Finestra sul mondo

Usa-Corea del Nord, Tensioni Venezuela, Referendum Turchia, Re di Spagna visiterà Cuba, Presidenziali Francia

di Agenzia Nova |

Poteri, economia, finanza e geopolitica nelle ultime 24 ore

Finestra sul mondo è una rubrica quotidiana con le notizie internazionali di Agenzia Nova pubblicate in collaborazione con Key4biz. Poteri, economia, finanza, lette in chiave di interdipendenza con un occhio alla geopolitica. Per consultare i numeri precedenti, clicca qui.

Usa-Corea del Nord, si aggrava la retorica bellicista

18 apr 10:55 – (Agenzia Nova) – L’amministrazione del presidente Usa, Donald Trump, ha optato per la linea dura contro la Corea del Nord. Dopo il test balistico fallito dello scorso fine settimana, il vicepresidente Usa Mike Pence, che ha trascorso il giorno di Pasqua tra le truppe statunitensi in Corea del Sud, ha avvertito che “l’era della pazienza strategica e’ finita”, ed ha ribadito che Washington e’ pronta a ricorrere alla forza per risolvere la crisi con Pyongyang. “La Corea del Nord farebbe bene a non mettere alla prova la nostra determinazione e la forza delle Forze armate statunitensi in questa regione”, ha detto Pence. Dal regime nordcoreano sono giunte parole ancora piu’ dure: il vice-ambasciatore nordcoreano all’Onu, Kim In Ryong, ha accusato gli Usa di aver gettato la Penisola coreano sull’orlo di una crisi, ed ha avvertito che una “guerra termonucleare”, ha avvertito Pyongyang, potrebbe scoppiare in qualunque momento. Il presidente Usa, Donald Trump, ha messo in guardia il dittatore nordcoreano Kim Jong-un: “Fara’ meglio a darsi una regolata”, ha detto Trump ieri, tornando a criticare i suoi predecessori per aver lasciato mano libera a Pyongyang nello sviluppo dei suoi programmi balistico e nucleare. Al di la’ della retorica, sottolineano pero’ i principali quotidiani statunitensi, la Casa Bianca spera ancora di poter risolvere la crisi con la mediazione della Cina, secondo un copione non troppo dissimile da quello della precedente amministrazione presidenziale Obama. Il vicepresidente Pence ha dichiarato che gli Usa auspicano di risolvere le tensioni “attraverso metodi pacifici, tramite i negoziati”. Secondo Victor Cha, esperto di studi asiatici presso la Georgetown University, la politica estera dell’amministrazione Trump si conferma un mix di “imprevedibilita’ e decisionismo”. “Non credo che vedremo questo presidente tracciare linee rosse sulla sabbia, ma credo che l’azione che ha intrapreso in Siria (il bombardamento della base aerea da cui sarebbe partito l’attacco aereo di Idlib, ndr) dimostri che quando appropriato, il presidente sa intraprendere azioni decise”, ha commentato invece il portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer. Susan Thornton, assistente del segretario di Stato Usa per gli affari nell’Asia Orientale e nel Pacifico, ha dichiarato ieri che il presidente Trump “ha messo in chiaro con la Cina che dovrebbe considerare la Corea del Nord un peso, e non un asset, e che Pyongyang rappresenta una minaccia globale urgente che andrebbe affrontata da qualsiasi paese aspiri alla pace; primo tra tutti la Cina, data la sua influenza”.

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Venezuela, governo e opposizioni pronti al braccio di ferro in piazza; l’America latina entra in allarme

18 apr 10:55 – (Agenzia Nova) – Il Venezuela si prepara a una settimana di alta tensione. Mercoledi’ 19, giorno in cui si ricorda l’avvio del processo di indipendenza del paese dal dominio spagnolo, le opposizioni hanno convocato una manifestazione che nelle intenzioni degli organizzatori dovra’ rappresentare il momento piu’ alto della protesta che da settimane si porta avanti contro il governo del presidente Nicolas Maduro. Ma il governo, come ormai e’ tradizione, risponde convocando una “contromanifestazione” a sostegno della “rivoluzione bolivariana”. La “prova generale” della forza di cui e’ capace l’esecutivo si e’ avuta nella giornata di domenica, con una sfilata della Forza armata nazionale bolivariana (Fanb), l’esercito, sotto la guida del ministro della Difesa Vladimir Padrino. I militari confermano la loro unita’ “granitica, monolitica” e la lealta’ senza condizioni al capo di Stato, assicurava Padrino. Assieme a loro sfilavano anche gli uomini della Milizia nazionale, un corpo di civili armati a difesa della rivoluzione, la cui identita’ e’ oggetto di critiche costituzionali da parte delle minoranze. Mercoledi’ si assistera’ dunque a un braccio di ferro in cui ciascuno cerchera’ di mostrare la propria forza, ma sul quale grava la paura di una deriva violenta alimentata dal bilancio degli scontri registrati tra marzo e aprile: le opposizioni contano sei morti, decine di feriti e oltre un centinaio di arresti. Il governo accusa uno dei partiti ostili, Primero Justicia (Pj), di pagare giovani attivisti per alimentare la violenza nelle strade dando alla comunita’ internazionale ragioni per un intervento esterno. Il video di prova mostrato da Maduro nel corso di una diretta televisiva nazionale e’ respinto dagli stessi responsabili di Pj: la “confessione” dell’attivista sarebbe stata ottenuta con la tortura. La giornata che si prepara preoccupa l’intera regione: in una nota congiunta, undici paesi – Argentina, Brasile, Cile, Colombia, Costa Rica, Guatemala, Honduras, Messico, Paraguay, Peru’ e Uruguay – esprimono il cordoglio per le vittime sin qui registrate negli scontri e chiedono a Caracas di garantire il diritto a scendere in piazza impedendo “ogni azione violenta contro i manifestanti”. Tornando ad esortare il governo di Maduro a stilare un calendario elettorale che metta fine alla crisi “che vive il Venezuela e che preoccupa la regione”.

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Dopo il referendum in Turchia il cancelliere tedesco Merkel chiede ad Erdogan un “dialogo rispettoso” con l’opposizione

18 apr 10:55 – (Agenzia Nova) – L’esito del referendum costituzionale in Turchia, che ha fotografato un paese profondamente diviso – poco piu’ del 51 per cento degli elettori turchi si e’ espresso in favore della svolta autoritaria voluta dal presidente Recep Tayyip Erdogan – ha suscitato reazioni anche da parte della politica tedesca. “L’esito di questo voto rappresenta una grande responsabilita’ per il Governo turco e per il presidente Erdogan personalmente”, recita una dichiarazione congiunta del cancelliere tedesco Angela Merkel e del ministro degli Esteri Sigmar Gabriel. Il ministro, durante una visita in Albania, ha fatto appello alla calma generale riguardo ai rapporti con la Turchia e ad eventuali rotture delle trattative per l’entrata di Ankara in Europa, gia’ richieste da paesi come l’Austria. Il Governo federale tedesco si aspetta che l’Esecutivo turco “ricerchi un dialogo rispettoso con tutte le forze politiche e sociali del Paese dopo una campagna referendaria difficile”. Il deputato dei Verdi Cem Oezdemir, ha sottolineato come l’esito del referendum sia stato dettato dal voto pro-Erdogan della stragrande maggioranza degli elettori turchi residenti in Germania, che sono oltre un milione: il voto, ha detto il parlamentare tedesco, rappresenta il fallimento della politica di integrazione. “La battaglia per i cuori e le menti dei turchi tedeschi e’ persa”, ha proseguito il capo dei Verdi, richiamando i cittadini turchi in Germania in futuro a rispettare “con entrambi i piedi la Costituzione tedesca”. “Le persone che hanno lottato per la democrazia hanno bisogno del nostro sostegno in questo momento”, ha ribadito. Il 63,1 per cento degli elettori turchi tedeschi ha votato in favore dell’adozione della forma costituzionale presidenzialista voluta da Erdogan, che ridimensiona drasticamente le competenze e i poteri di supervisione del parlamento di Ankara. Manfred Weber, presidente del Ppe a Bruxelles, ha chiesto di porre fine ai negoziati per l’entrata nella Ue della Turchia e ha dichiarato che l’estensione del voto ai cittadini di doppia cittadinanza e’ stata un errore. In Germania risiedono 1,4 milioni di cittadini turchi aventi diritto al voto, che hanno potuto esercitarlo dal 27 marzo al 9 aprile. L’affluenza alle urne e’ stata appena sotto il 50 per cento, secondo l’agenzia stampa turca Anadolu.

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Spagna, Re e presidente del governo visiteranno Cuba entro febbraio del 2018

18 apr 10:55 – (Agenzia Nova) – Il re Felipe VI e il presidente del governo spagnolo Mariano Rajoy si recheranno in visita ufficiale a Cuba “il prima possibile”. Probabilmente entro la fine del 2017 e comunque non oltre la scadenza del mandato di Raul Castro alla guida dell’isola, nel febbraio del 2018. Lo riferiscono fonti dell’esecutivo di Madrid all’indomani della visita effettuata in Spagna dal ministro degli Esteri cubano Bruno Rodriguez. L’ultimo viaggio all’Avana di un membro della casa reale spagnola risale al novembre del 2016, con la partecipazione di Juan Carlos – gia’ privo di corona – ai funerali di Fidel Castro. Durante il suo mandato alla guida della monarchia – 1975-2014 – Juan Carlos era andato a Cuba una sola volta, nel 1999, in occasione di un vertice iberoamericano passato alla storia per le critiche che l’allora presidente Jose’ Mari’a Aznar aveva recapitato al regime castrista. Ed era stato lo stesso Aznar a promuovere e far approvare la “posizione comune”, politica che per circa venti anni ha orientato le scelte dell’Unione europea nei confronti di Cuba: uno strumento per il quale Bruxelles condizionava le relazioni istituzionali con l’Avana al grado di liberta’ democratiche concesse dai governi dei Castro. Ed e’ stata la stessa diplomazia spagnola a voler cambiare il segno delle relazioni e, forte anche delle aperture promosse dagli Stati Uniti nell’epoca Obama, a promuovere una marcia indietro sulla posizione comune. Il piano del governo di Madrid, cui spetta l’ultima parola sui viaggi ufficiali all’estero della famiglia reale, e’ quello di sbarcare sull’isola non prima dell’estate, dal momento che Felipe e la regina Leticia hanno gia’ in programma una visita a Londra alla fine di giugno. L’idea, confermano fonti diplomatiche spagnole, e’ comunque quella di non oltrepassare il 28 febbraio 2018 data in cui Raul Castro ha piu’ volte detto che si sarebbe ritirato dalla presidenza di Cuba.

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Regno Unito, il Labour indietro di 21 punti nei sondaggi

18 apr 10:55 – (Agenzia Nova) – Un sondaggio di ComRes per il quotidiano britannico “The Independent” attribuisce al Partito conservatore del Regno Unito un vantaggio di 21 punti percentuali sul Labour, principale forza di opposizione: per i Tory al governo e’ il consenso piu’ ampio dal 1983. L’indagine assegna ai conservatori il 46 per cento dei favori; seguono i laboristi col 25, i liberaldemocratici con l’undici e l’Ukip, il Partito per l’indipendenza del Regno Unito, col nove. E’ un ulteriore colpo per il leader del Labour, Jeremy Corbyn, in affanno da quando Theresa May e’ arrivata a Downing Street e sfiduciato dai suoi parlamentari. D’altra parte i rilevamenti d’opinione evidenziano che la leadership ha uno scarso impatto sulla percezione dell’agenda politica del partito e che alcune proposte, come l’Iva sulle rette delle scuole private per finanziare le mense di quelle pubbliche, sono condivise dalla maggioranza della popolazione. Commentando i risultati, Corbyn ha dichiarato al giornale: “Le nostre politiche sono popolari perche’ per la maggior parte delle persone e’ una cosa di buon senso che il nostro governo debba agire nell’interesse della grande maggioranza e che cio’ significhi affrontare i piu’ potenti. Il popolo britannico e’ stato trattenuto troppo a lungo, ma abbiamo le idee e la volonta’ per cambiare in meglio il paese. Ce’ ancora molto da fare e se il partito si unisce nella battaglia per queste politiche popolari siamo convinti che i sondaggi miglioreranno”. Una prova importante sara’ il 4 maggio, quando si terranno le elezioni amministrative in Inghilterra, Galles e Scozia. Secondo John Curtice, docente della Strathclyde University e tra i massimi esperti di sondaggi, il Labour rischia di perdere posizioni. Dalla ricerca di ComRes, infine, emerge che c’e’ spazio per un nuovo partito di centro: ne sono convinti due elettori su cinque.

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Francia, gli espedienti dei Socialisti per non scontrarsi con Macron alle elezioni parlamentari

18 apr 10:55 – (Agenzia Nova) – Il Partito socialista francese (Ps) e’ in piena crisi schizofrenica: e’ questo il severo giudizio del popolare quotidiano “Le Parisien” sull’atteggiamento dei Socialisti in vista dei prossimi cruciali appuntamento elettorali, le presidenziali il cui primo turno si terra’ domenica prossima 23 aprile e le parlamentari di giugno. Il Ps infatti e’ diviso tra l’obbligo di mostrare una “unita’ e lealta’” di facciata nei confronti del proprio candidato ufficiale, Benoit Hamon, che secondo i sondaggi non riuscira’ ad approdare al secondo turno di ballottaggio del 9 maggio prossimo; e la necessita’ di non compromettere l’esito delle elezioni parlamentari, per le quali a giugno il Ps sogna un accordo con il movimento “indipendente” di centrosinistra “En Marche!” (“In Marcia!”, ndr) fondato appena un anno fa dal giovane ex ministro dell’Economia Emmanuel Macron, e che intanto per il voto presidenziale sta prosciugando il bacino degli elettori socialisti. E cosi’ ecco l’escamotage pensato dai vertici del Ps, rivelato in esclusiva dal “Parisien”: l’accordo elettorale che sta per essere concluso con gli alleati del partito Europa Ecologia – I Verdi (Ee-Lv) assegnerebbe agli ambientalisti di sinistra 42 circoscrizioni parlamentari; ma in gran parte si tratta proprio dei collegi dei deputati socialisti che hanno deciso di “tradire” e di passare nel campo di Macron. Insomma qui sta il sotterfugio: da un lato il Ps davanti ai riflettori mostra i muscoli e minaccia le decine di “transfughi” filo-Macron, ma nel retrobottega prepara una sorta di “tregua” con Macron non presentando candidati “pericolosi” nei collegi dei deputati socialisti che hanno scelto di schierarsi con il movimento “En Marche!”; e al massacro elettorale manda invece gli alleati Ecologisti. Lo stesso procedimento viene applicato con gli altri partner minori del Ps: il Partito radicale di sinistra (Prg) e l’Unione dei democratici e degli ecologisti (Ude) si sono visti offrire dai vertici del Ps collegi che sono gia’ “occupati” o “suscettibili di essere occupati” dai fedeli di Macron, come ad esempio nelle quattro circoscrizioni di Lione dove il Ps, secondo le informazioni raccolte dal “Parisien”, non presentera’ nessun candidato. Un giochetto di cui pero’ gli alleati minori del Ps non sono affatto felici e che alla lunga potrebbe non reggere: l’accordo proposto a Ee-Lv, ad esempio, deve ancora essere avallato da un voto del partito ecologista domani mercoledi’ 18. E le elezioni parlamentari di giugno alla fine, commenta il “Parisien”, potrebbero rivelarsi sorprendenti proprio come quelle presidenziali.

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Francia, i sondaggisti a caccia degli elettori “nascosti”

18 apr 10:55 – (Agenzia Nova) – Secondo il sondaggio quotidiano “PresiTrack” elaborato dagli istituti OpinionWay e Orpi per il quotidiano economico francese “Les Echos”, ieri lunedi’ 17 aprile il candidato del centro-destra Francois Fillon avrebbe ulteriormente recuperato terreno, nonostante lo scandalo “Penelope-gate”, e con il 21 per cento delle intenzioni di voto al primo turno delle elezioni presidenziali, domenica prossima 23 aprile, avrebbe ormai quasi raggiunto i due candidati che fin qui hanno condotto la campagna elettorale: l’indipendente di centro-sinistra Emmanuel Macron e la leader del Front national (Fn) di estrema destra Marine Le Pen, il cui consenso al contrario sarebbe calato per entrambi al 22 per cento; poco staccato sarebbe Jean-Luc Me’lenchon, il candidato dell coalizione di estrema sinistra “La France insoumise” (“La Francia non-sottomessa”, ndr) che con il 18 per cento delle intenzioni di voto continua tuttavia a sperare di poter approdare al secondo turno di ballottaggio del 9 maggio. Insomma, quattro candidati racchiusi in appena tre punti percentuali, abbondantemente quindi all’interno del “margine di errore” dei sondaggi, sono un bel problema per i sondaggisti francesi. I quali pero’ temono un altro fenomeno, ancora piu’ rischioso per le loro capacita’ previsionali: quello degli “elettori nascosti” o “elettori fantasma”, quelli che avrebbero gonfiato le ali della Brexit e che avrebbero dato la vittoria a Donald Trump negli Stati Uniti. In un’inchiesta sull’argomento “Les Echos” spiega che non si tratta del fenomeno degli elettori che non dicono la verita’ ai sondaggisti per “compiacere” l’intervistatore, o di quelli che mentono deliberatamente per evitare il biasimo sociale che il “mainstream culturale” annette alla loro scelta di voto: questi fenomeni sono gia’ noti, affermano gli esperti consultati dal quotidiano, e sono gia’ incorporati nei piu’ moderni sistemi di elaborazione dei sondaggi. L’incertezza che grava sulle elezioni presidenziali francesi infatti e’ alimentata da tre inedite complicazioni: la prima difficolta’ per i sondaggisti e’ di carattere sociologico, dovuta al crescente peso nella societa’ delle persone “precarie” che non sono pienamente integrate in nessuna tradizionale categoria professionale o di classe sociale; la secondo e’ di ordine politico, a causa del numero inabitualmente alto di indecisi a meno di una settimana dal voto. Infine c’e’ una ragione “tecnica”: la sempre maggiore diffusione di internet ha come effetto collaterale quello di tagliare fuori quel 20 per cento di francesi che non sono affatto connessi al web. La novita’ oggigiorno in Occidente quindi e’ rappresentata da elettori sconosciuti agli esperti di demoscopia, invisibili e senza voce, che sistematicamente non vengono individuati dai radar dei sondaggi e che le inchieste d’opinione non riescono a raggiungere ne’ a comprendere: e’ da loro che domani in Francia potrebbe venire la piu’ grande sorpresa.

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Regno Unito, il governo considera un visto biennale per i giovani europei

18 apr 10:55 – (Agenzia Nova) – Il governo del Regno Unito, riferisce il “Financial Times”, sta considerando la possibilita’ di introdurre, dopo l’uscita dall’Unione Europea, un visto biennale per i giovani cittadini comunitari in eta’ compresa tra 18 e 30 anni in cerca di lavoro nei settori a corto di personale, come l’edilizia, l’assistenza sociale e la sanita’. Il modello e’ il programma di mobilita’ giovanile gia’ esistente a favore di chi proviene da Australia, Canada, Nuova Zelanda e Principato di Monaco. I partecipanti non potrebbero portare persone a carico ne’ chiedere benefit come l’indennita’ di alloggio; inoltre, non potrebbero restare dopo il termine dei 24 mesi. L’Office for National Statistics (Ons) stima che gli immigrati rappresentino il 14 per cento della forza lavoro nella distribuzione al dettaglio, nella ricezione alberghiera e nella ristorazione; piu’ di mezzo milione di cittadini comunitari lavorano in questi settori. La catena di fast food Pret a Manger, ad esempio, ha rivelato che tra le candidature ricevute solo una su 50 e’ di un britannico. L’esecutivo non ha ancora reso noto un piano dettagliato sul sistema dell’immigrazione dopo la Brexit. Il Migration Advisory Committee, organo di consulenza del ministero dell’Interno, ha avviato incontri preliminari con le parti interessate all’adattamento del regime dei visti per includere i cittadini dell’Ue; un disegno di legge dovrebbe essere presentato nel corso dell’estate. Il visto per i giovani, comunque, e’ solo una delle opzioni e tutto dipendera’ dall’evoluzione dei negoziati con l’Ue.

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Usa, la Casa Bianca ordina di rivedere le politiche di emissione dei visti di lavoro

18 apr 10:55 – (Agenzia Nova) – Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, firmera’ oggi un decreto che ordina alle agenzie federali di rivedere le politiche legate all’emissione dei permessi di soggiorno lavorativi per i cittadini stranieri, per stabilire se il sistema attualmente in vigore comporti svantaggi competitivi ai danni dei lavoratori statunitensi. Trump, che nel corso della campagna elettorale dello scorso anno si e’ impegnato a promuovere l’acquisto di beni prodotti negli Usa e l’assunzione di lavoratori statunitensi, chiedera’ anzitutto la revisione de noto programma H-1B per i lavoratori stranieri qualificati. La firma del provvedimento e’ prevista per oggi, durante la visita del presidente a uno stabilimento dell’azienda produttrice di utensili Snap-on nel Wisconsin. “E’ un fatto assodato, tra quanti studiano le politiche di acquisizione e quelle legate alla concessione dei visti e ai lavoratori stranieri, che i vincoli connessi al ‘buy American, hire American’ sono state enormemente diluite nel corso del tempo”, ha dichiarato un funzionario dell’amministrazione presidenziale citato dal settimanale “Time”. “Le eccezioni sono state abusate, e cio’ e’ risultato nella perdita di molte opportunita’ di lavoro per i cittadini Usa. Allo stesso modo, le norme per la tutela delle assunzioni statunitensi che governavano l’emissione dei visti di lavoro sono state trascurate o abusate, al punto di essere state in molti casi fattualmente dismesse”. Un ufficiale della Casa Bianca ha espressamente citato Tata Consultancy Services, Cognizant Technology Solutions Corp. e Mphasis Corp. come esempi di societa’ che sfruttano il lassismo delle politiche in vigore per “nuocere” ai lavoratori statunitensi, assumendo personale straniero con compensi e tutele inferiori; un altro funzionario della Casa Bianca ha citato statistiche governative secondo cui l’80 per cento dei lavoratori stranieri qualificati che entrano negli Usa con visti H-1B hanno un reddito inferiore a quello mediano. Da candidato alla presidenza Trump aveva promesso di revocare il programma H-1B, ma dopo l’ingresso alla Casa Bianca ha optato per un approccio meno drastico. All’inizio del mese, il dipartimento di Giustizia Usa ha avvertito le societa’ statunitensi che esercitera’ una supervisione rafforzata sulle domande di concessione dei visti per lavoratori qualificati; avvertimenti analoghi sono stati diramati dalla United States Citizenship e dall’Agenzia per i servizi agli immigrati. La Casa Bianca, scrive la “Washington Post”, ha in programma anche altri interventi esecutivi sul fronte del lavoro, a partire da una serie di norme che impediscano alle aziende straniere di partecipare alle gare d’appalto per alcune tipologie di progetti governativi, come quelli infrastrutturali.

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Migrazioni, le risorse per i soccorsi nel Mediterraneo non bastano

18 apr 10:55 – (Agenzia Nova) – La nave dell’organizzazione tedesca di soccorso “Gioventu’ del salvataggio”, impegnata nel tentativo di soccorso di 400 migranti, ha lanciato un segnale di richiesta di soccorso al centro Mrcc di Roma: “Non siamo in grado di gestire la situazione da soli”. Nei giorni scorsi, le navi della Guardia costiera italiana e le agenzie umanitarie private hanno portato in salvo oltre 8 mila persone da natanti sovraffollati. A quanto pare aumenta ancora una volta con l’inizio della primavera il numero di persone che tenta di raggiungere l’Europa dalle coste dell’Africa attraverso il Mediterraneo. Il presidente nazionale dei Verdi, Simone Peter, ha detto domenica scorsa a Berlino: “Il fallimento nel fornire assistenza da parte degli Stati membri della Ue nella ricerca e nel soccorso nel Mediterraneo nelle ultime ore, ha reso evidente ancora una volta un fallimento politico significativo delle capacita’ delle forze civili. Frontex e la Ue devono fornire immediatamente aiuti d’emergenza per evitare altre morti”. Nei giorni scorsi anche la nave “Occhio del mare” di Regensburg ha inviato un segnale di soccorso, dopo aver imbarcato oltre 120 persone e avendo subito un guasto ai motori. Le Forze armate tedesche, che negli ultimi giorni hanno soccorso oltre un migliaio di migranti, sbarcandoli in Italia, hanno annunciato che la nave da rifornimento “Reno” e’ stata inviata domenica in una missione di salvataggio circa 60 chilometri a Nord-Ovest di Tripoli, dove ha tratto in salvo 124 persone. In tutto la Marina ha portato in salvo, nell’ambito dell’operazione “Sophia”, 1.181 persone, tra cui 428 bambini e otto donne in stato di gravidanza. Dal 7 maggio 2015 sono state piu’ di 20 mila le persone portate in salvo nel Mediterraneo dalla Marina tedesca.

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