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Tv locali: ricavi in calo del 17% nel 2014, serve un piano per la banda 700

Il comparto delle televisioni locali perde altri 73 milioni di euro di ricavi totali, passando dai 429 milioni del 2013 ai 356 milioni del 2014, pari a -17%. Il dato, che riflette una duplice contrazione, dei ricavi delle aziende del comparto e del numero dei soggetti attivi, conferma un trend negativo che non sembra avere fine. Solo nel 2008, anno in cui tutto il comparto trasmetteva in analogico, i ricavi erano 621 milioni, il 43% in più rispetto al 2014. E’ quanto risulta dallo Studio Economico del Settore Televisivo Privato pubblicato da Confindustria Radio Televisioni – Crtv all’interno dell’Osservatorio Nazionale delle Imprese Radiotelevisive Private, ambito di collaborazione della parte datoriale con i sindacati Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom Uil.

I dati sono riferiti a 352 aziende locali (l’81% del totale), che esprimono una forza lavoro stimata di circa 3.600 dipendenti. L’analisi è aggiornata al 2014, anno per il quale ad oggi risulta un campione consistente di bilanci depositati (i dati del 2015 non sono ancora disponibili).

Ancora più significativo è il dato relativo al saldo tra utili e perdite, positivo fino al 2007: fino ad allora il mercato è stato in grado di accogliere un numero già alto di soggetti e di remunerarli in modo soddisfacente; la conversione al digitale ha generato una spaventosa proliferazione di Marchi/Programmi, che l’attuale mercato non può in alcun modo sostenere.

Negli ultimi sei anni, dal 2008 al 2014, il comparto ha segnato perdite per 340 milioni di euro e non ha risparmiato nessuna regione italiana. Negli scorsi anni lo Studio aveva documentato come le imprese delle aree più ricche del paese riuscivano a riequilibrare il dato nazionale sia in termini di ricavi che di profitti. Nel 2014 nessuna regione presenta un saldo utili/perdite positivo.

Le ricadute in termini occupazionali non sono da meno: nell’ultimo anno gli occupati diretti sono calati del 10,7%, negli ultimi 5 anni si sono persi ben 1.600 posti di lavoro, senza considerare l’impatto sull’indotto.

“A valle della digitalizzazione del segnale trasmissivo, l’emittenza televisiva locale appare ancora sovradimensionata per numero di operatori e canali a scapito della qualità dei servizi offerti e della sostenibilità dell’intero comparto”, commenta Franco Siddi, Presidente di Confindustria Radio Televisioni – Crtv, che indica le nuove sfide che attendono il comparto: ultra HD, convergenza digitale indotta dal piano per la diffusione della banda larga, migrazione della banda 700: “cinque anni sembrano tanti” commenta il Presidente “ma corrono in fretta. Occorre un ‘Piano Paese’, che accompagni e faciliti questo processo anche alla luce dell’esperienza fatta a suo tempo nel passaggio dall’analogico al digitale terrestre”.

Entro il 2020, con una possibile proroga al 2022, le frequenze tv in Italia passeranno dalle attuali 30 a 14.

Secondo Maurizio Giunco, Presidente dell’Associazione delle TV Locali e Vicepresidente CRTV, “l’unica speranza per salvare ciò che rimane del patrimonio tecnico, professionale e del pluralismo e indipendenza informativa rappresentato dalle televisioni locali è riposta nelle Istituzioni, che dovranno concludere il processo di riassetto del settore. A partire dalle nuove regole per l’accesso alle misure di sostegno previste dal Fondo per il pluralismo e l’informazione definito dalla Legge sull’editoria approvata di recente, e attraverso gli emanandi regolamenti. Riassetto che dovrà riconoscere nei fatti il ruolo di servizio pubblico svolto dalle TV Locali informative più performanti”.

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