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Usa-Cina. La corsa al 5G dietro alla guerra dei dazi fra Trump e Xi Jinping

Le tensioni fra Usa e Cina sul fronte dei dazi e della guerra commerciale in atto da mesi sta crescendo d’intensità. Un po’ tutte le merci, dai semi di soia alle auto, finiscono giorno dopo giorno nel tritacarne dei dazi, ma uno dei fattori più importanti, se non addirittura il primo fattore di attrito alla base della guerra commerciali in atto sull’asse Washington-Pechino, sarebbe in realtà la tecnologia 5G.

In gioco ci sono interessi economici inestimabili, quantificati in un giro d’affari globale di 12,3 trilioni di dollari entro il 2035, secondo stime di IHS Markit. Chi arriva prima con le nuove reti e chi fissa gli standard globali, in via di elaborazione, si garantisce un vantaggio competitivo economico che durerà per alcuni decenni.

Questa in sintesi la visione dell’americana Cnbc, che al centro delle frizioni crescenti fra le due mega potenze globali pone appunto il 5G, il nuovo standard di comunicazione wireless che nei prossimi anni sarà la base delle infrastrutture di rete di nuova generazione, aprendo la strada alla nuova era dell’IoT. Un cambiamento enorme, che non riguarda soltanto il mobile internet, ma che consentirà la nascita di nuovi mercati con miliardi di oggetti connessi che cambieranno i connotati delle smart city e del mondo economico come lo conosciamo oggi. Dalle auto senza conducente alla sanità, passando dall’energia alle assicurazioni, all’entertainment, le nuove reti mobili del futuro sono un asset strategico fondamentale per lo sviluppo economico globale.

In altre parole, il 5G potrebbe diventare l’arma in più per Donald Trump per realizzare il suo slogan presidenziale “make America great again” e nello stesso tempo la leva con cui la Cina riuscirà a realizzare il suo obiettivo di dominare la scena mondiale dell’Intelligenza Artificiale entro il 2030.

(Leggi di seguito l’articolo Intelligenza artificiale, mercato da 190 miliardi di dollari nel 2025. Cina sugli scudi).

La posta in gioco

Ora, le specifiche tecniche del 5G sono state approvate lo scorso mese di dicembre. Sono necessarie affinché i produttori di apparecchiature e infrastrutture di rete mettano a disposizione le tecnologie “giuste” e accettate a livello mondiale, in termini di compatibilità, per funzionare con il nuovo standard.

Ma ora la corsa l primato globale del 5G si sposta dalla teoria alla pratica. I produttori di apparecchiature di rete, fra cui le cinesi Zte e Huawei, le europee Ericsson e Nokia e i produttori americani di chip Intel e Qualcomm, stanno correndo per rispondere alla crescente domanda dei carrier Tlc, in vista del roll out delle nuove reti.

Ed è qui che entra in ballo una parte della guerra commerciale in atto, secondo Declan Ganley, Ceo della società di comunicazione Usa Rivada Networks, secondo cui il dominio futuro del grande oceano del cyberspazio dipende in larga misura da chi fisserà gli standard internazionali “il modello di architettura” del 5G e l’agenda del nuovo paradigma, ha detto Ganley alla Cnbc.

Si tratta quindi di una grande partita strategica, molto più importante “delle corsie di navigazione o della capacità di controllare lo spazio aereo di un paese” visto che la rete è uno degli ambiti più importanti nel nostro mondo sempre più digitale. E’ quindi una guerra di potere, quella del 5G per il predominio economico globale.

Dibattito wholesale only negli Usa

Ed è per questo, aggiunge Ganley, che attualmente negli Usa è in corso un serrato dibattito sulle modalità di assegnazione e gestione dello spettro radio, un bene scarso ma necessario per implementare il 5G. Il modello classico di assegnazione delle frequenze è basato su aste economiche, che hanno un effetto collaterale non secondario: gli operatori si fanno una concorrenza feroce e spendono miliardi per accaparrarsi le risorse spettrali. Con il rischio, però, di restare a corto di fondi per la realizzazione vera e propria delle nuove reti. Un approccio, quello americano (ricalcato in Europa), che secondo molti osservatori “uccide l’innovazione”.

Uno spettro radio, quello degli Usa, dominato dagli operatori più grandi che però sono chiamati a spendere cifre miliardarie, poi, per le nuove reti. In Cina, invece, il Governo di Pechino sostiene anche finanziariamente i due o tre operatori dominanti del paese, che possono così accelerare gli investimenti forti della protezione di Pechino, con un vantaggio competitivo evidente rispetto agli operatori americani che si fanno una feroce concorrenza interna.

Ed è per questo che sta prendendo sempre più piede l’ipotesi di puntare invece sul modello wholesale only negli Usa, per consentire agli operatori di investire di più in nuove infrastrutture sul modello del mercato elettrico.

Alla Casa Bianca ci stanno pensando. Kelsey Guyselman, policy advisor presso presso l’Office of Science and Technology Policy della Casa Bianca, ha detto recentemente che riconosce il fatto che condividere (sharing) lo spettro può essere un modo per sviluppare in modo più rapido le nuove reti, aprendo così la strada al modello wholesale only. Anche Brad Pascale, il responsabile della campagna presidenziale 2020 di Trump, è sulla stessa linea.

Tanto più che nella corsa al 5G gli Usa sono “13 mesi in ritardo” rispetto alla Cina, aggiunge invece Ganley.

Non tutti gli esperti la pensano allo stesso modo sul modello wholesale only, visto che un altro grosso problema al momento è individuare dei “business case lucrativi per il 5G”, ha detto alla Cnbc Shaun Collins, Ceo della società di analisi CCS Insight.

Cosa fa la Cina?

Anche i principali alleati degli Usa hanno capito che la Cina è una grossa minaccia nella corsa al 5G. Il ministro degli Esteri britannico Boris Johnson ha detto in pubblico che le aziende IT cinesi potrebbero ben presto superare quelle americane, visto che le aziende cinesi sono più avanti, ha riportato The Guardian. E in effetti le aziende cinesi non stanno certo con le mani in mano: Huawei, ad esempio, fa lobby e guadagna commesse un po’ ovunque, dall’Australia al Portogallo. E il roll out delle nuove reti in Cina va a gonfie vele: non a caso le richieste di nuovi brevetti tecnologici da parte di aziende cinesi sono cresciute del 13,4% nell’ultimo anno, a fronte di un lieve aumento dello 0,1% da parte di quelle americane, secondo dati della World Intellectual Property Organization (WIPO) che fa capo all’Onu. Zte e Huawei, in particolare, sono la prima e la seconda azienda globale per numero di brevetti depositati, dimostrando così che le imprese cinesi si stanno premunendo per creare un “arsenale” di proprietà intellettuale tecnologica.

Chi vince?

Tutto ciò premesso, non sembra un caso che le principali aziende Tlc cinesi siano finite sotto tiro negli Usa, coinvolte nella guerra commerciale in atto. In primo luogo, Huawei dopo l’allarme lanciato dall’intelligence Usa, che ha messo in guardia i cittadini dai rischi per la sicurezza con l’acquisto di smartphone della casa cinese, che spierebbe gli utenti per conto del Governo. A Zte invece è stato vietato l’utilizzo di prodotti made in Usa, mentre lunedì scorso il governo americano ha fatto le prime mosse per vietare la vendita di servizi da parte di China Mobile, sempre adducendo motivi di sicurezza nazionale.

Una serie di tentativi, quelli dell’amministrazione Trump, disegnati certamente per prendere tempo e tentare di rallentare la corsa cinese al 5G. Vedremo se basterà.

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