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Trentaquattro anni di rating sull’Italia: il lungo crollo

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Se l’evoluzione della considerazione dell’Italia presso le agenzie di rating internazionali venisse visualizzata si vedrebbe una lunga inesorabile discesa.

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Nell’ultima valutazione espressa Standard & Poor’s ha confermato il rating sull’Italia a BBB e migliorato l’outlook da “negativo” a “stabile”. Il giudizio di S&P resta dunque di un gradino superiore a quelli di Moody’s e Fitch, che collocano l’Italia sul gradino più basso dei rating “sicuro” (investment grade), cioè “BBB-“.

Ad aprile l’agenzia di rating americana Fitch aveva tagliato il rating dell’Italia a BBB-. “Il declassamento riflette il significativo impatto del coronavirus sull’economia italiana e sulla posizione di bilancio”, speigava Ficht motivando la decisione. Si prevede, inoltre, una contrazione del Pil dell’8% nel 2020, con un debito al 156%. Ma, più in generale, se l’evoluzione della considerazione dell’Italia presso le agenzie di rating internazionali venisse visualizzata si vedrebbe una lunga inesorabile discesa. E’ quello che ha fatto Truenumbers.

Il rating sull’Italia

Il grafico sopra mostra l’andamento dei “voti” che le tre maggiori agenzie di valutazione della qualità del debito sovrano hanno attribuito all’Italia dal 1986 ad oggi. Le tre agenzie sono Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch le quali esprimono la loro valutazione assegnando delle lettere alla qualità del debito: tutte partono dalla tripla A (“AAA”) ma con scale diverse per ognuno.

Truenumbers ha trasformato le lettere in numeri partendo da un massimo di 21 per la “Aaa” di Moody’s fino a 1 per la “C”, che è parere peggiore assegnato dall’agenzia americana (20 punti per Aa2, 19 punti Aa3 e allo stesso modo fino all’ultima delle valutazioni disponibili). Per Standard & Poor’s si parte da un massimo di 25 fino ad un minimo di 1 per la sua “D”. Per Fitch si parte da un massimo di 22 a 1 per la “D”. Per esempio, l’ultimo voto “BBB-” in numeri è diventato 13. Non vengono presi in considerazione gli “outlook”, cioè le “previsioni” che ogni singola società di rating assegna all’andamento dell’economia e della solidità del debito. Nel grafico sono, in altre parole, indicati solo i valori numerici del voto vero e proprio.

Quando avevamo il rating “tripla A”

Il risultato è il grafico sopra. Nel 1986 Moody’s (linea blu) assegnava al debito pubblico italiano una valutazione pari a 21, cioè il massimo, la famosa e agognatissima “tripla A”. Nel corso del tempo il voto è sceso fino a 13, corrispondente ad un voto “Baa2”. All’interno di questo lasso di tempo Moody’s ha aumentato il voto all’Italia nel 1997 (18 pari a un voto “Aa3”) e nel 2002 (19 pari a “Aa2”).

Fitch è partita nel 1994 con un punteggio pari a 20 (corrispondente a un voto di “AA”) mentre ora assegna all’Italia un voto corrispondente a 15 (“BBB”) con una promozione sola, nel 2002. Infine Standard & Poor’s: il suo rating sull’Italia nel 1988 era  “Aa+” pari ad un indicatore numerico di 24 mentre oggi il voto è pari a “BBB” cioè un valore numerico di 16. Peraltro Standard & Poor’s è l’unica agenzia di rating che non ha mai promosso l’Italia.

I dati si riferiscono al: 1986-2020

Fonte: Dati delle singole agenzie