La polemica

Troppa privacy negli smartphone: l’FBI contro Apple e Google. ‘Nessuno al di sopra della legge’

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Non sono piaciuti ai federali gli aggiustamenti apportati da Apple e Google alle policy sulla privacy che rendono impossibile l’accesso ai dati anche alle forze dell’ordine a meno di non costringere i proprietari dei dispositivi a fornire la loro password.

L’FBI non ha gradito i recenti passi avanti di Apple e Google nella protezione dei dati sugli smartphone.

Le due aziende hanno infatti deciso di adottare sistemi di criptaggio più stringenti così da rendere impossibile l’accesso ai dati anche alle forze dell’ordine a meno di non costringere i proprietari dei dispositivi a fornire la loro password.

Ma all’FBI questi aggiustamenti non sono piaciuti perché – spiega il direttore James Comey – “è inquietante che delle aziende possano deliberatamente promuovere qualcosa che metta le persone al di sopra al di sopra della legge. Nessuno è al di sopra della legge”.

Apple prima e Google poi hanno deciso in qualche modo di rispondere alle preoccupazioni degli utenti dopo lo scandalo Datagate, ma anche in seguito alla sentenza della Corte Suprema americana secondo cui la polizia non potrà più perquisire lo smartphone delle persone arrestate senza specifico mandato, proprio perché questi dispositivi contengono una trascrizione digitale di ogni aspetto delle loro vite e sono una parte pervasiva e onnipresente della vita quotidiana.

L’FBI sta quindi cercando di convincere le due aziende a modificare le loro politiche sulla sicurezza. Comey, pur difendendo il diritto alla privacy dei cittadini,  ha insistito sul fatto che l’accesso ai dati dei cellulari è necessario in caso di minacce alla sicurezza pubblica, come un attacco terroristico.

Credo che sia necessario un mandato di un giudice indipendente per poter perquisire un armadio o uno smartphone, ma non ha senso vendere un armadio che non potrà essere aperto in nessun caso – anche se c’è di mezzo il rapimento di un bambino o un ordine del tribunale”, ha detto.