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Trump in medioriente, Russiagate, Inizia l’era Macron, Campagna elettorale in Germania, Assassinio di Javier Valdez Cardenas, Brexit

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Medio Oriente, il presidente Usa Trump si prepara ad attraversare un “campo minato diplomatico”

16 mag 11:11 – (Agenzia Nova) – La Casa Bianca, gia’ alle prese con una gravissima crisi domestica – le accuse di collusione con la Russia, alimentate dal licenziamento del direttore dell’Fbi James Comey – si appresta ad imbarcarsi in una sfida ancor piu’ ardua: proporsi come mediatore di un accordo in grado di superare l’annosa crisi mediorientale. La scorsa settimana, scrive la “Washington Post”, il presidente Usa Donald Trump ha ricevuto alla Casa Bianca l’ex segretario di Stato Usa, Henry Kissinger. La visita non e’ casuale: Trump sta infatti per intraprendere il suo primo viaggio ufficiale all’estero, “un tour de force” di nove giorni che lo portera’ a visitare quattro paesi, inclusi Arabia Saudita e Israele. Per l’occasione, scrive il quotidiano, l’Ufficio ovale si e’ trasformato in una sala conferenze, con un flusso continuo di esperti di diplomazia e politica estera impegnati a preparare il presidente. O almeno – scrive la “Washington Post”, “questo era il piano originari”, perche’ “come spesso accade attorno a Trump, le distrazioni si sono moltiplicate”. La visita di Kissinger, ad esempio, “si e’ presto trasformata in una seduta fotografica, con l’ex segretario zitto in disparte mentre Trump distribuiva i primi commenti pubblici sul licenziamento di Comey”. Trump, comunque, avrebbe trovato il tempo di “prepararsi per un viaggio che potrebbe divenire un trionfo, oppure trasformarsi in un disastro al minimo errore”. Trump “dovra’ destreggiarsi in un campo minato diplomatico”, provando a negoziare il riavvio del processo di pace tra Israele e palestinesi, rassicurando gli alleati europei sul fronte del commercio e della difesa, e “provando a rispettare il protocollo dei saluti con papa Francesco”. Trump sara’ “sotto i riflettori, osservato al microscopio” per dieci giorni, e il mondo avra’ la prima occasione di vederlo davvero all’opera, sottolinea Richard N. Haass, presidente del think tank Council on Foreign Relations. Lo staff di Trump afferma che il presidente sia perfettamente consapevole delle sfide che lo attendono, e che negli ultimi giorni abbia sfoltito la propria agenda pubblica proprio per prepararsi al meglio. A confermare l’insidiosita’ dell’imminente viaggio di Stato, pero’, e’ la prima, vera polemica intercorsa tra la sua amministrazione e il governo israeliano: quest’ultimo ha chiesto spiegazioni alla Casa bianca, dopo che un funzionario diplomatico, impegnato proprio in un briefing al presidente, ha definito il Muro del Pianto e Gerusalemme vecchia parti dei territori della Cisgiordania occupati da Israele. Una posizione che risponde alla visione della comunita’ internazionale, ma che Washington si guarda bene dal rimarcare, e che Tel Aviv respinge in toto, avanzando rivendicazioni sull’intera citta’ di Gerusalemme come capitale indivisibile dello Stato ebraico. Trump potrebbe trovare una sponda negli Stati del Golfo; ieri questi ultimi hanno offerto di intraprendere passi concreti verso la normalizzazione delle relazioni con Israele, in cambio di sforzi significativi da parte di Tel Aviv per il rilancio dei negoziati di pace coi palestinesi. Stando al “Wall Street Journal”, le monarchie del Golfo sono pronte a consentire il sorvolo dei loro spazi aerei all’aviazione civile israeliana, a creare connessioni dirette nel campo delle telecomunicazioni e a revocare sanzioni commerciali, in cambio di misure concrete come lo stop ai lavori di espansione degli insediamenti in alcune aree della Cisgiordania e la revoca di alcune limitazioni commerciali nei territori palestinesi occupati.

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Usa, la stampa accusa Trump di aver condiviso fonti d’intelligence riservate con la Russia

16 mag 11:11 – (Agenzia Nova) – Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, avrebbe rivelato informazioni d0intelligence altamente riservate al ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, e all’ambasciatore russo a Mosca, Sergej Kisljak, non corso del loro incontro alla Casa Bianca, lo scorso 10 maggio. A far piovere l’accusa sul presidente e’ la “Washington Post”, che cita due fonti anonime dell’amministrazione e della precedente. Stando alle accuse riportate dal quotidiano, durante l’incontro con Lavrov – un incontro a porte chiuse, cui avevano preso parte pochi funzionari di altissimo livello, tra cui il segretario di Stato, Rex Tillerson, e il consigliere per la sicurezza nazionale H. R. McMaster – Trump avrebbe fornito a Lavrov informazioni riservatissime in materia di terrorismo, trasmesse agli Usa da una fonte riservatissima, vicina ai vertici dello Stato islamico. Condividendo le informazioni, di cui non sarebbero a conoscenza “nemmeno gli alleati degli Stati Uniti”, il presidente avrebbe compromesso l’identita’ e il modus operandi della fonte; stando alle fonti anonime, l’amministrazione si sarebbe vista costretta a correre al riparo per “riparare ai danni, contattando la Cia e la National Security Agency”. Non e’ chiaro quali fonti anonime, specie della passata amministrazione presidenziale, abbiano potuto accedere ai contenuti dell’incontro del 10 maggio: la Casa Bianca ha seccamente smentito le accuse, ma e’ rimasta evidentemente basita dall’ennesimo, gravissimo caso di una fuga di informazioni riservate dai massimi livelli delle istituzioni. L’incontro con il ministro degli Esteri Lavrov era gia’ stato oggetto di critiche nei giorni scorsi da parte dei media Usa, principali megafoni delle accuse non circostanziate sulla presunta collusione tra Trump e la Russia. Stando alle “fonti anonime” citate dalla “Washington Post”, e ad altre menzionate poi da altri quotidiani, primo tra tutti il “New York Times”, Trump avrebbe esposto informazioni in codice della massima riservatezza. Ieri, pero’, tutti i partecipanti all’incontro dello scorso fine settimana hanno categoricamente negato che Trump abbia in qualche modo compromesso fonti e modalita’ operative dell’intelligence relativa allo Stato islamico. Il consigliere McMaster, in particolare, ha tenuto una breve conferenza stampa, dichiarando che “il presidente e il ministro degli esteri (Lavorv) hanno discusso delle minacce comuni poste dalle organizzazioni terroristiche, incluse quelle all’aviazione civile”. “In nessuna circostanza sono state discusse fonti o metodi di intelligence, ne’ e’ stata rivelata alcuna operazione militare che non sia gia’ di dominio pubblico”. Il consigliere per la sicurezza nazionale ha definito la storia della “Washington Post” “falsa”; il quotidiano, pero’, anziche’ ritrattare, ha preferito sottolineare quel che McMaster e il segretario di Stato Tillerson non hanno smentito: ovvero, che durante la conversazione alla Casa Bianca siano state effettivamente discusse informazioni di intelligence riservate. Dalla Cia e dall’Nsa, invece, non e’ giunto alcun commento ufficiale, anche se potrebbero presto giungere indiscrezioni anonime, come accade ormai puntualmente dalle elezioni presidenziali dello scorso novembre. Le indiscrezioni della “Washington Post” hanno innescato immediati cori di sdegno da parte dell’opposizione Democratica, gia’ sul piede di guerra per l’improvviso licenziamento del direttore dell’Fbi James Comey. “Preoccupati” si sono detti anche i senatori repubblicani apertamente critici nei confronti di Trump, primo tra tutti il neoconservatore John McCain.

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Francia, Emmanuel Macron scombussola la destra e sfida la sinistra

16 mag 11:11 – (Agenzia Nova) – La prima decisione dell’era Macron va nella direzione di scombussolare i confini tra i partiti politici ed incarna la sua promessa di voler rinnovare a fondo la classe politica francese: lo scrive oggi martedi’ 16 maggio il quotidiano conservatore “Le Figaro” commentando la nomina a primo ministro di Edouard Philippe, il 46enne sindaco di Le Havre eletto nel 2010 nelle fila dell’Ump, il principale partito della destra che da allora e’ stato ribattezzato I Repubblicani (Lr). “Sono un uomo di destra” ha rivendicato Philippe ieri sera al telegiornale delle 20 di “Tf1”, la principale rete tv privata: “Dovevamo tentate qualcosa che non e’ mai stato tentato prima” ha spiegato, aggiungendo che il suo obbiettivo e’ “realizzare gli obbiettivi fissati” dal presidente Macron; e cioe’ coniugare “discussione parlamentare” e “rapidita’ di esecuzione” anche attraverso un largo uso dei decreti presidenziali, come ad esempio per l’applicazione della contestata riforma del Codice del lavoro. Da parte sua Macron, che ieri sera era a Berlino per il suo primo viaggio all’estero dopo l’insediamento ufficiale, non ha voluto commentare la nomina di Philippe. Ma secondo il “Figaro” l’intento del neo presidente e’ chiaro: sferrare il colpo del KO ad una destra gia’ “suonata” dalla cocente sconfitta patita nelle elezioni presidenziali; allo scopo di attrarne quanti piu’ possibili esponenti in vista delle elezioni parlamentari dell’11 e 18 giugno prossimi. Dopo aver pressoche’ svuotato il bacino del Partito socialista (Ps), il movimento “La Re’publique en marche” (“La repubblica in marcia”, ndr) di Macron punta ora a disarticolare anche la destra; il suo obiettivo di medio-lungo termine e’ quello di costituire una nuova maggioranza “di centro” che abbia come sole opposizioni l’estrema destra e l’estrema sinistra. E infatti alla nomina del nei premier Philippe hanno risposto con toni analoghi sia la leader del Front national di estrema destra, Marine Le Pen, che il capofila della “France insoumise” “Francia non-sottomessa”, ndr) di estrema sinistra, Jean-Luc Me’lenchon: la nomina di Philippe da parte di Macron, accusa Me’lenchon, rappresenta la convergenza ideologica tra la sinistra “governativa” del Ps ed il centro-destra finora guidato da I Repubblicani (LR, ex Ump). Gli ha fatto eco la Le Pen: il nuovo governo e’ “la sintesi perfetta dei due quinquennati precedenti”, ha detto riferendosi alla presidenza di Nicolas sarkozy dal 2007 al 2012 ed a quella di Francois Hollande dal 2012 a domenica scorsa 14 maggio, giorno in cui Emmanuel Macron e’ stato insediato ufficialmente al palazzo dell’Eliseo.

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Francia, il primo ministro Philippe prepara un “governo unificatore di competenze”

16 mag 11:11 – (Agenzia Nova) – Il nuovo primo ministro francese, Edouard Philippe, sta lavorando alla costituzione di un “governo unificatore di competenze”: lo ha detto lui stesso al telegiornale delle 20 della principale rete tv privata “Tf1” di ieri sera lunedi’ 15 maggio, poco dopo esser stato nominato dal neo presidente della Repubblica Emmanuel Macron; lo riferisce il quotidiano “Le Monde” aggiungendo che la composizione del nuovo esecutivo dovrebbe essere annunciata oggi martedi’ 16. L’obbiettivo politico e’ quello di una “ricomposizione della vita politica” francese, ha affermato il 46enne Philippe che fino a ieri era noto solo come sindaco della citta’ di Le Havre eletto nelle fila dell’Ump, il principale partito della destra che ora e’ stato ribattezzato I Repubblicani (Lr): “Qualche volta mi sento di sinistra, qualche volta di destra” ha detto spiegando perche’ ha accettato la chiamata di Macron; aggiungendo che “il valore cardinale della vita sociale e’ la liberta’ non soltanto economica ma anche del pensiero, la liberta’ d’espressione”. Consapevole di aver accettato un “compito considerevole”, Philippe ha riconosciuto che il primo nodo che dovra’ affrontare sara’ “dare alla Francia una maggioranza di progresso” alle elezioni parlamentari dell’11 e 18 giugno prossimi. Quanto al programma del suo governo, Philippe difeso l’idea di applicare la contestata riforma del Codice del lavoro attraverso decreti presidenziali, come Macron aveva gia’ annunciato di voler fare in campagna elettorale: “In Francia abbiamo un diritto del lavoro molto pesante che non protegge molto i lavoratori”, ha detto aggiungendo che “ci sono troppi disoccupati, dobbiamo fare qualcosa; non possiamo non fare niente”, ha concluso.

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Germania, Merkel lancia la campagna elettorale in vista delle elezioni federali

16 mag 11:11 – (Agenzia Nova) – Incassata l’importantissima vittoria alle elezioni del Nord Reno-Vestfalia, tradizionale “feudo” dei Socialdemocratici, il leader della Cdu, Angela Merkel, ha definito i temi della campagna in vista delle elezioni di fine anno. “Sara’ incentrata sul futuro del lavoro e alla giustizia sociale”, ha detto Merkel in una conferenza stampa congiunta con il candidato della Cdu vincitore delle elezioni nel land, Armin Laschet. La Cdu, ha dichiarato il cancelliere tedesco uscente, dedichera’ anche particolare attenzione ai temi dell’educazione, della digitalizzazione, della sicurezza interna ed esterna, e dell’equita’ intergenerazionale. Altri temi importanti per l’Unione saranno quello della coesione sociale e dell’integrazione dei rifugiati. “Inizia oggi una nuova fase per l’anno elettorale federale”, ha detto la Merkel. Nel Nord Reno-Vestfalia la Cdu ha ottenuto quasi 7 punti percentuali in piu’ rispetto alle elezioni del 2012, ed ha inanellato un’altra vittoria dopo quelle nel Saarland e nel Schleswig-Holstein. La sfida dell’accoglienza di oltre un milione di profughi, nel 2015, ora e’ divenuta la sfida dell’integrazione: “Vedo questo processo come logico, e credo sapremo dimostrare che nel 2015 abbiamo fatto qualcosa di grande”, ha dichiarato il cancelliere.

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Messico, media in lutto per l’ennesima uccisione di un giornalista

16 mag 11:11 – (Agenzia Nova) – A febbraio Reporters sans frontie’res aveva lanciato l’allarme: dopo Siria e Afghanistan, il paese piu’ pericoloso al mondo per i giornalisti e’ il Messico. Il paese nordamericano piange la morte di Javier Valdez Cardenas, corrispondente de “la Jornada”, fondatore del settimanale “Riodoce” e instancabile osservatore delle dinamiche della criminalita’ organizzata nel paese. L’assassino lo ha freddato lunedi’ nella sua Culiacan, capitale dello stato di Sinaloa sempre piu’ tristemente famoso per le attivita’ del locale Cartello del narcotraffico. “Vivere a Sinaloa e’ un pericolo ed essere un giornalista e’ un pericolo in piu’. Stiamo imparando a vivere in tempi in cui i proiettili volano attorno a noi”, diceva pochi giorni fa Valdez. Solo poche ore dopo arrivava la notizia dell’aggressione a Sonia Cordoba Oceguera, vicedirettrice del settimanale “El Costeno”. Lei e’ in ospedale, il figlio, che viaggiava in auto al suo fianco al momento dell’attacco e che era stato in precedenza sequestrato per ben due volte, e’ morto. Con la morte di Valdez, che nel 2011 vinceva il premio internazionale alla liberta’ di stampa del Committee to Protect Journalists (Cpj), sono sei i giornalisti uccisi in Messico dall’inizio dell’anno e 105 quelli dall’inizio del secolo. Il presidente Enrique Pena Nieto ha espresso condanna, inviato condoglianze alla famiglia e raccolto critiche da piu’ parti. Molti media hanno deciso di sospendere per un giorno le pubblicazioni e la denuncia che rimbalza sui social e’ forte: non sono stati fatti arresti per nessuno dei sei omicidi eseguiti nel 2016. Il senatore Andre’s Manuel Lopez Obrador, popolare candidato alle presidenziali per il Movimento di rigenerazione nazionale (Morena), esprime vicinanza per le vittime “dell’irrazionale” e sfida il capo di Stato a fermare “la fallimentare strategia” sulla sicurezza, con l’esercito dispiegato da anni sulle strade in una lotta frontale che suscita sempre piu’ critiche.

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Brexit, le imprese dell’Ue cominciano a tagliare i legami coi fornitori britannici

16 mag 11:11 – (Agenzia Nova) – Quasi meta’ delle imprese europee, riferisce il quotidiano “The Independent”, ha iniziato a cercare alternative ai fornitori britannici, in previsione dell’introduzione di tariffe dopo l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. E’ quanto emerge da un’indagine del Chartered Institute of Procurement and Supply (Cips), effettuata tra oltre duemila responsabili della gestione della catena di distribuzione. Il 46 per cento dei manager europei che lavorano con fornitori britannici ne sta cercando di nuovi nell’Europa continentale. D’altra parte, il 32 per cento delle aziende britanniche e’ in cerca di sostituti all’interno della Gran Bretagna; quasi due su tre, infatti, lamentano un aumento dei costi per effetto della svalutazione della sterlina, con un tasso di rinegoziazione dei contratti del 29 per cento. Gerry Walsh, amministratore delegato dell’istituto, osserva che mentre le parti non hanno ancora concordato i principi negoziali, su una sponda e sull’altra della Manica i preparativi per la Brexit sono gia’ in corso e nel 2019, in assenza di un accordo, le catene di distribuzione potrebbero essere molto diverse. I gestori sono concordi sulla priorita’ di tenere le tariffe e le quote al minimo; quelli britannici, pero’, sono piu’ preoccupati: per il 39 per cento di loro la posizione negoziale di Londra e’ debole e per il 36 per cento si sta perdendo tempo; il 33 per cento, inoltre, ritiene che il settore abbia una carenza di competenze. Riguardo agli aspetti finanziari, un terzo degli intervistati pensa di rispondere alla situazione con una riduzione dei costi, ma l’undici per cento ammette che parte delle attivita’ non sara’ piu’ sostenibile.

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La Turchia vieta nuovamente una visita parlamentare alle truppe tedesche a Incirlik

16 mag 11:11 – (Agenzia Nova) – La Turchia ha negato a una delegazione del parlamento tedesco la possibilita’ il contingente di stanza nella base aerea di Incirlik. Lo ha reso noto il ministero degli Esteri lunedi’, descrivendo la decisione di Ankara come “assolutamente inaccettabile”. Il portavoce del ministero, Martin Schaefer, ha anche ventilato possibili conseguenze per la presenza delle Forze armate tedesche in Turchia: “Data la situazione, ci troviamo a dover riflettere su come procedere”, ha detto il portavoce. Il presidente della commissione Difesa, Wolfgang Hellmich (Spd), ha commentato: “Noi non accettiamo ricatti. Ecco perche’ un possibile ritiro delle truppe e’ assolutamente da valutare, e va valutato ora”, ha sottolineato. Simile la posizione espressa dal presidente della Cdu, Henning Otte: “Alla luce dei continui ostacoli politici relativi alla missione a Incirlik, chiedo al ministro della Difesa di riconsiderare i siti di schieramento delle truppe, valutando ad esempio la Giordania. Non possiamo farci ricattare dalla Turchia”. Anche il deputato della Linke Alexander Neu ha chiesto il ritiro da Incirlik, come dichiarato alla “Dpa”. Secondo Neu, il governo tedesco sinora ha accettato di farsi ricattare da Ankara su diversi fronti, dal contenimento dei flussi migratori ai trattati per l’adesione della Turchia all’Ue: “La condotta poco dignitosa del Governo federale e’ il prezzo pagato per la geopolitica di potere tedesca”, ha dichiarato il deputato. La visita di una delegazione della commissione Difesa del Bundestag alle forze tedesche di stanza a Incirlik era stata fissata settimane fa per questo martedi’, ma sabato scorso Ankara ha comunicato il proprio divieto, motivandolo, tra le altre cose, con l’asilo politico concesso dalla Germania ad ufficiali delle Forze armate turche, fuggiti dal loro paese a causa delle repressioni seguite al colpo di Stato fallito dello scorso anno. Le Forze armate tedesche sono schierate a Incirlik con aerei Tornado e un’aerocisterna, a sostegno delle operazioni contro lo Stato islamico. Il contingente tedesco conta circa 260 uomini. Gia’ lo scorso anno, ad ottobre, Ankara aveva proibito una visita dei deputati tedeschi ai militari. Possibili siti alternativi potrebbero essere la Giordania, il Kuwait e Cipro. La decisione in merito e’ attesa nelle prossime settimane. Il cancelliere Merkel sembra orientato per il trasferimento del contingente in Giordania.

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Regno Unito, il Labour propone una tassa per frenare i maxi stipendi

16 mag 11:11 – (Agenzia Nova) – Il Labour, principale partito di opposizione del Regno Unito, pubblichera’ oggi il suo programma di governo, in gran parte gia’ trapelato sulla stampa, in vista delle elezioni politiche dell’8 giugno. Secondo le anticipazioni del quotidiano “The Guardian”, il partito proporra’ l’introduzione di una tassa, la cosiddetta “fat cat tax”, volta a disincentivare i maxi stipendi dei manager nelle grandi imprese, nelle banche della City e nelle societa’ sportive della Premier League, il massimo campionato di calcio: un prelievo del 2,5 per cento in caso di retribuzioni superiori a 330 mila sterline e del cinque per cento per quelle piu’ alte di 500 mila, soglie che sono rispettivamente venti volte maggiori del salario minimo nazionale e dello stipendio medio. Le aziende, dunque, dovrebbero versare 4.250 sterline extra per ogni lavoratore pagato piu’ di 500 mila sterline. Il Labour giustifichera’ l’imposta, che colpira’ i datori di lavoro piu’ che i lavoratori e che sara’ calcolata tenendo conto del salario base, delle azioni, dei bonus e delle pensioni, in nome della lotta alla disuguaglianza che sta danneggiando la societa’. Il Labour sottolineera’ che le retribuzioni degli amministratori delegati delle compagnie quotate nell’indice Ftse 100 sono aumentate del 33 per cento dal 2010 arrivando mediamente a 5,5 milioni; il rapporto rispetto alle retribuzioni medie e’ passato da 150:1 a 183:1. La proposta sara’ accompagnata da un piano per aumentare le entrate fiscali di 4,5 miliardi con aggravi per i titolari di redditi superiori a 80 mila sterline, circa un milione di persone, la cui aliquota dovrebbe passare al 45 per cento, quella attualmente prevista per i redditi sopra le 150 mila sterline. E’ probabile anche l’ipotesi di una nuova aliquota del cinquanta per cento. Gli sgravi sulle imposte societarie e di successione sarebbero revocati, mentre potrebbe essere introdotta una “Robin Hood tax” sulle transazioni finanziarie. Il leader, Jeremy Corbyn, parlera’ a Bradford per illustrare le sue politiche, comprendenti anche la rinazionalizzazione delle ferrovie, delle poste e dell’energia; sei miliardi di sterline in piu’ per il servizio sanitario nazionale e 1,6 miliardi per l’assistenza sociale. Secondo fonti vicine al cancelliere ombra dello Scacchiere, John McDonnell, gli impegni di spesa sarebbero intorno ai 55 miliardi e la copertura, prevalentemente mediante tasse, di 57 miliardi. Corbyn descrivera’ la sua offerta politica come “il programma della speranza”, sosterra’ che “i Tory sono ancora il partito cattivo, il partito del pregiudizio, il partito dei ricchi” ed esortera’ la premier e leader conservatrice, Theresa May, a confrontarsi con lui in un dibattito televisivo. Il Labour puntera’ soprattutto sull’economia, ma proporra’ anche una “convenzione costituzionale” che valutera’ le riforme per “un paese piu’ federale” e prendera’ in considerazione la soppressione della Camera dei Lord e la sua sostituzione con un senato elettivo.

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Autostrade, Atlantia lancia l’opa che Abertis non riusci’ a condurre

16 mag 11:11 – (Agenzia Nova) – Dopo settimane di indiscrezioni la proposta e’ arrivata: Atlantis ha lanciato un’offerta pubblica di acquisto e scambio sulla spagnola Abertis per un valore di 16,5 euro ad azione. L’operazione, che fissa in 16,3 miliardi di euro il valore complessivo della sigla iberica, potrebbe portare alla nascita di un colosso delle autostrade con un valore di Borsa da 36 miliardi di euro e oltre 13.600 chilometri di vie asfaltate. Abertis, ai cui soci e’ stato offerta la possibilita’ di riceve parte del pagamento in azioni Atlantia, ha chiuso la giornata in borsa con una perdita dello 0,1 per cento del titolo. La banca catalana Caixa, azionista di maggioranza di Abertis attraversa il gruppo Criteria, fa sapere che esaminera’ l’offerta “senza fretta” e prendera’ tempo – probabilmente fino a dopo l’estate – per esprimere una risposta. Il presidente Isidro Faine’, scrive “El Mundo”, vuole strappare un prezzo migliore e un diverso equilibrio tra le forze in campo a fusione fatta. L’ipotesi attuale e’ che la famiglia Benetton mantenga il controllo del maxigruppo con oltre il 25 per cento delle azioni e alla Caixa vada il ruolo di secondo azionista con il 16 per cento del pacchetto e tre poltrone in un cda da 18 posti. Faine’, che ha delegato il suo vice a ricevere gli italiani giunti nel fine settimana per affinare l’offerta, “non scarta la ricerca di opa alternative a quella italiana”. La stampa spagnola ricorda con insistenza che l’operazione inversa, lanciata da Abertis su Autostrade nel 2006, fu scartata dal governo di Romano Prodi perche’ lesiva degli interessi strategici italiani. Ora Roma non fa obiezioni. “Se comanda il gruppo italiano si’, m a se e’ lo spagnolo no”, scrive “el Mundo” ricordando che all’epoca il presidente del governo Jose’ Luis Rodriguez Zapatero consenti’ che Enel prendesse il controllo della spagnola Endesa.

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