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Tutti per la Rete unica? Si, ma nessuno dice come. Rispettare le decisioni del Parlamento

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L’uscita di ieri del ministro Roberto Gualtieri sulla vicenda relativa alla rete italiana di telecomunicazioni è stata salutata positivamente da tutti. Si tratta infatti di una presa di posizione importante per varie ragioni. La prima è legata ovviamente al ruolo pesante esercitato dal ministro Gualtieri in seno al governo. La seconda è data dalla concomitanza con la dichiarazione di disponibilità ad investire sulla futura rete italiana da parte del fondo americano Kkr (supportata dal senior advisor Diego Piacentini, già commissario di governo al digitale). La terza è che le dichiarazioni del ministro Gualtieri arrivano a ridosso del Cda di TIM oggi in corso.

Tuttavia a ben vedere non si tratta di una vera e propria novità.

Sono ormai anni che tutti si dicono d’accordo sulla rete unica. Si è dichiarato d’accordo l’attuale governo, come lo erano i due governi precedenti, lo sono tutti i partiti presenti in Parlamento e sono dello stesso parere anche alcuni dei big player presenti sul campo, a partire da CDP, e gli istituti bancari coinvolti nel futuro di TIM.

Il problema è sul come poter arrivare all’obiettivo della rete unica.

E qui sorgono i problemi.

Sul tavolo sono transitate tutte le opzioni possibili: separazione della rete (funzionale o strutturale), TIM che compra la rete di Open Fiber, Open Fiber che compra la rete di TIM, fino alla nascita di una società ad hoc nella quale confluiscano la rete di TIM e Open Fiber.

Tutte soluzioni pesantemente condizionate da due convitati di pietra, che sono lo stato debitorio di TIM e l’alta consistenza di personale, difficilmente sostenibile.

Sul tema, infine, incombono i ruoli, pur differenti, ma convergenti, dell’Unione Europea, di AgCom e dell’Antitrust.

Ma sul tema si è anche espresso il Parlamento italiano nell’autunno 2018, definendo il profilo della rete e accompagnandola con tre caratteristiche: rete pubblica, unica e wholesale only.

Appare pertanto fuori luogo immaginare un assorbimento di Open Fiber in TIM, né tantomeno un ingresso dell’apparato di rete di TIM in Open Fiber.

A questo proposito pesano le parole spese ieri da Franco Bassanini, che ha ricordato come il modello di rete verso cui si debba andare non può che essere quello di una rete facente capo ad un soggetto terzo, da costruire ad hoc ed a cui conferire gli asset di rete di TIM ed Open Fiber, peraltro nel rispetto delle decisioni assunte dal Parlamento.

Un’operazione del genere non può che prevedere un ruolo preponderante di Cassa Depositi e Prestiti, oggi posizionata in un ruolo velatamente confliggente di azionista di Open Fiber e TIM a un tempo.

Fuori dagli equivoci.

La rete serve al Paese e il suo futuro non può rimanere impantanato in un vicolo cieco come lo è da lunghi anni.

Il Parlamento su questo tema, come abbiamo ricordato, si è già espresso e senza equivoci, votando a favore di una rete pubblica, unica e wholesale only, per assicurare parità di accesso a tutti i soggetti di mercato.

Il governo, da parte sua, ha il potere/dovere di controllare ed eventualmente esercitare i poteri di golden power che la legge gli riconosce.

Difficile immaginare in questo contesto un ruolo preponderante di Kkr,come riporta la stampa da qualche giorno, ed è altrettanto difficile immaginare che il Cda di TIM si possa ragionevolmente discostare dai requisiti qui sommariamente esposti.

Vedremo che cosa succederà nelle prossime ore e nei giorni a seguire.

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