Il programma

Trump riparte dalle città: dai ponti alle tlc, 1000 miliardi di dollari per le infrastrutture

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Così l’America tornerà grande, nella visione del nuovo Presidente degli Stati Uniti: creando milioni di posti di lavoro e detassando le imprese che investiranno in infrastrutture. Ma una città è fatta di altro, di aree verdi, socialità, inclusione e qualità della vita.

Il 20 gennaio Donald Trump sarà il nuovo inquilino della Casa Bianca. Dopo essere diventato ufficialmente il 45° Presidente degli Stati Uniti, tocca a lui prendere la residenza al 1600 di Pennsylvania Avenue, a Washington.

Tralasciando proteste, critiche e gaffe, che già da tempo riguardano l’operato del nuovo Presidente, a non passare inosservate sono le sue prime dichiarazioni programmatiche, tra cui il piano per le infrastrutture critiche del Paese.

A partire dalle città, infatti, Trump ha intenzione di investire 1000 miliardi di dollari in progetti che riguarderanno vie di comunicazione, ponti, trasporti, sistemi idrici e altro ancora.

Un piano quadriennale, secondo quanto riportato da Business Insider, tra i più importanti degli ultimi decenni, sia per spesa, sia per imponenza dei lavori. Previsti anche tagli consistenti alle tasse per le imprese e gli investitori che aderiranno all’iniziativa, per oltre 140 miliardi di dollari.

Andando a dare un’occhiata al programma ufficiale che Trump ha presentato alle passate elezioni, “America’s Infrastructure First”, due sono gli elementi chiave: detassare le imprese e creare nuovi posti di lavoro sfruttando risorse pubbliche.

Un modello di sviluppo molto tradizionale, che poco o per niente guarda all’innovazione e la sostenibilità (solo un accenno a telecomunicazioni e digitale, assolutamente nulla per l’ambiente e il sociale).

Si legge di una nuova opportunità per l’America “di tornare grande ancora”, puntando tutto sull’industria pesante e manifatturiera, grazie a cui costruire nuove infrastrutture e dove possibile innovare quelle preesistenti, rendendo più efficiente il settore dei trasporti e quello dei servizi idrici, assicurando autonomia energetica e consentire quindi nuovo sviluppo al Paese.

Ci sono 60 mila ponti da rifare nel Paese”, si legge nel programma, e “i ritardi nel traffico quotidiano ci costano 50 miliardi di dollari l’anno”. “Il 70% delle strade degli Stati Uniti – continua il documento – sono da rifare completamente”, mentre “2000 sistemi idrici” sono ridotti ad un colabrodo, con conseguente contaminazione dell’acqua.

Città, aeroporti, porti navali, ferrovie, sono tanti i settori e le aree di intervento su cui focalizzare l’attenzione, ma secondo il nuovo Presidente è questa la strada da percorrere per stimolare la crescita. Molto meno chiaro è quanto abbia intenzione di fare in termini di efficienza energetica e sostenibilità ambientale, visto che a quanto pare è sua intenzione puntare forte sui combustibili fossili e relative infrastrutture (Trump è già noto come ‘negazionista dei cambiamenti climatici’), piuttosto che sulle fonti energetiche rinnovabili, la green economy e le clean technologies (le tecnologie pulite).

Senza contare, infine, che non si fa la minima concessione a chi chiede a gran voce più soldi per l’emergenza abitativa, per parchi e aree verdi in città, per realizzare aree pedonali e zone libere da automobili, per le piazze, i centri culturali e l’innovazione sociale.