Trump annuncia dazi sui film esteri: “Hollywood deve rinascere in America”
In un nuovo atto della sua controversa politica tariffaria, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato l’intenzione di imporre dazi del 100% sui film girati fuori dagli USA. Definendo la questione come una minaccia alla sicurezza nazionale, Trump ha dichiarato che l’industria cinematografica americana sta “morendo a vista d’occhio” per colpa della concorrenza straniera.
Sul social di famiglia, Truth Social, Trump ha accusato altri Paesi di offrire incentivi ingiusti per attrarre produzioni cinematografiche. “È, oltre tutto, propaganda e manipolazione dei messaggi!”, ha scritto, aggiungendo: “Vogliamo che i film siano girati di nuovo in America!”
Come riportato dalla BBC, Trump ha quindi autorizzato il Dipartimento del Commercio e il Rappresentante per il Commercio ad avviare le procedure per applicare dazi anche in questo settore. Il Segretario al Commercio Howard Lutnick ha confermato: “Ce ne stiamo occupando”, anche se i dettagli tecnici rimangono vaghi.
L’industria del cinema internazionale reagisce con preoccupazione
I nuovi dazi arrivano in un momento delicato per l’industria globale, ancora in fase di ripresa dopo la pandemia e un rallentamento generale della produzione. Paesi come Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda — che attraggono molte produzioni grazie a incentivi fiscali — potrebbero essere i più colpiti.
Philippa Childs, a capo del sindacato britannico Bectu, ha parlato di un potenziale “colpo del KO” per il settore. “Il governo deve agire rapidamente per proteggere questo comparto vitale”, ha dichiarato alla BBC.
Timothy Richards, fondatore della catena di cinema Vue, ha sollevato dubbi su come sarà definito un film “americano”: “Contano i finanziamenti? Il regista? Gli attori? Il luogo delle riprese?”, ha detto a BBC Radio 4.
Streaming e coproduzioni nel mirino
Non è chiaro se i dazi si applicheranno anche ai film disponibili in streaming su piattaforme come Netflix, o solo a quelli distribuiti nei cinema. L’incertezza riguarda anche le produzioni americane girate all’estero, come i film di successo “Wicked“, “Deadpool & Wolverine” o “Gladiator II“.
L’ambiguità normativa sta già generando ansia nel settore, mettendo a rischio le collaborazioni internazionali, il casting globale e le produzioni in location estere, ormai essenziali per sostenere i costi.
Le prime reazioni diplomatiche
I governi di Australia e Nuova Zelanda hanno subito difeso le rispettive industrie cinematografiche. Il ministro australiano Tony Burke ha affermato: “Difenderemo senza esitazioni i diritti del nostro settore audiovisivo”.
Anche il premier neozelandese Christopher Luxon ha promesso massimo sostegno all’industria locale.
La Cina, già coinvolta in tensioni commerciali con gli USA, ha annunciato a sua volta la riduzione delle quote di importazione di film americani, accusando gli Stati Uniti di abuso dei dazi.
Hollywood a un bivio
Nonostante le difficoltà, gli Stati Uniti restano un colosso della produzione cinematografica mondiale, con 14,54 miliardi di dollari investiti nel 2024 secondo il centro studi ProdPro — un calo del 26% rispetto al 2022. Intanto, Paesi come Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda hanno registrato un aumento degli investimenti.
Trump, per promuovere la rinascita di Hollywood, ha nominato tre attori — Jon Voight, Mel Gibson e Sylvester Stallone — come “ambasciatori speciali” del settore. “Riporteranno indietro Hollywood, che ha perso tanto lavoro negli ultimi quattro anni, più grande, migliore e più forte che mai!“, ha scritto.
Tuttavia, senza linee guida chiare e il consenso dell’industria, questa strategia rischia di danneggiare proprio il settore che pretende di salvare, un’industria che si era appena ripresa dal duro colpo della pandemia e dalle proteste sindacali dell’anno scorso.