Finestra sul mondo

Trump minaccia nuovi dazi a 200 miliardi di dollari di merci cinesi, Boom di rifugiati nel 2017, La Spagna al voto nel 2020

di Agenzia Nova |

Poteri, economia, finanza e geopolitica nelle ultime 24 ore.

Finestra sul mondo è una rubrica quotidiana con le notizie internazionali di Agenzia Nova pubblicate in collaborazione con Key4biz. Poteri, economia, finanza, lette in chiave di interdipendenza con un occhio alla geopolitica. Per consultare i numeri precedenti, clicca qui.

Usa-Cina, Trump minaccia nuovi dazi a 200 miliardi di dollari di merci cinesi

19 giu 10:53 – (Agenzia Nova) – Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha sferrato un nuovo attacco alla Cina nel contesto delle crescenti tensioni commerciali tra i due paesi. Il presidente ha ordinato ieri al Rappresentante del commercio di individuare altri 200 miliardi di dollari di merci cinesi da sottoporre a ulteriori dazi del 10 per cento. Trump ha descritto l’iniziativa come una risposta a Pechino, che due giorni fa ha annunciato a sua volta l’imposizione di tariffe del 25 per cento a 50 miliardi di dollari di merci Usa. La Cina, ha accusato Trump, ha dimostrato di essere determinata a “mantenere gli Stati Uniti in una situazione di svantaggio permanente e iniquo”. “Dopo il completamento del necessario processo legale, le tariffe entreranno in vigore se la Cina rifiutera’ di mutare le proprie pratiche, e se insistera’ nell’imposizione delle nuove tariffe che ha recentemente annunciato”, ha detto il presidente Usa. Il governo statunitense contesta alla Cina la violazione ella proprieta’ intellettuale Usa, e pratiche protezionistiche che contribuiscono all’enorme deficit commerciale degli Stati Uniti nei confronti della prima Economia asiatica: oltre 370 miliardi di dollari. Le nuove tariffe annunciate da Pechino sono a loro volta una rappresaglia alle tariffe del 25 per cento imposte da Washington a 50 miliardi di dollari di merci cinesi: un provvedimento che Trump ha approvato venerdi’ scorso.

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Usa, Casa Bianca accusa nuovamente i Democratici di essere responsabili della separazione dei bambini migranti dai genitori

19 giu 10:53 – (Agenzia Nova) – La Casa Bianca ha ribadito oggi le responsabilita’ dei Democratici in merito alla politica di separazione forzata, adottata da parte dell’amministrazione statunitense, dei minori di immigranti clandestini provenienti dal Messico. Il portavoce della Casa Bianca, Hogan Gidley, e’ intervenuto oggi a “Fox & Friends” ribadendo che quanto sta accadendo e’ responsabilita’ dei Democratici, e che e’ necessario intervenire modificando la legge per porre fine alle separazioni che sono state ampiamente documentate in televisione negli ultimi giorni. Per i migranti che tentano di attraversare il confine tra Messico e Stati Uniti e’ previsto infatti l’arresto mentre i loro figli vengono trasferiti in centri gestiti dai servizi sociali. “E’ straziante” vedere cosa sta succedendo, ha affermato Gidley, aggiungendo che a Trump “non piace, ma capisce anche che e’ una legge dello Stato” e che deve essere applicata. Gia’ la scorsa settimana il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva accusato i Democratici di essere i veri artefici della “legge strappa-minori” mentre l’opposizione grida alla menzogna perche’ la norma in questione sarebbe invece assai piu’ selettiva e applicabile solo in caso di sospetto traffico di essere umani. Secondo la “Washington Post”, le separazioni in atto al confine derivano dalla politica di “tolleranza zero” annunciata il mese scorso dal procuratore generale Jeff Sessions. Trump e’ tornato anche oggi ad accusare su Twitter i Democratici dell’attuale stato delle cose e li ha esortati ad accettare un piu’ ampio programma sull’immigrazione che include i finanziamenti al muro con il Messico e altre priorita’ della Casa Bianca.

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Le compagnie petrolifere di fronte ad un dilemma di “vita o morte”

19 giu 10:53 – (Agenzia Nova) – Le grandi compagnie petrolifere internazionali si trovano oggi davanti ad un dilemma di “vita o morte”: lo sostiene il quotidiano economico britannico “The Financial Times”, in una approfondita analisi delle principali tendenze del mercato dei prodotti energetici pubblicata in prima pagina oggi martedi’ 19 giugno. Emerse da poco dalla dura crisi dei loro profitti provocata dal crollo dei prezzi petroliferi, oggi che i valori sono in rialzo le “major” del petrolio si trovano, secondo l’analisi dei giornalisti David Sheppard e Anjli Raval, di fronte ad una sfida ancora piu’ decisiva: se, cioe’, investire oppure no negli idrocarburi in un momento in cui le preoccupazioni per il loro impatto sui cambiamenti climatici potrebbero provocare il raggiungimento del limite massimo della domanda gia’ negli imminenti anni ’20. Sotto la pressione degli investitori e costrette dalla necessita’ di ridurre i costi di produzione dopo il dimezzamento dei prezzi petroliferi nel 2014, le grandi compagnie hanno per la maggior parte abbandonato i grandi investimenti in mega-progetti del tipo dell’esplorazione delle risorse del Mar Artico o dello sfruttamento delle sabbie bituminose del Canadian. Le “major” hanno invece immesso piu’ capitali in progetti di breve respiro, in grado di produrre rapidi profitti; e soprattutto nelle energie rinnovabili, spinte dal timore che l’avvento dei veicoli elettrici possa intaccare il predominio degli idrocarburi: emblematica in tal senso e’ la dichiarazione del presidente esecutivo di Shell, Ben van Beurden, secondo cui la sua societa’ ora e’ una “compagnia per la transizione energetica”, impegnata quindi verso un sistema economico globale a bassa emissione di anidride carbomica. Una presa di posizione che arebbe stata impensabili finoa pochi anni fa. Il problema ora pero’, scrive il “Financial Times” e’ che molti temono che l’industria petrolifera stia sbagliando i suoi calcoli: se le grandi compagnie voltano le spalle al grandi progetti petroliferi e gassiferi prima che la domanda mondiale di energia sia pienamente soddisfatta dalle misure per l’efficienza energetica, dallo sviluppo delle energie rinnovabili, dalla diffusione delle auto elettriche e dagli sforzi per risparmiare i carburanti fossili, allora il risultato potrebbe essere un crollo dell’offerta ed un conseguente rapido aumento dei prezzi dell’energia. E questo, conclude il quotidiano della City di Londra, sarebbe un grosso problema per l’intera econoia globale.

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Nuovo record di rifugiati, nel 2017 superati i 68 milioni

19 giu 10:53 – (Agenzia Nova) – Conflitti, persecuzioni, terrorismo, fame continuano a colpire con durezza una parte della popolazione mondiale costringendola a lasciare la propria terra e cercare speranza altrove. E’ quanto emerge da “Tendenze globali”, lo studio condotto dall’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati secondo cui, nel 2017, e’ stato raggiunto il nuovo record di 68,5 milioni di persone. Lo rende noto oggi “El Pais”, ricordando che nel 2016 i rifugiati erano 2,9 milioni in meno. I siriani sono ancora una volta i protagonisti di questa drammatica foto, con 6,3 milioni di rifugiati e 6,2 milioni di persone costrette a spostarsi pur rimanendo entro i confini nazionali. Ad ingrossare le file dei disperati, anche i cittadini di Myanmar, Repubblica democratica del Congo e Sudan del Sud, i tre Paesi che nel corso dello scorso anno hanno vissuto un drammatico deterioramento della situazione interna. “Non si tratta di nuovi conflitti ma del fatto che il 2017 sia stato un anno particolarmente cruento”, ha spiegato la portavoce dell’organizzazione in Spagna, Maria Jesus Vega.

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Spagna, Sanchez confessa l’intenzione di andare al voto nel 2020

19 giu 10:53 – (Agenzia Nova) – Il neo presidente spagnolo, Pedro Sanchez, scopre le carte e confessa di voler “concludere la legislatura” e andare al “voto nel 2020”. E’ quanto si legge oggi sul quotidiano “El Pais” che riprende un’intervista rilasciata a Tve, la prima da quando il socialista e’ arrivato alla Moncloa lo scorso 2 giugno. Prima di tornare alle urne, ha detto, “vorrei portare a termine un processo di normalizzazione” che prevede di “governare con il Parlamento e non contro di esso” e in concerto con le Comunita’ autonome. Il tutto, ha aggiunto, “per tornare alla normalita’ e rigenerare le istituzioni” dopo i 7 anni di governo di centrodestra. Parlando della riforma del lavoro, Sanchez ha ammesso di non aver la maggioranza per un’eventuale deroga ma ha promesso di “ritoccare” alcuni articoli particolarmente “lesivi” per i lavoratori. Il presidente ha poi rivelato di voler mettere fine alla tradizione che vuole che tutti i presidenti spagnoli si rechino in Marocco in occasione del primo viaggio internazionale. Approfittando della crisi migratoria, il socialista pensa infatti di intraprendere un tour in varie capitali europee con l’obiettivo di concordare una politica comune. La prima tappa e’ prevista per sabato prossimo a Parigi, seguiranno Berlino e Lisbona. In riferimento alla spinosa questione dell’unita’ nazionale, il capo dell’Esecutivo ha definito “ragionevole” che gli indipendentisti arrestati siano trasferiti nelle carceri catalane ma, allo stesso tempo, ha precisato che la decisione spettera’ al giudice del Tribunale supremo che si occupa del caso. Interrogato sul caso dei prigionieri dell’Eta, detenuti a chilometri di distanza dai Paesi Baschi, il presidente ha puntualizzato che si tratta di una questione “completamente diversa” perche’ si tratta di persone che stanno scontando “pene definitive”. Fra i temi toccati durante l’intervista, anche quello relativo alla possibile riesumazione dei resti del generale Francisco Franco. “Dopo 40 anni, questo dibattito non puo’ che giungere ad una semplice riflessione: la Spagna non puo’ permettersi simboli che separano gli spagnoli”, ha affermato Sanchez. Il presidente ha poi confermato che venerdi’ prossimo assistera’, insieme al Re, alla inaugurazione dei Giochi del Mediterraneo a Tarragona, dove spera di poter incontrare il leader catalano, Quim Torra. In materia di economia, Sanchez ha confermato che fra le priorita’ del suo Governo si annoverano la “redistribuzione della crescita economica” e il contrasto delle differenze salariali fra uomini e donne.

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Gran Bretagna, rischio di scontro politico se la Raf decidera’ di acquistare gli aerei da sorveglianza Boeing senza gara d’appalto

19 giu 10:53 – (Agenzia Nova) – La Gran Bretagna sta per annunciare la scelta per la sostituzione della sua flotta di velivoli per la sorveglianza aerea, una decisione che secondo il quotidiano “The Times” non manchera’ di suscitare polemiche: la Royal Air Force (Raf), infatti, sembra orientata ad acquistare da 4 a 6 esemplari del modello E-7 “Wedgetail” prodotto dall’industria aeronautica statunitense Boeing, per un costo valutato tra i 2 ed i 3 miliardi di sterline (2,3-3,5 miliardi di euro, ndr), senza una preventiva gara di appalto; e questo, prevede il giornale, non manchera’ di suscitare le proteste della concorrenza, come il gigante europeo Airbus o la societa’ canadese Bombardier che ha una fabbrica nell’Ulster (l’Irlanda del Nord britannica). Gli attuali sei velivoli Sentry E-3D di cui e’ dotata la Raf, il cui compito e’ il coordinamento dall’alto delle operazioni aeree, sono praticamente giunti al termine della loro vita operativa, anche a causa dei tagli di bilancio che negli anni ne hanno impedito una completa manutenzione ed il necessario ammodernamento. Secondo le informazioni raccolte dal “Times”, la decisione di acquistare gli E-7 “Wedgetail” della Boeing potrebbe essere presa prima della fiera internazionale dell’aeronautica, che si terra’ alla meta’ di luglio a Farnborough, nei pressi di Londra, e dopo la visita ufficiale che il presidente degli Stati Uniti compira’ all’inizio del mese prossimo in Gran Bretagna: in tal modo, secondo le fonti governative citate dal giornale, l’esecutivo britannico guidato dalla premier Theresa May intende sottolineare il forte legame Regno Unito-Usa, anche in materia di scambi commerciali e di cooperazione nell’industria della difesa. La scelta tuttavia rischia di provocare uno scontro politico: il “Times” prevede che la decisione di acquistare senza gara d’appalto gli aerei prodotti dalla Boeing sara’ contestata dal Partito democratico dell’Ulster (Dup), che gia’ in passato ha strenuamente difeso la fabbrica Bombardier che a Belfast, in Irlanda del Nord, da’ direttamente lavoro a 4 mila dipendenti ed a diverse altre migliaia nell’indotto; ed i sei deputati del Dup sono essenziali, ricorda il giornale, al Parlamento britannico di Westminster per la sopravvivenza del governo conservatore della May. Il deputato unionista Gavin Robinson, membro della commissione Difesa alla Camera dei Comuni, ha definito “un errore” l’eventuale scelta a favore di Boeing. L’industria statunitense da parte sua si e’ detta felice di “lavorare mano nella mano con il governo e l’industria della Gran Bretagna per fornire alla Royal Air Force questa importante risorsa”. Il ministero della Difesa invece ha rifiutato di commentare l’intera vicenda, affermando che si tratterebbe solo di “pure speculazioni”.

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Francia, il presidente dei Repubblicani impone la sua linea all’interno del partito

19 giu 10:53 – (Agenzia Nova) – Dopo aver cacciato la vice-presidente del partito, Virginie Calmels, il leader dei Repubblicani, Laurent Wauquiez, serra i ranghi e rafforza la leadership all’interno della sua famiglia politica. La stampa d’oltralpe e’ unanime nel sottolineare la “battaglia” interna alla destra francese che fa emergere le divisioni e le varie correnti. Wauquiez ha confermato la sua linea, orientata “molto a destra” su temi come l’immigrazione o la difesa della famiglia. In molti, pero’, temono che il partito possa ripiegarsi su se’ stesso, soprattutto a causa della linea autoritaria del suo leader. Tra i principali oppositori di Wauquiez c’e’ Valerie Pe’cresse, attuale presidente della regione dell’Ile-de-France, che nei giorni scorsi ha sottolineato “il pericolo” di un “restringimento” del partito. Secondo un sondaggio pubblicato a febbraio, Wauquiez viene definito come “autoritario” da piu’ della meta’ dei francesi. Il leader dei Repubblicani non riesce a costruire una vera opposizione al presidente francese, Emmanuel Macron. Secondo un sondaggio condotto a maggio per “Le Figaro”, il 53 per cento dei simpatizzanti dei Repubblicani ha simpatie per l’attuale capo dello Stato francese. Con una linea dura sull’immigrazione e una posizione euroscettica, Wauquiez si ritrova nello stesso campo di Marine Le Pen, leader del Rassemblement National (ex Front National).

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Ue, Francia e Germania di fronte alla crisi migratoria che rallenta il loro slancio europeo

19 giu 10:53 – (Agenzia Nova) – La crisi migratoria frena lo slancio europeo del presidente francese, Emmanuel Macron, e del cancelliere tedesco, Angela Merkel. E’ quanto afferma “Le Figaro”, sottolineando che i due leader cercheranno di raggiungere un’intesa durante il tradizionale summit annuale franco-tedesco che si terra’ oggi in Germania. Macron “non puo’ permettersi di perdere il suo alleato” di Berlino, sempre piu’ in difficolta’ dopo che il ministro dell’Interno tedesco, Horst Seehofer, minaccia una crisi politica interna se non verranno riportati al confine tutti i migranti. Merkel e Macron hanno previsto un colloquio di circa quattro ore per stabilire una road map in vista del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno. Il dossier migratorio rappresenta la priorita’ in questo momento. “Non pensiamo che una soluzione nazionale possa regolare queste difficolta’” afferma l’Eliseo commentando la linea che verra’ adottata. I due leader europei parleranno poi del nuovo governo italiano, dopo che entrambi hanno incontrato il premier Giuseppe Conte. Sul tavolo anche la riforma della zona euro, con Macron che sara’ costretto a rivedere alcune sue proposte, come quella di un ministro delle Finanze comune. Il presidente francese e il cancelliere tedesco dovranno “fare blocco in un’Europa minata dalla crisi e minacciata dai populisti”, afferma il quotidiano.

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Germania, giornata decisiva per il cancelliere Merkel

19 giu 10:53 – (Agenzia Nova) – Il cancelliere tedesco, la cristiano democratica Angela Merkel, ha affrontato due importanti ostacoli nella disputa sulle politiche d’asilo lo scorso lunedi’: uno all’interno del suo governo e uno in politica estera. I comitati esecutivi di Cdu e di Csu si sono incontrati in sessioni separate nella mattinata di ieri, mentre la sera c’e’ stato l’incontro con il nuovo presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte. Il ministro dell’Interno cristiano sociale Horst Seehofer, impegnato in un muro contro muro con Merkel sulle politiche in materia di immigrazione, nel fine settimana aveva dichiarato alla “Frankfurter Allgemeine Zeitung”: “La posta in gioco e’ la coesione europea, cosi’ come la coesione in Germania. La situazione e’ seria, ma e’ gestibile”. Alla “Bild am Sonnatag” aveva ribadito: “Nessuno nella Csu e’ interessato a rovesciare il cancelliere, a sciogliere l’alleanza Cdu/Csu rompendo la coalizione. Vogliamo finalmente una soluzione sostenibile per il respingimento dei rifugiati alle nostre frontiere”. Alla fine delle riunioni il ministro bavarese ha concesso al cancelliere due settimane di tempo, fino alla fine di giugno, per giungere a un accordo interno all’Unione che consenta una gestione piu’ rigorosa dei flussi migratori e delle politiche di asilo. In serata Merkel ha invece incontrato il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte, con cui ha discusso un accordo bilaterale proprio in materia di immigrazione. Il nuovo governo populista di Roma e’ tuttavia piu’ vicino alle posizioni di Seehofer. Il ministro dell’Interno italiano Matteo Salvini, leader della Lega, detta la linea del governo italiano in materia di immigrazione, come ha dimostrato con il caso della nave Aquarius, cui ha negato l’attracco nei porti italiani. Conte ha detto che e’ necessario un “cambio di paradigma radicale”, ribadendo l’inadeguatezza della politica europea. Il governo federale conduce anche “colloqui con diversi Stati membri e la Commissione” su possibili accordi bilaterali in connessione con il respingimento dei rifugiati al confine, ha detto un portavoce del governo a Berlino. Il futuro del governo federale, e dell’Unione, dipende dal successo dei colloqui con Conte, Macron e gli altri partner europei.

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Lorenzo Bini Smaghi, un’eurozona fragile non e’ nell’interesse dell’Italia

19 giu 10:53 – (Agenzia Nova) – Lorenzo Bini Smaghi e’ stato membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea (Bce) per sei anni. Dal 2016 e’ presidente della banca francese Societe’ Generale. In una lunga intervista rilasciata al quotidiano tedesco “Handelsblatt” ha parlato a 360 gradi del nuovo governo italiano, dell’Europa e delle prospettive future. Secondo l’economista non ci saranno particolari conflitti fra il governo di Roma e Bruxelles, perche’ il primo terra’ sempre in considerazione il rapporto con i mercati che, a loro volta, sono interessati alla disciplina di bilancio. Circa il 70 per cento del debito italiano e’ in mano ad investitori nazionali, il che e’ un fattore di stabilizzazione, secondo l’economista. Sicuramente il governo chiedera’ piu’ spazio di manovra per aumentare gli investimenti pubblici. Purtuttavia rimangono importanti le riforme strutturali. La fine del quantitative easing della Banca centrale europea (Bce), sostiene Bini Smaghi, non comportera’ per il sistema bancario italiano esiti differenti rispetto a quelli degli altri paesi dell’eurozona. Un certo aumento della curva dei rendimenti fa bene ai profitti delle banche, se opera in un contesto economico favorevole. L’importante, ha sottolineato a questo proposito l’economista, e’ adottare un approccio graduale. Per quanto riguarda le tensioni politiche sull’immigrazione, esse testimoniano, secondo Bini Smaghi, il fatto che l’Europa non puo’ aspettare la prossima crisi per completare la sua architettura. In assenza di decisioni, l’eurozona rimane fragile, e questo sicuramente non e’ nell’interesse dell’Italia. Pertanto occorre portare a termine l’unione bancaria, attraverso la libera circolazione dei capitali e attraverso il flusso di liquidita’. Poi occorre che si attuino le assicurazioni di deposito congiunte. Inoltre e’ necessario portare a termine l’unione dei mercati dei capitali e il Meccanismo europeo di stabilita’ (Mes). In particolare l’unione dei mercati dei capitali frena i rischi e li distribuisce meglio nella zona euro. Per far cio’ occorre che ci sia l’unione bancaria. In tutto cio’ un ruolo chiaro e indispensabile spetta a Germania e Francia.

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