recruiting

Trovare lavoro con l’app: ecco come fare

di |

Il recruiting diventerà un processo un po’ più informale, non necessariamente poco professionale, ma stiamo tutti, in un modo o nell’altro, cominciando a fondere la nostra vita personale con quella relativa»

Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Qual è stata davvero l’ultima innovazione di ampia portata nel mondo del lavoro prima della pandemia? La flessibilità, con tutto ciò che questa comporta? Lo smart working? L’introduzione della posta elettronica? Le videoconferenze? Comunque la si pensi, si tratta di fattori che dal 2020 hanno subito un’accelerazione imprevista, portandoci a contatto diretto con realtà che avevamo solo ipotizzato: prima tra tutte proprio il lavoro da remoto, potenzialità riservata in passato solo ad aziende tanto moderne e tanto prospere da potersi permettere sperimentazioni alla ricerca di un nuovo equilibrio tra produttività e benessere dei dipendenti, e con cui invece hanno dovuto fare i conti proprio tutti, dalla multinazionale a chi non ha più di cinque o sei dipendenti. Per capire com’è cambiato il panorama del mercato del lavoro basta vedere quanto la parola remoto sia in cima alle preferenze di chi cerca lavoro nella generazione Z; e lo stesso termine flessibilità ora non allude più tanto alla possibilità di rimanere senza un’occupazione dall’oggi al domani, ma all’opportunità di gestire in piena autonomia tempi e spazi di lavoro.

Anche TikTok ha i suoi curriculum

In un contesto tanto mutato, è naturale che siano gli strumenti più moderni quelli che se la cavano meglio. Oggi, grazie anche alla discesa costante dei prezzi per Internet mobile (basta guardare le promozioni più interessanti nel comparatore di SOSTariffe.itper accorgersene), il lavoro si cerca, e si trova, tramite app: sono sempre di più i programmi nati per smartphone e per tablet che permettono di scegliere tra le diverse posizioni richieste, inviare il curriculum e magari fare anche il colloquio. E non sono pochi quelli che trovano lavoro con scarse interazioni umane o addirittura nessuna, soprattutto nel settore tech dove la capacità di lavorare in autonomia è molto apprezzata.

La spia, come sempre, sono i social, attentissimi a intercettare le nuove tendenze e a farle proprie, nonché ad ampliare il proprio raggio d’azione utilizzando una piattaforma che, di suo, è «inutile» – in quanto votata all’essere soprattutto un passatempo – anche per altre finalità. Da qualche mese infatti anche TikTok ha inaugurato un programma pilota ancora in sperimentazione (aperto durante luglio dell’anno scorso), TikTok Resumes, che permette agli utenti di creare un curriculum video da utilizzare con alcuni partner del social network (tra cui grandi catene come Target o Chipotle o Shopify) al posto del classico e un po’ anonimo PDF con le proprie esperienze e qualifiche; perlopiù posizioni junior, ma anche qualcuna di livello manageriale. Un’opportunità in più per chi vuole farsi notare con una comunicazione video breve ma efficace, che mostri in una manciata di secondi le ragioni per cui un datore di lavoro dovrebbe assumere proprio noi.

Il processo di assunzione? Più informale, ma rischioso

Secondo Stephanie Lovell, alla guida del marketing dell’app di recruiting Hirect, che utilizza soprattutto la chat ed è specializzata in talenti per nuove startup, «il tradizionale processo di assunzione è davvero opprimente: si può stare per sei mesi su Linkedin, fare venticinque colloqui e non ricevere nemmeno una proposta d’assunzione. È molto duro e penso che la Generazione Z sia particolarmente frustrata con questa situazione, soprattutto considerando com0’è il mercato ora, soprattutto orientato su chi il lavoro lo sta cercando. Il recruiting diventerà un processo un po’ più informale, non necessariamente poco professionale, ma stiamo tutti, in un modo o nell’altro, cominciando a fondere la nostra vita personale con quella relativa». Una situazione che però lascia perplessi alcuni, spaventati dalle possibili violazioni della privacy all’impossibilità di scindere davvero le ore da dedicare alla propria occupazione e quelle al tempo libero, un rischio che chi si autogestisce il lavoro conosce molto bene.

Quando chi fa il colloquio è un robot

Da non sottovalutare poi la possibilità di trovarsi di fronte non un dipendente delle risorse umane in carne e ossa, ma un robot: in Australia, ad esempio, società come Foxtel, Ampol e Lion stanno usando un software chiamato HireVue, che pone una serie di domande standard ai candidati che rispondono via video, utilizzando algoritmi che permettono di giudicare se la persona che sta cercando una posizione è adatta oppure no. Chi sostiene questa soluzione dice che così si elimina del tutto il pregiudizio che può essere introdotto dall’elemento umano, teoricamente portato a favorire chi fa “una buona impressione”, magari per spiccate doti empatiche che non hanno nulla a che vedere con la capacità di eseguire una mansione specifica, rispetto a chi avrebbe tutte le qualifiche in regola ma è un po’ intimidito quando deve «vendersi» sul mercato del lavoro; chi lo critica ricorda che anche gli algoritmi possono essere pregiudiziali, soprattutto se si basano sulle caratteristiche di chi è stato assunto in passato per trovare nuovi dipendenti (e quindi, se il processo prima non era equo, non lo diventerà grazie ai recruiter robot). Si parla, naturalmente, solo di una prima selezione, dovuta al fatto che la quantità di persone che si propone per un lavoro non smette di crescere a livello globale, sia per la situazione economica non ottimale che per le opportunità e gli spunti creati dalla globalizzazione e dal lavoro remoto, che apre potenzialmente le porte a migliaia di candidati prima tagliati fuori dalla lontananza.

In Italia c’è Jonny Job, per premiare il passaparola

In Italia qualche mese fa è stata lanciata Jonny Job, promossa dall’agenzia del lavoro Openjobmetis, che si differenzia dalla concorrenza per l’enfasi sul passaparola. Anche qui, come in tanti altri casi dell’economia mobile, il segreto sta soprattutto in una sorta di gamificazione, o più precisamente di un nuovo spin al concetto di raccolta punti per premi: chi consiglia infatti un parente, un amico, un conoscente che sta cercando lavoro ed è qualificato – e, di fatto, funge da “primo recruiter” effettuando una sorta di scrematura tra i potenziali candidati, e riducendo così le tempistiche e l’impegno delle aziende che stanno assumendo – guadagna punti se il processo di assunzione va a buon fine proprio per il candidato indicato, e può scegliere da un vasto catalogo di premi, dalle card digitali fino ai notebook. Un altro esempio di come un meccanismo antico quanto la stessa ricerca di lavoro può trovare, grazie all’economia digitale, una nuova declinazione, e aiutare a trovare un terreno comune tra domanda e offerta.