Sovranismi

Una domanda all’instancabile Steve Bannon. Non ‘Che Cosa’. Non ‘Per Chi’. Ma semplicemente ‘Perché’ lo fa?

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Perché un americano decide di fare il soldato di ventura in una battaglia di dimensioni continentali con risvolti globali in un continente che non è il suo e con Paesi che non gli appartengono e a cui non appartiene?

È stato dipinto come l’ispiratore dei movimenti populisti e sovranisti d’Europa. Ha dichiarato che li vuole organizzare tutti in un Movimento (The Movement), con base a Bruxelles, per cambiare il volto del nostro continente. Ha indicato nell’Europa dei populisti e dei sovranisti un nuovo protagonismo che indicherà la nuova Via Maestra al resto del mondo.

È Steve Bannon: un americano che ha fatto da qualche mese dell’Europa la sua casa, andando in giro e invitando alcuni leader nazionali alla riscossa. Uomo di straordinaria intelligenza, con spiccato senso tattico, ma capace di prefigurare una strategia di lungo periodo. Sa quello che fa (e sa farlo bene) e dà apparentemente l’idea di muoversi da solo, orientato da una profonda ispirazione politica.

Di lui sappiamo poco.

Sappiamo che è collocato all’estrema destra dello scacchiere politico.

Sappiamo che è stato lo stratega della campagna presidenziale di Donald Trump.

Sappiamo che Trump lo ha allontanato, tagliando ogni rapporto.

Sappiamo che è stato vicepresidente di Cambridge Analytica, la società che ha generato lo scandalo Facebook sulla violazione delle identità e i cui software sono stati usati nella campagna elettorale di Trump e visionati dalla Palantir (società della Silicon Valley, tra i cui azionisti figurano Pentagono, CIA, FBI e NSA e specializzata nella profilazione delle persone, anzi di milioni o di centinaia di milioni di persone), stando a quanto dichiarato agli investigatori dal whistleblower Christopher Wylie.

Possiamo immaginare che sia il rappresentante di interessi profondi. Che sia stato inviato da qualcuno con forti interessi americani. Qualcuno interessato a far saltare l’Europa e con essa a far sciogliere l’Euro che tanto danno ha fatto al dollaro.

Ma tutto questo non sarebbe sufficiente.

L’unica domanda da fare a Steve Bannon e “Perché”. Perché fa tutto questo.

Perché un americano decide di fare il soldato di ventura in una battaglia di dimensioni continentali con risvolti globali in un continente che non è il suo e con Paesi che non gli appartengono e a cui non appartiene?

Perché lui uomo d’affari con il fiuto della politica o il politico con il fiuto degli affari, si sposta in pianta stabile in Europa per portare nel cuore politico del continente, a Bruxelles, la base operativa di un movimento che vuole distruggere l’Europa?

Perché vuole abbattere un Parlamento e una Commissione che rappresentano e difendono 500 milioni di cittadini europei, con Regolamenti e Direttive, dalle dinamiche competitive scorrette che danneggiano anche le imprese europee?

Crede forse di essere un novello Goffredo di Buglione impegnato a liberare il Santo Sepolcro dall’invasore miscredente?

Ecco le domande che si dovrebbero porre a Steve Bannon.

Ne rimane, tuttavia, un’altra da porre ai leader dei movimenti cui Bannon si rivolge.

Perché i sovranisti d’Europa che vogliono affermare i propri caratteri nazionali, le proprie identità, le proprie specificità, si fanno guidare da qualcuno che è del tutto esterno alle loro culture nazionali, alle loro linee di comando, alla loro storia?

Magari il collante operativo di tutto questo, la piattaforma attraverso cui ciascuna delle parti in commedia vuole portare un risultato a proprio vantaggio, consiste in sofisticati strumenti di profilazione dei cittadini. Strumenti capaci di sapere tutto su tutti e promuovere campagne di mobilitazione di massa attraverso sofisticate azioni di micro-targeting.

Difficile dirlo, ma è già una ragione per saperne qualcosa di più.

Anzi, proprio in occasione della ormai prossima campagna elettorale europea, sarebbe il caso che istituzioni ed autorità si preoccupassero di verificare tali condizioni, piuttosto che concentrarsi su argomenti ormai scarsamente ininfluenti come la Par Condicio delle reti televisive pubbliche.

Non è lì che si decideranno i giochi.