il target prioritario della campagna, si trovano così 22,5 punti sotto la soglia minima del 75% fissata dall’Oms.
Copertura anziani: in 2 regioni è sotto il 40%
Le differenze regionali confermano per l’ennesima volta come l’Italia sia spaccata in due, con alcune aree che riescono a mantenere livelli accettabili e altre dove la campagna vaccinale fallisce clamorosamente. In Umbria per esempio la copertura tra gli over 65 arriva al 64,1%, seguita da Basilicata (59,3%), Emilia-Romagna (59,2%) e Toscana (57,7%).
All’estremo opposto della classifica ci sono territori che scivolano ben al di sotto dei livelli di sicurezza. La Provincia autonoma di Bolzano registra il dato peggiore con appena 33,4% di copertura tra gli anziani, seguita dalla Sardegna al 37,6%. E non si tratta di casi isolati: in totale, sono sei le regioni che non raggiungono il 50%, ovvero Valle d’Aosta (44%), Liguria (48,4%), Abruzzo (48,7%), Campania (49,2%), Calabria (44,3%) e Sicilia (48,2%). Il divario con le aree più virtuose è netto: 30,7 punti percentuali tra il valore massimo e quello minimo, una forbice che non dipende solo dalla diversa sensibilità della popolazione, ma soprattutto dalla disomogeneità delle politiche sanitarie regionali ed evidentemente dalla capacità di organizzare campagne di prevenzione efficaci.
Il numero di dosi per fascia della popolazione
In termini assoluti, nella stagione 2024-2025 sono state somministrate 11.523.057 dosi di vaccino antinfluenzale, un volume che conferma la capacità organizzativa del sistema sanitario di garantire ogni anno un’offerta stabile su tutto il territorio nazionale. Il problema è che questa stabilità non si traduce in un salto di qualità: restare fermi su questa soglia significa mantenere una copertura complessiva al 19,6% della popolazione, troppo bassa per avvicinarsi agli standard internazionali auspicati.
Il totale si distribuisce in modo molto disomogeneo tra le fasce d’età: 103.804 dosi nei bambini di 6-23 mesi, 273.465 tra i 2-4 anni e 278.752 tra i 5-8 anni. Nei più grandi, 9-14 anni, si contano 189.676 somministrazioni, mentre i 15-17enni restano marginali con appena 43.518 dosi. La fascia degli adulti giovani (18-44 anni) riceve 763.943 vaccinazioni, quella 45-64 anni 2.222.288, mentre il grosso delle somministrazioni è concentrato negli over 65 con 7.647.611 dosi, a conferma del loro ruolo di target prioritario.
Coperture basse nella popolazione generale
Guardando alla popolazione generale, i dati del Ministero della Salute offrono comunque un segnale incoraggiante. Nella stagione 2024-2025 la copertura vaccinale antinfluenzale ha raggiunto il 19,6%, in aumento rispetto al 18,9% dell’anno precedente. L’incremento può sembrare modesto, ma conferma un percorso di crescita graduale che ha già permesso di recuperare terreno rispetto ai valori più bassi della serie storica: dal 10,5% registrato nel 1999-2000 al minimo del 13,6% del 2014-2015, fino alla lenta risalita degli ultimi anni. Un progresso costante che, pur restando lontano dagli standard internazionali, mostra come l’attenzione verso la prevenzione non sia del tutto venuta meno.
Il confronto con la stagione pandemica mette ulteriormente in prospettiva questo andamento. Nel 2020-2021, con l’effetto traino del Covid, la quota di vaccinati nella popolazione generale aveva raggiunto il 23,7%, il valore più alto della serie storica. Oggi si contano 4,1 punti percentuali in meno, segno che in soli quattro anni si è perso gran parte di quel consenso straordinario. Il risultato è che la copertura è tornata in linea con i valori pre-pandemici, lontanissima dagli standard internazionali e incapace di garantire una protezione che si possa definire sufficiente.
Bolzano, una terra di no vax
Anche nella popolazione generale la mappa italiana appare frammentata. Le regioni più virtuose sono Toscana e Umbria, entrambe con una copertura del 22,6%, poco sopra la media nazionale. Subito dopo si collocano la Puglia con il 22,0% e la Basilicata con il 21,3%. Numeri che restano bassi se rapportati agli standard internazionali, ma che indicano comunque una maggiore efficacia delle campagne di sensibilizzazione e una migliore organizzazione territoriale.
Lo scenario cambia radicalmente se si guardano le regioni in fondo alla classifica. La Provincia autonoma di Bolzano crolla ancora una volta arrivano all’11,1%, un valore che non stupisce vista la recidiva e che la colloca nettamente come la peggiore realtà italiana. Poco sopra si trovano la Calabria, ferma al 13,7%, e la Sardegna al 15,1%. Il confronto con le aree più attive è impietoso: tra il dato massimo e quello minimo la distanza arriva a 11,5 punti percentuali, una forbice che mette in luce non solo la disomogeneità della risposta dei cittadini, ma soprattutto le differenze nelle politiche sanitarie locali e nella capacità di organizzare campagne di prevenzione efficaci.
I bambini sono più protetti degli adulti
Il quadro cambia se si guarda ai più piccoli. Tra i bambini di 5-8 anni la copertura vaccinale raggiunge il 29,1%, un livello quasi dieci punti sopra la media nazionale generale. È un risultato che non si spiega solo con la disponibilità dei vaccini, ma soprattutto con il ruolo della scuola come canale privilegiato di informazione e con il coinvolgimento diretto delle famiglie. Qui la prevenzione non passa più soltanto dagli studi medici, ma da un ecosistema che favorisce l’adesione collettiva.
Il caso più emblematico è quello della Provincia autonoma di Trento, che con una copertura del 75,2% tra i bambini di 5-8 anni registra il dato più alto d’Italia. Un risultato che conferma l’efficacia di campagne capillari e ben mirate, capaci di coinvolgere scuole e famiglie in un vero lavoro di squadra. Trento si propone così come modello di prevenzione, in netto contrasto con la vicina Bolzano, dove l’autonomia non basta a evitare il risultato peggiore del Paese: due territori a statuto speciale, due facce opposte della stessa medaglia.
Adulti, il buco nero del vaccino antinfluenzale
Se gli anziani restano il target prioritario e i bambini mostrano segnali di crescita, gli adulti tra i 18 e i 64 anni rappresentano il vero buco nero della campagna vaccinale. In questa fascia la copertura oscilla tra appena il 4% e il 12%, valori che segnalano un’adesione minima e disomogenea sul territorio. Considerando che parliamo di oltre 34 milioni di persone in Italia, significa che decine di milioni di cittadini affrontano ogni stagione influenzale senza alcuna protezione.
L’impatto di questo segmento poco protetto è decisivo. Gli adulti costituiscono la quota più ampia della popolazione e, restando fuori dal circuito vaccinale, trascinano verso il basso la media nazionale, ferma come detto al 19,6%. In pratica, anche se bambini e anziani migliorassero le proprie percentuali, senza un incremento significativo tra i 18-64 anni l’Italia non riuscirebbe a colmare il divario con il livello pandemico del 23,7% e resterebbe lontanissima dagli obiettivi Oms.
Fonte: Ministero della salute
I dati sono aggiornati al 2025