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Trump in Medio Oriente, La vittoria di Sanchez in Spagna, Regno Unito pronto ad abolire tasse universitarie, Italia un marchio da valorizzare

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Medio Oriente, i preparativi per la visita del presidente Usa espongono le divisioni politiche a Tel Aviv

22 mag 11:40 – (Agenzia Nova) – I preparativi per l’arrivo oggi a Israele del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, sono degenerati in una gazzarra politica, scrive il “New York Times”, che sottolinea la differenza con la “pomposa cerimonia di accoglienza” riservata all’inquilino della Casa Bianca da Riad. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu, riferisce il quotidiano israeliani “Haaretz”, “ha dovuto furiosamente ordinare ai suoi ministri” di presenziare alla cerimonia per l’arrivo dell’Air Force One nel paese, dopo aver appreso che diversi membri del gabinetto intendevano disertare, data l’assenza di una parentesi mediatica per le strette di mano con il presidente Usa. Netanyahu ha dovuto lottare domenica anche con i ministri di destra del governo, durante un consiglio dei ministri tenutosi ieri. I ministri, scrive il “New York Times”, si opponevano “alle pur modeste misure di agevolazione dell’economia palestinese e miglioramento delle condizioni” nei territori occupati, necessarie a riavvicinare Israele e leadership palestinese al tavolo dei negoziati, come auspicato dal presidente Usa. Trump – ricorda il quotidiano – ha espresso l’ambizione di negoziare un “accordo definitivo” per la pace in Medio Oriente: un obiettivo che ha eluso due generazioni di presidenti statunitensi e una lunga lista di mediatori internazionali. In pochi ritengono che la visita di 36 ore di Trump a Israele e alla Cisgiordania produrra’ davvero svolte significative sul piano diplomatico; e’ vero pero’ che “ne’ Netanyahu, ne’ il leader dell’Autorita’ palestinese, Mahmoud Abbas, vogliono rischiare di contrariare il presidente degli Stati Uniti, o di essere additati parte scettica di fronte all’obiettivo di riprendere i negoziati di pace interrotti”. Trump incontrera’ Abbas martedi’ a Betlemme, in un contesto particolarmente teso: lo sciopero della fame dei detenuti palestinesi nelle carceri israeliane, infatti, e’ giunto alla sua sesta settimana, e negli ultimi giorni le manifestazioni dei palestinesi a sostegno dei detenuti sono divenute violente, culminando giovedi’ scorso nella prima vittima degli scontri con le forze dell’ordine. Sul fronte israeliano, Netanyahu ha annunciato l’intenzione di discutere con Trump un ulteriore rafforzamento dell’alleanza tra i rispettivi paesi, e poi si e’ rivolto in inglese direttamente a Trump: “Signor presidente, attendiamo la sua visita. I cittadini di Israele l’accoglieranno a braccia aperte”. Il continuo mutamento dei preparativi logistici, e le recenti schermaglie diplomatiche con gli Usa in merito a questioni delicate, come la sovranita’ su Gerusalemme Est e sul Muro del Pianto, lasciano pero’ trasparire una situazione assai piu’ tesa di quanto suggerito dalle parole del premier; tanto che alcuni media israeliani parlano gia’ di una visita “isterica”, anziche’ “storica”.

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Medio Oriente: Trump esorta il Mondo arabo a combattere l’estremismo

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha concluso ieri la prima tappa di un viaggio ufficiale – il primo del suo mandato – che lo portera’ a visitare, dopo l’Arabia Saudita, anche Israele, Italia, Santa Sede e Belgio. Nel corso della sua visita a Riad, Trump ha rivolto un appello al Mondo arabo a contrastare con forza “la crisi dell’estremismo islamico”. Rivolgendosi ai leader di diverse decine di paesi musulmani riuniti nella capitale saudita, Trump ha avvertito che il mondo arabo condivide con gli Usa la responsabilita’ morale e finanziaria di contrastare le derive estremistiche della Fede islamica. “I paesi a maggioranza musulmana devono assumere la leadership nella lotta alla radicalizzazione”, ha detto Trump, che ha definito quella contro il terrorismo di matrice islamica “una battaglia del bene contro il male”. I paesi mediorientali, ha avvertito l’inquilino della Casa Bianca, non possono limitarsi ad attendere l’intervento degli Stati Uniti, perche’ hanno di fronte “una scelta tra due futuri. Ed e’ una scelta che gli Stati Uniti non possono compiere al posto vostro”. Nel corso del suo intervento, Trump si e’ scagliato duramente contro l’Iran, che ha definito “la punta di lancia del terrorismo globale” ed ha accusato di contribuire alla destabilizzazione della Siria. Teheran, ha detto il presidente Usa, “e’ uno Stato che parla apertamente di sterminio di massa, invocando la distruzione di Israele e degli Stati Uniti d’America, e la rovina per molti leader e paesi riuniti oggi in questa stessa stanza”. Trump ha elogiato la cooperazione tra le nazioni musulmane, citando ad esempio il ruolo dei piloti giordani nella campagna aerea contro lo Stato islamico in Iraq e Siria, il sostegno garantito dalle forze curde a quelle statunitensi a Mosul e quello dei militari afgani contro l’offensiva talebana in quel paese. Piu’ tardi, nel corso della giornata, Trump ha firmato una serie di accordi economici e militari, incluso un contratto decennale da 110 miliardi di dollari per la vendita di sistemi d’arma all’Arabia Saudita. L’esordio del presidente Trump sulla scena internazionale riceve giudizi tiepidi sulle pagine dei principali quotidiani statunitensi; emblematico il giudizio del “New York Times”, secondo cui “poteva andare peggio”: Trump, argomentano gli opinionisti Mustafa Akyol e Wajahat Ali, secondo cui Trump non ha sfruttato il suo discorso a Riad “come misura correttiva delle sue precedenti dichiarazioni anti-islamiche”, ma almeno “non ha detto nulla di profondamente offensivo”. Meno ostile, al solito, il parere del “Wall Street Journal”, che in un editoriale non firmato si interroga se la visita di Trump possa coincidere con un “reset” della politica Usa nel Medio Oriente. La tempistica e’ indicativa, sottolinea il quotidiano: il discorso del presidente Usa “chiude un ciclo di otto anni di apertura all’Iran” da parte del predecessore Barack Obama. La rielezione di Hassan ROhani a presidente iraniano, scrive il quotidiano Usa, garantira’ probabilmente il rispetto degli accordi sul nucleare del 2015, ma e’ sullo “sfruttamento dei margini dell’accordo”, specie per quanto riguarda il programma balistico iraniano, che si giochera’ la partita strategica tra i principali attori dello scacchiere geopolitico mediorientale.

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Brasile, dall’ordine degli avvocati la minaccia piu’ dura alla presidenza Temer

22 mag 11:40 – (Agenzia Nova) – La resistenza di Michel Temer alla guida del Brasile appare un’impresa sempre piu’ ardua. Utilizzando il potere che la Costituzione brasiliana conferisce a qualsiasi privato o gruppo sociale, il potente Ordine degli avvocati brasiliano (Oab) ha aggiunto la propria voce di dissenso consegnando al parlamento una richiesta di impeachment per il presidente. Si tratta del dodicesimo fascicolo del genere aperto su Temer, ma di quello piu’ “pesante” dal punto di vista politico, considerata la eco di cui gode l’Oab. Gli avvocati, senza distinzioni politiche e con un documento approvato con 25 voti a favore e uno solo contrario, vedono nel comportamento del presidente chiari indizi di reato. E la fine potrebbe essere quella riservata all’ex capo di Stato Dilma Roussef, il cui impeachement – anche questo appoggiato un anno fa dalla Oab – garanti’ il seggio piu’ alto allo stesso Temer, allora vicepresidente. I motivi delle dimissioni sono negli audio registrati di nascosto dal presidente della Jsb – nota industria di carni – Joesley Batista. Il colloquio con Temer sembra svelare la complicita’ di questi in diverse trame criminali: all’imprenditore che vantava di avere due giudici e un procuratore a libro paga il capo di Stato risponde “magnifico, magnifico”. E quando Batista ricorda di pagare uno “stipendio” mensile all’ex presidente della Camera dei deputati Eduardo Cunha in cambio del silenzio su verita’ scottanti, dalla bocca del presidente esce un “occorre continuare”. Gli avvocati segnalano che Temer avrebbe dovuto quanto meno avvertire immediatamente la giustizia, il presidente dice che non aveva dato peso alle parole di un “fanfarone”. L’ordine professionale rimprovera a Temer anche il fatto di aver ricevuto Batista nella residenza presidenziale, facendolo entrare attraverso il garage e senza neanche registrarlo. Il nuovo colpo rischia di indebolire ulteriormente il gia’ precario sostegno di cui Temer gode in parlamento e nell’esecutivo. Al momento le defezioni sono quelle di un ministro e di tre partiti minori, ma le cattive notizie possono venire del principale alleato del capo di Stato, il Partito socialdemocratico (Psdb), nelle cui fila si fa largo la richiesta di dimissioni. Temer ribadisce la sua intenzione di rimanere al suo posto e ha chiesto al Supremo tribunal federal di valutare la sospensione di un processo istruito su una prova viziata da irregolarita’ e chiaramente “manipolata”. L’ex presidente Inacio Luis Lula da Silva, sempre piu’ determinato a ricorrere alla guida del paese, chiede dimissioni immediate ed elezioni dirette (la Costituzione, nel caso di abbandono di un presidente a meno di due anni dall’incarico, potrebbe richiedere l’elezione al Parlamento). La richiesta di dimissioni si rovescia anche nelle piazze seppur in manifestazioni che non sembrano ripetere il richiamo mostrato tante volte nella crisi che da mesi attraversa il paese scosso dalle inchieste sulla corruzione.

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Spagna, Pedro Sanchez sconfigge i pronostici e torna alla guida del Psoe

22 mag 11:40 – (Agenzia Nova) – Una volta di piu’, i sondaggi hanno sbagliato. E una volta di piu’, a vincere sono le posizioni meno moderate. Le primarie celebrate domenica hanno consegnato la guida del Partido socialista obrero espanol (Psoe) a Pedro Sanchez, l’ex segretario dimessosi a ottobre rimproverando i vertici di posizioni eccessivamente accondiscendenti nei confronti del governo conservatore di Mariano Rajoy. Un risultato bruciante per la governatrice dell’Andalusia Susana Diaz, candidata di punta “dell’establishment” socialista e grande favorita dai pronostici. “Pedro Sanchez travolge Susana Diaz”, scrive “El Mundo”; “Sanchez guidera’ il Psoe”, fa eco “la Vanguardia” e “i militanti restituiscono a Sanchez i resti del Psoe”, titola “Abc” rimandando alle ferite create dal dibattito interno. Piu’ didascalico il quotidiano progressista “El Pais”, grande avversario del nuovo segretario nel corso della campagna: “Sanchez vince le primarie con il 50 per cento dei voti e torna ad essere il leader del Psoe”, scrive la testata in un pezzo che lascia in fretta le posizioni di punta della propria pagina web. Poco meno di 190 mila i votanti iscritti al processo delle primarie, e oltre 15mila i voti di scarto tra i due principali contendenti. Un risultato di rilievo considerato che Diaz aveva con se’ il grosso della storia socialista, da Felipe Gonzalez a Jose’ Luis Rodiguez Zapatero. Al neo segretario – che ha vinto in quasi tutte le comunita’ autonome e in Andalusia, “regno” della sfidante, ha ottenuto un pregevole 31 per cento – si rimprovera la strizzata d’occhio al movimento antisistema di Podemos, accentuata in campagna elettorale. Torna ora d’attualita’ lo slogan che volente o nolente lo ha accompagnato negli ultimi mesi: “no e’ no”, aveva detto Sanchez rivendicando l’impegno preso in campagna elettorale di non appoggiare la nascita del secondo governo Rajoy. Il partito decise di astenersi al voto di investitura e Sanchez rimise il mandato iniziando a ritagliarsi quel ruolo intransigente nei confronti dei conservatori che pare averlo premiato ieri. I “baroni” del Psoe avevano sempre risposto che la nascita del governo popolare, dopo due elezioni finite in parita’, era conseguenza necessaria della mancata vittoria del Psoe alle urne. “Il ritorno alla segreteria generale di un con un “trascorso cosi’ segnato dalle sconfitte elettorali, le divisioni interne e gli andirivieni ideologici non puo’ che provocare una profonda preoccupazione”, scrive “El Pais”. Solleticando un universo di esperienze, “dal Brexit al referendum colombiano o alla vittoria di Trump”, la vittoria di Sanchez non si dimostra “estranea al contesto politico di crisi della democrazia rappresentativa, nella quale si impongono con estrema facilita’ la demagogia, le mezze o false verita’ e le promesse impossibili da rispettare”. Alla fine, recita l’editoriale, “anche la Spagna ha avuto il suo momento populista”. La base del partito ha sconfessato in pieno i vertici, sottolinea “El Mundo” segnalando la necessita’ del nuovo segretario di ricompattare le fila ma avvertendo del rischio di instabilita’ che puo’ discendere da un Psoe con lo sguardo piu’ a sinistra: il Psoe “non puo’ dimenticare il passato recente come il partito che ha governato per piu’ anni durante la democrazia diventando uno dei pilastri della stabilita’ politica di cui abbiamo sin qui goduto”. L’attenzione va ora alla mozione di sfiducia al governo che ha depositato Podemos lo scorso fine settimana. Alla vigila delle primarie Sanchez non aveva escluso di presentarne una a nome del “suo” Psoe, e il risultato, scrive “Abc” sara’ comunque quello di un indebolimento dell’esecutivo: l’unica certezza e’ che “il Partito popolare non otterra’ dal Psoe la pur minima copertura per garantire una legislatura di quattro anni e la stabilita’ economica che richiede l’Europa”.

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Regno Unito, il Labour promette di abolire le tasse universitarie dall’autunno

22 mag 11:40 – (Agenzia Nova) – Il leader del Labour del Regno Unito, Jeremy Corbyn, anticipa il quotidiano britannico “The Guardian”, annuncera’ oggi che in caso di vittoria alle prossime elezioni politiche, in programma l’8 giugno, gia’ dall’autunno saranno abolite le tasse universitarie – novemila sterline all’anno – per i nuovi iscritti; l’abolizione sara’ completata entro la fine della legislatura. Il partito, inoltre, vorrebbe offrire lo stesso trattamento anche agli studenti dell’Unione Europea, mediante accordi di reciprocita’ nell’ambito dei negoziati sulla Brexit. Stando al piano laborista, coloro che inizieranno l’anno finale del corso di laurea a settembre sarebbero gli ultimi a laurearsi con un debito di studio di 27 mila sterline; un governo del Labour offrirebbe loro una tutela sui tassi di interesse superiori a quello dell’inflazione. “Rottameremo le tasse universitarie e faremo in modo che le universita’ abbiano le risorse di cui hanno bisogno per continuare a offrire un’istruzione di livello mondiale. Gli studenti avranno il vantaggio di avere piu’ soldi in tasca e tutti noi avremo il vantaggio di avere gli ingegneri, i medici, gli insegnanti e gli scienziati che le nostre universita’ producono”, dira’ Corbyn, che intende anche ripristinare le borse di studio abolite dai conservatori e istituire un servizio nazionale per l’istruzione. Il Labour intende finanziare la proposta, del costo di 9,5 miliardi di sterline, aumentando le tasse per i piu’ ricchi, vale a dire innalzando l’aliquota per i redditi superiori a 80 mila sterline al 45 per cento e quella per i redditi superiori a 100 mila al 50. Il partito spera di dare ai diciottenni un altro motivo per iscriversi nei registri elettorali (oggi e’ l’ultimo giorno). Gli ultimi rilevamenti sulle intenzioni di voto alimentano le speranze: un sondaggio di Opinium per il settimanale “The Observer” rivela che il vantaggio del Partito conservatore sul Labour e’ diminuito di sei punti percentuali in un mese e che ora e’ di tredici punti, 46 contro 33 per cento; secondo un’altra indagine, di YouGov per “The Sunday Times”, il distacco e’ ancora inferiore: nove punti, 44 contro 35 per cento; stesso scarto anche nella ricerca di Survation per l’emittente televisiva Itv: 43 contro 34 per cento.

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Regno Unito, i conservatori virano a sinistra sul mercato immobiliare

22 mag 11:40 – (Agenzia Nova) – Il Partito conservatore del Regno Unito, guidato dalla premier, Theresa May, riferisce il “Financial Times”, nel suo programma di governo per le elezioni politiche dell’8 giugno, ha mantenuto l’obiettivo di costruire piu’ case, ma ha cambiato idea sul come. Due anni fa, sotto la leadership di David Cameron, i Tory si professavano “appassionati sostenitori della casa di proprieta’” e lanciavano proposte che poggiavano in gran parte sul settore privato. Ora il documento programmatico, nel promettere l’espansione delle case popolari a canoni scontati, ha attribuito la priorita’ ai “fornitori di alloggi sociali e comunali” e menzionato a stento gli sviluppatori immobiliari privati. Sono del tutto assenti alcune delle iniziative di punta di Cameron, come il ribasso dei prezzi per i primi acquirenti; non c’e’ traccia neanche del programma di prestiti “Help to buy” per l’acquisto di case nuove: non si sa nemmeno se sara’ prorogato oltre la scadenza, nel 2021 (il Labour ha invece proposto di estenderlo fino al 2027). Il piano dei conservatori, inoltre, intende cambiare il mercato fondiario: i Tory puntano a trarre vantaggio dal valore acquisito dai terreni dove si costruisce per reinvestire in infrastrutture, servizi e alloggi, un’idea che sembra presa in prestito dai laboristi. Il programma Tory ha confermato l’impegno a costruire un milione di case entro il 2020, aggiungendone altre 500 mila nel biennio successivo. Infine, per quanto riguarda gli affitti, sono previsti alloggi sociali “a tempo determinato”, che verrebbero messi in vendita dopo dieci-quindici anni di locazione a canoni agevolati con diritto di prelazione per gli inquilini.

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Francia, parte la campagna per le elezioni parlamentari di giugno

22 mag 11:40 – (Agenzia Nova) – Parte ufficialmente oggi lunedi’ 22 maggio la campagna per le elezioni parlamentari che si terranno in Francia l’11 e 18 giugno prossimi: al tema il quotidiano “Le Figaro” dedica il titolo di apertura di prima pagina ed una serie di articoli di cronaca politica, di analisi e commenti. La principale posta in gioco, come ha sottolineato il nuovo primo ministro francese Edouard Philippe in un’intervista, e’ la possibilita’ che l’esecutivo del neo presidente Emmanuel Macron conquisti oppure no la maggioranza nella futura Assemblea Nazionale: Phlippe in particolare ha messo in guardia gli elettori, esprimendo il timore che l’assenza in Parlamento di una “chiara” maggioranza presidenziale segnerebbe il ritorno della “compravendita tra i partiti” tipica della Terza Repubblica, l’assetto costituzionale che la Francia ebbe dalla fine della Seconda Guerra Mondiale alla riforma imposta dal generale Charles De Gaulle. Il voto legislativo di giugno e’ considerato la “Linea Maginot” per il centro-destra francese, che lo vive come un “terzo turno” in cui conquistarsi la rivincita della sonora sconfitta patita nei due turni dello scrutinio presidenziale ed imporre a Macron la “coabitazione”: a tale scopo pero’, secondo l’esponente de I Repubblicani (Lr, ex Ump) Jean-François Cope’, sarebbe necessaria una riorganizzazione “da capo a fondo” del partito, in particolare garantendo una “direzione collegiale” della principale formazione della destra di origine gollista. Le elezioni parlamentari saranno una sorta di “ultima chiamata” anche per il Partito socialista (Ps), il cui candidato Benoit Hamon e’ uscito umiliati al primo turno delle presidenziali con appena il 6 per cento delle preferenze degli elettori: sara’ una “battaglia difficile”, ammette il segretario generale del Ps Jean-Christophe Cambade’lis; il quale tuttavia spera nel radicamento territoriale nella notorieta’ dei candidati socialisti.

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Germania, attentatore Berlino: emergono altri documenti manipolati

22 mag 11:40 – (Agenzia Nova) – Le indagini sul mancato arresto di Anis Amri, l’attentatore del mercato natalizio di Berlino, hanno portato all’emersione di nuovi documenti contraffatti da parte dell’Ufficio della polizia criminale (Lka) dello Stato di Berlino. Lo hanno ammesso ieri le autorita’ inquirenti del land. La Polizia criminale e’ accusata di aver manipolato informazioni sul tunisino e cancellati i nomi dei suoi complici nel traffico di droga, cosi’ da celare gli elementi che avrebbero consentito il suo arresto prima che questi compisse l’attentato dello scorso dicembre. La notizia e’ stata confermata anche dal ministro dell’Interno del land, Andreas Geisel (Spd) alla “Berliner Morgenpost”. In precedenza il procuratore federale Bruno Jost aveva lamentato di non aver ottenuto l’accesso a tutti i documenti riguardanti i trascorsi penali dell’attentatore. Come riportato da un memorandum del primo novembre, Amri era stato segnalato alle autorita’ per reati legati allo spaccio di droga, che assieme ai suoi numerosi altri precedenti avrebbero dovuto portare al suo arresto. Il tunisino era stato invece fermato e immediatamente rilasciato. Il 17 gennaio, dopo l’uccisione di Amri da parte di agenti di polizia italiani, i documenti pubblicati dalla Polizia tedesca riportavano pero’ solo la menzione di un “piccolo coinvolgimento in questioni di droga”. Stando alle autorita’, i rapporti sono stati alterati sia nei contenuti sia nella data, per farli risultare piu’ prossimi alla data dell’attentato.

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Germania, estremismo nelle Forze armate: Franco A. “vicino agli ambienti di AfD”

22 mag 11:40 – (Agenzia Nova) – Le prime indagini a carico di Franco A., e i suoi presunti complici, accusati di estremismo di destra e di aver discusso l’esecuzione di atti terroristici, sembrerebbero far emergere una vicinanza di orientamento politico al partito anti-immigrazione Alternativa per la Germania (AfD). Il che causerebbe un ulteriore problema al partito estremista, oltre a quello gia’ rappresentato da Bjoern Hoecke (membro tacciato di razzismo). Christian Lueth, portavoce del partito, non ha potuto escludere l’affiliazione dei tre individui al partito. Questo, scrive il settimanale tedesco “Spiegel”, dimostrerebbe le connessioni tra il partito di destra e ambienti estremisti violenti. La tesi di laurea del 28 enne Franco A. aveva un titolo molto significativo: “Strategia del cambiamento e sovversione politica”. Una tesi che aveva messo in allarme le Forze armate nei suoi riguardi gia’ nel gennaio del 2014. Tra le tesi espresse dal militare ci sarebbe stata anche quella di un indebolimento genetico della razza. L’immigrazione vista come una minaccia e’ al centro del pensiero espresso nel suo scritto. Sono le stesse idee promulgate da Bjoern Hoecke. Franco A. e il suo presunto complice stavano, a quanto pare, ideando attentati contro 25 fra uomini delle Istituzioni e politici, fra cui l’ex Presidente federale Joachim Gauck e il ministro della Giustizia Heiko Maas (Spd), di cui e’ nota la posizione assai critica nei confronti di AfD. Il pubblicista e sociologo Andreas Kemper, che si occupa da lungo tempo della scena della destra politica tedesca, ha messo piu’ volte in guardia da certi scritti comparsi sulla rivista di destra “Compact”. Se Franco A. leggesse o meno tale pubblicazione, pero’, non e’ ancora chiaro.

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L’Italia, un marchio da valorizzare

22 mag 11:40 – (Agenzia Nova) – La parola che meglio definisce un paese come l’Italia e’ “bellezza”; e secondo un gruppo di ricercatori l’economia italiana della bellezza potrebbe produrre 130 miliardi piu’ di quanto faccia ora: con questa considerazione il quotidiano economico francese “Les Echos” presenta uno studio realizzato dalla Fondazione Italia Patria della Bellezza e da Promoteia, appunto sulla “economia della bellezza” promossa in particolare dal ministero italiano della Cultura. L’articolo, che da’ titolo e testo alla rubrica di prima pagina “Succede in Europa”, parte dalla considerazione che la conservazione e la promozione dell’immenso patrimonio storico-culturale del Belpaese sia una fonte di crescita della ricchezza e dell’occupazione da non trascurare e che pero’ e’ troppo spesso trascurata. Il corrispondente da Roma di “Les Echos”, Olivier Osseri, ricorda come l’insieme costituito dai beni di consumo di qualita’, dagli oggetti prodotti dall’ingegneria e dalla creativita’, e dal turismo, siano un mondo che vale nella Penisola 240 miliardi di euro: cioe’ il 16,5 per cento del Pil italiano. In dettaglio, i beni di consumo prodotti dall’industria della moda, dall’agro-alimentare o da quella dei mobili, assommano a 44 miliardi di euro; quelli tecnologici legati all’elettronica, alla meccanica di precisione o all’automobile di lusso rappresentano un valore di 32 miliardi; quanto all’industria creativa, cioe’ il design, il mondo dello spettacolo e quello dei musei, genera 61 miliardi; senza dimenticare il turismo, il cui contributo all’economia italiana e’ di 39 miliardi. E tuttavia, secondo i ricercatori citati da “Les Echos”, tutto cio’ non e’ abbastanza valorizzato: perche’ infatti se le imprese che concepiscono, producono e distribuiscono questi prodotti avessero delle performance equivalenti ai loro migliori concorrenti europei, l’economia italiana della bellezza varrebbe 130 miliardi supplementari e rappresenterebbe fino al 25 per cento del Pil del Belpaese; l’Italia in questi settori fa bene come la Spagna, ma utilizza il suo immenso patrimonio meno bene della Gran Bretagna, della Germania e della Francia. La Grande Bellezza della Penisola, conclude lo studio, e’ un marchio internazionale di grande valore; ma attualmente e’ soprattutto una “bella addormentata nel bosco” che il governo italiano dovrebbe sforzarsi di risvegliare.

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