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Troppi femminicidi tra giovani, tra le cause la comunità “incel” e i social? La psicologa: “Serve educazione all’affettività a scuola e in Rete”

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Intervista a Barbara Volpi, Psicologa, psicoterapeuta, PhD in Psicologia Dinamica e Clinica Sapienza-Roma: “Siamo tutti una grande famiglia digitale e in questo dobbiamo prestare attenzione ad attivare un’educazione digitale affettivamente orientata".

Key4BizOrmai ogni giorno c’è un femminicidio e in forte crescita le vittime sono minorenni uccise da coetanei. Che sta succedendo? 

Barbara Volpi

I fatti di cronaca sono drammaticamente ‘agghiaccianti’, non trovo aggettivo migliore perché la prima reazione che si ha, in linea con i meccanismi difensivi della mente è quello di rimanere congelati. 

Una mente collettiva congelata in cui ognuno a modo suo, con le proprie risorse personali cerca di dare una spiegazione a quanto sta accadendo per esorcizzare la paura, per tirar fuori la rabbia per cercare attribuzioni di colpa e, purtroppo, poi nello ‘scongelamento’ collettivo alimentato dai  rumors delle notizie, dalle immagini, dai video che rimbalzano in rete, si rischia di creare confusione, allarmismo e caos correndo il rischia di far perdere di vista la necessaria lucidità per una consapevolezza che fa fatica ad emergere. 

Premesso che ogni atto violento ha bisogno di essere contestualizzato nella comprensione psicodinamica della mente di chi lo ha agito da ‘professionisti competenti’ che possono provare a tracciare le linee evolutive di un’affettività distorta e disfunzionale dobbiamo cercare, come società educante e consapevole, delle tracce di consapevolezza che possono aiutarci ad attivare livelli funzionali di prevenzione.

Come ho illustrato nel mio ultimo saggio: “Gli ho chiesto l’Instagram. Le relazioni sentimentali ai tempi dei social” (Carocci editore), le relazioni affettive oggi sono profondamente cambiate. 

Gli strumenti digitali si sono intessuti profondamente nella costruzione, nel mantenimento e nella rottura dei legami sentimentali, in un tempo onnipresente che permette di monitorare costantemente l’altro in una dimensione ibrida in cui ad esempio ancor prima di conoscerti so tutto e di te e posso controllare tutto sia quando ci sei sia quando non ci sei. 

Occorre prima di tutto comprendere questa nuova dimensione affettiva attivando livelli di ascolto e non di controllo da parte dell’adulto che, nel processo imitativo dell’apprendimento da parte di una giovane mente in formazione attiva ed esaspera la stessa dimensione del controllo e della possessività dell’altro in modo legittimo e poco consapevole. Nel ricordare che il con-tatto e il collega-mento online é l’incontro tra corpi e menti che dalla singolarità di un Io arrivano ad un Noi armonico, dobbiamo comprendere come viene costruito, mantenuto un rapporto sentimentale partendo dall’ascolto dei giovani che sono i primi a desiderare, al di là delle apparenze, un confronto con gli adulti di riferimento. Un momento evolutivo rilevante e di messa alla prova della propria struttura mentale è la rottura del legame affettivo che oggi viene inevitabilmente a scontrarsi con la visibilità del partner in rete rendendo molto complessa l’elaborazione del lutto e della perdita. La riflessione su queste tematiche ci permette di attivare livelli di prevenzione e di monitoraggio sulla dipendenza affettiva, sulla manipolazione online attraverso lo schermo, sullo stalking. Nei casi agghiaccianti di cronaca troviamo sempre tracce patologiche nelle comunicazioni online; campanelli d’allarme ancora troppo spesso sottovalutati che vengono alla luce solo troppo tardi. 

Key4Biz. Quando Sara Campanella, 22 anni, è stata uccisa a Messina con tre coltellate da Stefano Argentino, 27 anni, che da oltre due anni la perseguitava, alcune frange della comunità “incel” hanno considerato l’evento prevedibile.

Gli incel, acronimo di “involuntary celibates” (celibi involontari), sono membri di una sottocultura online che attribuisce la propria condizione di solitudine sentimentale e sessuale all’essere considerati non attraenti dalla società.

Secondo lei, questo nuovo fenomeno culturale tra i giovani è tra le cause dei femminicidi tra giovani?

Anche in questo caso, questo fenomeno così come tanti altri che ci sono e che ci saranno in rete (challenges estreme, siti pro-suicidio e di istigazione alla violenza ad esempio), ci rendono consapevoli di un fatto di importanza rilevante, ovvero che la rete è  un amplificatore e un rilevatore di disagio, capta dimensioni di fragilità narcisistica che nella dimensione inevitabile dello sturm und drang adolescenziale, vengono cercate per sentirsi parte di un gruppo che sorregge il Sé in formazione e in modo adesivo collettivizza paure generando ideali di quella grandiosità in cui ci sente finalmente riconosciuti e appartenenti a qualcuno. La ripetitività dello scrollo, apparentemente innocua per i giovani, utilizzata spesso per non pensare, per distrarsi, porta sempre ad un apprendimento del cervello, che è plastico e stabilisce connessioni neurali in base a ciò che vede. Ecco anche perché dovremmo stare attenti ai contenuti che vengono postati in rete ad ampio raggio nella consapevolezza globale del ruolo dei neuroni specchio alla base dell’emulazione e dell’empatia, 

Key4BizSecondo lei su cosa si può lavorare a scuola e a casa per ridurre drasticamente questi tipi di femminicidi? 

Partendo dalla comprensione e attivando linee di ascolto della voce dei giovani, oggi così ansiosi e fragili, prima che le urla disperate arrivino alle orecchie dell’adulto. Dobbiamo sensibilizzare e comprendere, in linea anche con quanto la psicologia e psicopatologia evolutiva e le neuroscienze affettive ci hanno dimostrato negli anni, che i segnali di disagio emergono precocemente, che spesso non vengono ascoltati o sono sottovalutati. La voragine di un buco nero affettivo cementato nelle prime relazioni affettive può esplodere arrivando a frantumare il Sé in momenti diversi del ciclo evolutivo. Oggi i giovani arrivano in terapia con etichette diagnostiche che si danno da soli con “un non so cosa provo” che ci fa comprendere quanto hanno bisogno di essere ascoltati per cercare quel rispecchiamento affettivo che forse non hanno avuto nella loro infanzia. 

Key4BizL’educazione affettiva come si “insegna” a scuola e a casa? Con quali esempi da parte dei genitori, da parte della Rete e dei film e serie televisive?

I genitori e gli insegnanti sono parte preponderante e hanno un ruolo attivo, insieme a tutta la società, nel prendersi cura dell’altro, sul bene, e sui valori che la società deve oggi perseguire anche e soprattutto nella sua trasformazione digitale. Siamo tutti una grande famiglia digitale e in questo dobbiamo prestare attenzione ad attivare un’educazione digitale affettivamente orientata lungo la traiettoria evolutiva che parta dalla nascita fino all’adolescenza nel rispetto dell’altro e di se stessi tenendo conto delle narrazioni delle relazioni sentimentali che vengono costruite, mantenute e si interrompono sui social dove un video, un repost, una storia può impattare in modo imprevedibile sull’altro attivando leve intrapsichiche che si riversano – troppo spesso in modo distruttivo e impulsivo – sulla gestione delle emozioni che il giovane deve poi saper modulare nel contatto con l’altro nella realtà fuori dallo schermo.  Serie Tv, film, attività in rete sono colme di errori educativi poco consapevoli in cui si interpreta, si controlla, si blocca, si segue, , si controlla, si punisce aggressivamente legittimando comportamenti di scarsa fiducia come segno di appartenenza e di complicità senza considerare l’impatto che questo può avere sulla costituzione identitaria di un Sé non conosciuto nella sua dimensione di vulnerabilità mentale. 

Key4BizLa Premier Meloni insieme alle opposizioni vuole lavorare a una nuova legge anti-femminicidi: cosa suggerisce lei?

Prima di ogni legge occorre riflettere sugli errori condotti fino ad ora per poi attivare programmi di prevenzione sulla linea evolutiva che porta allo sviluppo di una sana affettività in termini di responsabilità collettiva. Occorre strutturare percorsi di consapevolezza che facciano leva sull’individuazione dei segnali premonitori di un’affettività disturbata che trova, molto spesso, nella narrazione digitale il filo rosso della patologia. Fondamentale in questa linea direttiva è la sensibilizzazione del gruppo dei pari come principale veicolo di supporto, testimonianza e ascolto di un disagio che dalla rete può esplodere drammaticamente nella realtà. 

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