Key4biz

Usiamo la GenAI da soli. E così non funziona

Ce ne serviamo per scrivere una mail più in fretta, riassumere un documento creando un abstract o cercare un’informazione difficile da trovare, il problema (ammesso che lo sia) è che poi chiudiamo il nostro bravo tab di ChatGPT, Gemini o Claude e torniamo al lavoro come se nulla fosse.

È qui che inizia il paradosso della Generative AI in ambito lavorativo: è ovunque ma incide poco, decisamente troppo poco per il giro di soldi che è in grado di generare.

In Italia nove professionisti su dieci la utilizzano almeno una volta a settimana, e oltre la metà più volte al giorno ma secondo uno studio del MIT il 95% dei progetti pilota in ambito GenAI non genera valore concreto e solo il 5% produce ritorni misurabili.

Anche i dati raccolti dall’Osservatorio Platform Thinking HUB del Politecnico di Milano confermano un utilizzo ancora superficiale di questa tecnologia. L’86% dei professionisti la impiega per cercare informazioni, il 67% per generare opzioni alternative, il 63% per riassumere testi o scrivere email.

L’effetto è quello di una tecnologia potente ma confinata a compiti marginali: un peccato (e soprattutto uno spreco, tenendo conto di quanto costi sia a livello economico che ambientale alimentare i grandi server indispensabili per le piattaforme IA). L’approccio del Platform Thinking offre una chiave per cambiare prospettiva: non limitarsi a usare la GenAI, ma integrarla nei processi di creazione del valore. Ispirato ai modelli delle piattaforme digitali, il Platform Thinking spinge le organizzazioni a sperimentare, condividere conoscenza e collaborare con l’AI, trasformando un insieme di strumenti in un ecosistema di innovazione.

GenAI: dall’assistente personale al pensiero condiviso

Dietro l’entusiasmo per la GenAI, insomma, si nasconde un uso ancora molto individuale e poco condiviso. Secondo la survey dell’Osservatorio, condotta su 419 professionisti di 162 imprese italiane, il 57,5% utilizza strumenti di intelligenza generativa più volte al giorno, il 10% almeno una volta al giorno e il 20% più volte a settimana.

Ma la maggior parte lo fa da sola, per migliorare l’efficienza quotidiana: in questo senso, la GenAI funziona come un co-pilota (non a caso, l’AI Companion di Microsoft per Office si chiama proprio Copilot) che assiste, velocizza, semplifica, a differenza della minore diffusione dell’approccio “Co-thinking”, attraverso il quale l’AI diventa un vero partner di riflessione e progettazione.

Il modello, proposto da Elisa Farri e Gabriele Rosani nella HBR Guide to Generative AI for Managers e adottato anche nella ricerca del Politecnico, distingue due livelli d’uso: il primo, quello di supporto operativo, aiuta a svolgere compiti ripetitivi; il secondo, più evoluto, introduce l’AI nei processi decisionali e creativi.

È qui che la tecnologia smette di rispondere e inizia a collaborare, aiutando a esplorare alternative e mettere in discussione ipotesi di più ampio respiro. Naturalmente, questo approccio richiede un’ampia concesione di fiducia, apertura mentale e la capacità di integrare l’AI nel dialogo professionale, non di tenerla ai margini.

In Italia il modello “Co-pilot” resta prevalente, ma è il “Co-thinking” a mostrare i risultati più promettenti: quando la GenAI entra in un processo collettivo di analisi o ideazione, la qualità delle decisioni migliora. È in questa direzione che il Platform Thinking diventa un metodo utile anche fuori dal mondo digitale, permettendo alle imprese di sperimentare la collaborazione uomo-macchina in modo strutturato, trasformando la GenAI da strumento tattico a infrastruttura cognitiva. E, come accade con i comparatori di SOSTariffe.it per la fibra ottica, la logica è la stessa: mettere a confronto opzioni, selezionare la più efficace e imparare dai dati.

Il valore del lavoro in team

Nonostante il consenso crescente, quindi, la GenAI resta per molti un’esperienza solitaria: oltre la metà dei professionisti italiani (52%) la utilizza solo individualmente e il 43% lo fa soltanto in modo occasionale con un collega o un gruppo. Eppure il 69% degli intervistati dall’Osservatorio Platform Thinking HUB è convinto che l’AI funzioni meglio se usata in team. È una contraddizione che racconta molto della fase attuale: la tecnologia è disponibile, ma manca ancora un contesto organizzativo che ne favorisca l’uso collaborativo (e si è più propensi a ripetere degli slogan, piuttosto che lavorare per implementarli).

La governance è in genere debole. Quasi la metà delle imprese non ha ancora definito un piano strutturato per la GenAI; il 35% si limita a diffondere policy d’uso e il 31% a sviluppare progetti pilota. Solo il 18% consente ai dipendenti di sperimentare in modo diretto, ad esempio creando agenti o chatbot interni. In molti casi, la sensazione prevalente è di incertezza: non è chiaro cosa sia permesso fare con l’AI né come l’organizzazione intenda orientarne l’impiego. La conseguenza è un proliferare di esperimenti spontanei, spesso scollegati dalle priorità aziendali e quindi incapaci di generare valore sistemico.

Dalla sperimentazione alla trasformazione

Le sperimentazioni condotte dall’Osservatorio mostrano come la collaborazione con la GenAI possa diventare un terreno di innovazione concreta; durante l’edizione 2025, i partner dell’Osservatorio hanno partecipato a tre workshop dedicati alla soluzione di problemi complessi, utilizzando un modello di “Platform Thinking GPT” come supporto metodologico. I risultati indicano che l’efficacia percepita cresce con le iterazioni, soprattutto quando nel team è presente almeno un membro con esperienza diretta nel metodo. La GenAI, in questi contesti, agisce come facilitatore che organizza le informazioni e stimola la generazione di soluzioni condivise.

L’approccio si colloca in un percorso di ricerca più ampio, riassunto nel volume The Digital Phoenix Effect di Daniel Trabucchi e Tommaso Buganza, che spiega come le imprese consolidate possano reinventarsi adottando i principi delle piattaforme digitali. L’obiettivo non è automatizzare, ma potenziare, rendendo la conoscenza aziendale più accessibile, attraverso l’integrazione della creatività collettiva e trasformando la GenAI in un’infrastruttura di collaborazione. La stessa logica che guida molte esperienze di open innovation, dove la capacità di condividere diventa un vantaggio competitivo.

In prospettiva, il Platform Thinking apre la strada a organizzazioni più porose, capaci di far circolare competenze e informazioni senza rigidità gerarchiche. La GenAI non sostituisce i processi decisionali, ma li rende più dinamici, favorendo la sperimentazione continua e la valorizzazione della conoscenza diffusa.

Exit mobile version