Lo studio

Trasporto pubblico obsoleto in Italia: è l’offerta più bassa in Europa. Studio Cdp

di |

È il momento di ridurre il gap con i Paesi europei, ma si deve invertire la tendenza, favorendo il ferro e soprattutto la qualità. Un trasporto pubblico locale moderno ed efficiente può rappresentare 5,6 miliardi di euro di valore aggiunto per il sistema Paese e 137 mila nuovi posti di lavoro l’anno.

Tra qualità del servizio, parco mezzi e infrastrutture, il trasporto pubblico urbano italiano è uno tra i più obsoleti ed insufficienti d’Europa. È quanto emerge dal nuovo documento dell’ufficio Studi e Ricerche della Cassa depositi e prestiti intitolato “Investire nel trasporto pubblico. Mezzi e reti per la mobilità, presentato al XIII Convegno Nazionale dell’Associazione nazionale delle imprese di trasporto pubblico locale (Asstra) in corso a Roma.

Partiamo subito da un dato chiaro a tutti: in Italia la quota del trasporto “su gomma rappresenti ben il 64% del totale del trasporto pubblico, relegando il trasporto “su ferro” a una quota minoritaria del 36%. Il nostro Paese mostra infatti un rapporto molto più sbilanciato verso la “gomma” rispetto agli altri partner europei, come Germania, Francia e Regno Unito, che fanno registrare una quota modale del “ferro” superiore al 60%. Anche la Spagna presenta una quota maggiore rispetto all’Italia (45% contro il 36%).

Dal confronto con l’Ue emerge che le metropolitane in Italia presentano, in termini di offerta, i valori più bassi, 233 km di rete metropolitana contro una media europea di circa 500 km, che significa circa 3,83 km per abitante contro una media europea pari a 9,78 km per abitante.

Anche il settore tranviario soffre, con una rete nazionale che si estende per 325 km, a fronte dei 1.897 km tedeschi e dei 735 km francesi. Un dato significativo è quello del rapporto tra lunghezza della rete e popolazione. L’ indicatore mostra come in Italia siano presenti 5,34 km di rete tranviaria ogni milione di abitanti, con un rapporto nettamente inferiore rispetto ai 23,37 km tedeschi e agli 11,07 francesi, ma comunque in linea con il dato spagnolo (5,05 km) e al di sopra di quello britannico (3,65 km).

In un contesto come quello descritto, caratterizzato da un parco mezzi vetusto ed inefficiente e da una rete di metropolitane e tranvie complessivamente poco capillare, concordiamo con il commento dei ricercatori che “il fabbisogno di risorse da destinare agli investimenti appare ingente”, con l’aggravante di una politica che penalizza gli investimenti per il rinnovo del parco mezzi e del materiale rotabile.

Da notare poi che nelle ultime leggi Finanziarie (2014, 2015, 2016) si è continuato ad erogare risorse da destinarsi, interamente o quasi, al “trasporto su gomma”. Bisogna arrivare alla Legge di Bilancio 2017 per trovare un “Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile”, che prevede uno stanziamento complessivo pari a 3,7 miliardi di euro su un orizzonte temporale di lungo periodo che arriva al 2033.

Dopo anni difficili, si legge nel Rapporto, il settore è tornato al centro di un rinnovato impegno pubblico, soprattutto in termini di dotazione finanziaria, da abbinare a nuovi modelli di finanziamento e a un utilizzo efficiente delle risorse europee.

D’altronde la mobilità urbana è già oggi uno degli elementi chiave per la crescita del Parse intero, per l’inclusione sociale, l’innovazione tecnologica, lo sviluppo sostenibile, la qualità dei servizi pubblici e della vita stessa in città.

Quello che si richiede, sostanzialmente, è uno sforzo rilevante in termini di investimenti per un trasporto pubblico locale più moderno ed efficiente, che – secondo lo studio Cdp – può rappresentare 5,6 miliardi di euro di valore aggiunto per il sistema Paese e 137mila nuovi posti di lavoro l’anno.