Key4biz

Trump Media nella fusione nucleare, operazione da 6 miliardi di dollari con TAE (sostenuta da Alphabet)

Donald Trump vuole puntare sulla fusione nucleare e lancia una fusione da 6 miliardi di dollari con TAE Technologies

La fusione annunciata tra Trump Media & Technology Group e TAE Technologies è una di quelle operazioni che, a prima vista, sembrano improbabili, ma che raccontano molto bene la fase storica che sta attraversando l’industria energetica e tecnologica globale. La società che fa capo a Donald Trump, conosciuta soprattutto per il social network Truth Social, ha deciso di reinventarsi completamente entrando in uno dei settori più ambiziosi e complessi in assoluto: la fusione nucleare.

L’accordo, strutturato come una fusione interamente in azioni e valutato oltre 6 miliardi di dollari, porterebbe alla nascita di una delle prime aziende di fusione nucleare quotate in Borsa.

Per Trump Media si tratta di una trasformazione radicale, si legge in un articolo pubblicato sul New York Times. Il gruppo, che nei primi nove mesi dell’anno ha generato ricavi per appena 2,7 milioni di dollari e ha visto il proprio titolo perdere circa il 69% del valore nel 2024, passa da società media in difficoltà a veicolo industriale e finanziario per una tecnologia energetica considerata potenzialmente rivoluzionaria.
Non a caso, l’annuncio ha immediatamente spinto le azioni al rialzo (il titolo di Trump Media & Technology guadagna il 27,7%, dopo i primi minuti di scambi), segnalando che il mercato guarda alla fusione come a una scommessa sul futuro, più che come a un’estensione del modello di business originario.

L’ennesima “distrazione economico-finanziaria” che si concede il Presidente americano. Trump Organization (la multinazionale di famiglia) ha registrato utili record nel 2025: cresciuti di 17 volte nei primi sei mesi (da 51 a 864 mln di dollari), trainati da criptovalute (802 mln di dollari), licenze su profumi/orologi/resort e nuovi progetti immobiliari in Medio Oriente. Truth Social beneficia del suo ruolo istituzionale, con picchi di utenza durante annunci presidenziali, sollevando conflitti d’interesse.

TAE Technologies e il ruolo di Alphabet (Google)

TAE Technologies, dal canto suo, non è un nome improvvisato. Fondata nel 1998 con il nome di Tri Alpha Energy, è una delle realtà private più avanzate e capitalizzate nel campo della fusione. In oltre venticinque anni di attività ha raccolto più di 1,3 miliardi di dollari, costruito cinque reattori sperimentali e attratto investitori industriali e tecnologici di primo piano.

Il suo amministratore delegato, Michl Binderbauer, ha chiarito che oggi la vera sfida non è più solo scientifica, ma finanziaria: la tecnologia, secondo l’azienda, è matura al punto che il limite principale è l’accesso a capitali su larga scala. In questo senso, la quotazione indiretta tramite Trump Media rappresenta un acceleratore decisivo.

In questo scenario si inserisce anche Alphabet, la holding di Google, che gioca un ruolo chiave come investitore storico di TAE. Il contributo di Google non si è limitato al capitale: l’azienda ha collaborato con TAE applicando tecniche avanzate di machine learning per migliorare il controllo del plasma e ottimizzare il funzionamento dei reattori sperimentali.

L’energia che alimenterà un giorno l’AI

È un passaggio cruciale, perché la fusione moderna è tanto un problema di fisica quanto di calcolo: senza l’intelligenza artificiale (AI), gestire sistemi così complessi sarebbe quasi impossibile. La presenza di Alphabet rafforza quindi la credibilità tecnologica di TAE e spiega perché il progetto venga preso sul serio dagli investitori.

Il legame con l’AI è, in realtà, ancora più profondo. Da un lato, l’intelligenza artificiale è uno strumento indispensabile per rendere possibile la fusione; dall’altro, la fusione è vista come una possibile risposta alla crescente fame di energia dei data center che alimentano l’AI generativa. Le grandi aziende tecnologiche sono alla ricerca di fonti di elettricità continue, affidabili e a basse emissioni, capaci di sostenere una crescita esponenziale dei consumi.

Non è un caso che Microsoft abbia firmato accordi con altre startup della fusione, né che figure come Sam Altman siano direttamente coinvolte nel settore. In questo senso, il merger tra Trump Media e TAE colloca indirettamente Donald Trump all’interno di una delle filiere strategiche più sensibili del prossimo decennio.

Fusione nucleare, niente prima del 2031

Resta però una distanza significativa tra l’ambizione e la realtà industriale. Se i comunicati parlano di centrali “utility-scale” già nella seconda metà di questo decennio, le dichiarazioni più prudenti degli stessi manager indicano il 2031 come orizzonte per la prima produzione di energia da fusione nucleare.
È una tempistica coerente con quella di altri attori del settore, ma che conferma come la fusione resti una scommessa ad alto rischio tecnologico e finanziario.

In definitiva, questo merger non è solo una curiosità finanziaria o politica. È il segnale che la fusione nucleare sta uscendo dai laboratori per entrare nel mondo dei mercati, degli investitori e delle strategie industriali globali. Un passaggio che potrebbe aprire la strada a una nuova età dell’energia (in questo caso pulita e concettualmente infinita), ma che richiederà anni, capitali enormi e una dose significativa di pazienza. Come spesso accade in questi casi, la finanza corre veloce; la sperimentazione e la tecnologia necessaria alla realizzazione delle prime centrali, inevitabilmente, molto meno.

L’operazione assume una rilevanza particolare anche per il contesto geopolitico e industriale in cui si inserisce. La fusione nucleare è considerata da molti il “Santo Graal” dell’energia: utilizza combustibili abbondanti, non produce emissioni di carbonio, non comporta il rischio di meltdown tipico del nucleare tradizionale e non genera scorie radioattive di lungo periodo.
Tuttavia, trasformare una reazione che avviene nelle stelle in un processo industriale stabile e conveniente resta una sfida enorme. Negli ultimi anni i laboratori pubblici hanno ottenuto risultati promettenti, ma sono soprattutto le startup private a spingere ora verso la commercializzazione, in una corsa globale che vede impegnati Stati Uniti, Europa e Cina.

Exit mobile version