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Tra cinema e Rai, si rinnova l’ansia da pandemia

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Confusione a 360 gradi, tra cinema e Rai e rinnovato terrore pandemico. Va riattivato il “punto stampa” quotidiano delle ore 18 della Protezione Civile, per evitare una escalation di “infodemia”.

La citazione del Grande Timoniere è abusata, ma certamente adatta a descrivere lo stato confusionale nel quale versa il Governo guidato da Giuseppe Conte: basta leggere la testata giornalistica che segue con maggiore intensità la rinnovata emergenza Covid-19 “fase 2”, ovvero il quotidiano “Corriere della Sera”, con la sempre attenta (e certamente molto introdotta nei corridoi di Palazzo Chigi) Fiorenza Sarzanini, e, nell’edizione odierna, con un’intervista di Giovanni Bianconi alla titolare del Ministero dell’Interno Luciana Lamorgese (che sembra usare un linguaggio da democristiana d’antan).

Grande è la confusione sotto il cielo, la situazione è eccellente”, sostenne Mao Tse-tung riferendosi alle conseguenze della terribile “rivoluzione culturale”, che squassò la nazione ed il partito (e che orribili danni produsse): in Italia, da mesi, e soprattutto nelle ultime settimane, certamente “grande è la confusione sotto il cielo”, ma la situazione non è eccellente: “è pessima”.

È evidente che il Premier sta perdendo “il controllo” della situazione, sia nella dialettica interna alla maggioranza di Governo (cercando di non assecondare la linea dura dei rigoristi, ovvero Dario Franceschini e Roberto Speranza), sia rispetto al policentrismo dei “decision maker” delle Regioni (che procedono ognuno per la sua via, in primis l’integralista dai tratti surreali, qual è Vincenzo De Luca): il risultato è un processo confusionale che cresce giorno dopo giorno, con decreti della Presidenza del Consiglio che continuano ad essere polisemici, e decreti ed ordinanze di presidenti di Regione e di sindaci che alimentano un continuo flusso caotico di decisioni e notizie.

La Rai, in tutto questo, continua a mostrarsi inerte, allorquando avrebbe potuto svolgere un ruolo centrale, fondamentale, essenziale, proponendosi come “canale istituzionale” e come “laboratorio dialettico” della lotta alla pandemia. Il modo con cui i telegiornali della televisione pubblica italiana trattano la novella ondata pandemica sono veramente intollerabili: allarmismo a gogò, terrorismo psicologico, numeri lanciati come petardi, amplificazione continua ed acritica delle decisioni governative

La Rai e la pandemia: prevale assenza di spirito critico ed assenza di equilibrio politico

Non staremo qui a sostenere che Rai dovrebbe dare spazio finanche ai “negazionisti” (in democrazia, anche le tesi estreme debbono avere libertà di espressione, e dovrebbero essere pur criticamente rappresentate dai media “mainstream”, soprattutto se di “servizio pubblico”), ma la Tv pubblica dovrebbe assumere un approccio meno sensazionalistico: anche soltanto sottoponendo a validazione critica la “numerologia” incerta che proviene dal Ministero della Salute ovvero dal Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio.

In argomento (numeri in libertà), rinnoviamo la richiesta che abbiamo manifestato su queste colonne, ovvero la necessità di ri-convocare a cadenza quotidiana una “conferenza stampa” quindi (come s’usa dire ormai spesso) un “punto-stampa” presso la Protezione Civile (o anche il dicastero per la salute) che consenta ai giornalisti di porre quesiti in modo ordinato e continuativo ai “rappresentanti delle istituzioni”.

A questa conferenza quotidiana riteniamo dovrebbero partecipare sia il Capo della Protezione Civile Angelo Borrelli, sia i rappresentanti del mitico Comitato Tecnico Scientifico (“a rotazione”, come avveniva fino a qualche tempo fa), integrati da un Ministro e finanche da un Presidente di Regione.

Questo “format” auspicabile consentirebbe di ridurre la degenerazione infodemica che si sta ripresentando in questi giorni, con intensità maggiore rispetto al passato, giustappunto perché manca una occasione quotidiana di confronto. Sui giornali ed in tv, imperversano gli esperti del Cts ed altri ancora, con pareri in contrasto tra loro: una vera Babele di tesi ed opinioni, con il lettore e con il telespettatore in comprensibile latente crisi isterica…

Non possiamo continuare a… pendere dalle labbra del Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte, in ansiosa attesa della prossima sua “conferenza a reti unificate” (vedi il nostro ultimo commento critico, su “Key4biz” di lunedì scorso 19 ottobre, “Conte torna in video, Governo di nuovo in confusione sulla pandemia”). Serve un “punto stampa” quotidiano, tecnico e dialettico, scientifico e politico.

Non granché utile – al di là della graziosa impostazione infografica – il neo-nato (è stato diramato oggi pomeriggio dal suo ufficio stampa) “report settimanale” curato dal Commissario Straordinario Domenico Arcuri: che, con questa novella iniziativa, voglia egli assurgere a “grande comunicatore” del “governo” della pandemia?! Dati i risultati sconfortanti dell’applicazione Immuni (di cui è stato il più grande fautore), si nutrono molti dubbi.

Nel mentre, la confusione è generale e specifica.

Chiusa l’industria dei convegni, vietati i congressi, ma le “sale bingo” invece no…

Alcuni esempi sono sintomatici: in maniera brutale, con l’accetta, il Governo ha deciso di impedire l’organizzazione di congressi e convegni, nonostante le iniziative finora realizzate fossero state organizzate nel rispetto delle norme precauzionali… E, nel mentre, iniziative come la Festa del Cinema di Roma continuano ininterrotte: due pesi, due misure?! Anzi, tanti pesi, tante misure…

Il Governo decide di interrompere l’attività convegnistica, mentre non si preoccupa più di tanto delle “sale bingo”, nelle quali si determinano rischi di “assembramenti”, e si limita ridurre il lasso temporale della possibile frequentazione (dalle 9 alle 21)… Senza ovviamente prestare la minima attenzione ad un settore che produce sì flussi significativi di entrate per lo Stato, ma al tempo stesso alimenta disagio psico-fisico, dipendenza e patologia: un settore controverso, come quello della produzione di armamenti, sul quale prevale la cappa della “ipocrisia di Stato”, come per il tabacco…

Due giorni fa, le associazioni del settore hanno protestato contro questa novella “norma”, e l’elenco delle firme della lettera di lamentazione delle associazione del business eventi e congressi è ben lungo, anche perché si tratta di un settore che vanta un indotto di quasi 65 miliardi di euro, a fronte di un impatto diretto di ben 35 miliardi: Admei, Aica, Alleanza Cooperative Italiane, Associazione Internazionale Interpreti di Conferenza in Italia, Associazione Nazionale Banqueting e Catering; Assoturismo, Astoi, Club degli Eventi e della Live Communication, Confturismo, Convention Bureau Italia, Federalberghi, Federcongressi&eventi, Federturismo, Fiavet, Icca Italian Committe

Il cinema: box office italiano crolla del 70 % rispetto all’anno scorso…

Per ora, teatri e cinematografi non sembrano essere a rischio di chiusura totale, anche perché – sia consentita l’amara riflessione – sono ormai così poco frequentati, che il rischio reale di diffusione del contagio in quegli spazi tende a zero: il “box office” italiano registra un crollo del 70 per cento, rispetto all’omologo periodo dell’anno scorso, pre-Covid (settembre-ottobre 2019). Un disastro, nonostante la consentita ri-apertura. Ed il Governo non si è minimamente preoccupato di avviare una campagna promozionale per ri-stimolare questa forma di fruizione culturale.

Come segnala la newsletter “CineNotes” curata da AgisAnec nell’edizione di ieri, sarebbe stato dimostrato che nessun caso di Covid-19 al mondo sia attribuibile alla fruizione di cinema in sala: la testata specializzata “Celluloid Junkie” ha pubblicato le risultanze di uno studio da cui emerge che non un singolo caso di Covid-19 in tutto il mondo può essere ricondotto a un cinema, multiplex o spazio pubblico adibito a cinema. Sin dalle prime chiusure lo scorso febbraio in Cina, la rivista ha preso in considerazione tutti i dati e le notizie relative al Covid-19: lo studio sostiene che la decisione di aprire o meno i cinema sia basata sulla “politica” più che sulla “scienza”, citando come esempio il fatto che a New York sono aperte chiese e piste di bowling, nonostante sia stata dimostrata la correlazione tra focolai e l’attività di ristoranti, locali notturni, bar, chiese… Comunque, da oggi (23 ottobre), riaprono i cinematografi a New York, seppure con forti limitazioni: dopo le pressioni dell’esercizio e la lettera aperta della Global Cinema Federation, il Governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo ha annunciato che i cinema fuori New York City potranno riaprire con una capacità ridotta al 25 % dei posti complessivi, ed un massimo di 50 spettatori a spettacolo. Cuomo ha annunciato che la ripresa delle attività avverrà “contea per contea” (come richiesto dalla Gcf), per il momento autorizzando quelle sotto il 2 % di positività al Covid-19 in una media di 14 giorni e senza focolai… Paese che vai, costumi (oops: divieto) che trovi.

In Italia, per ora, sono stati confermati (anche dall’ultimo Dpcm) i “limiti di capienza” vigenti per le sale cinematografiche e gli spettacoli dal vivo, ovvero 200 persone al chiuso e 1.000 all’aperto, con la possibilità delle Regioni di derogare in base alle caratteristiche delle strutture.

Tanti provvedimenti a sostegno della cultura annunciati dal Ministro Franceschini, ma la macchina burocratica è inceppata, i sostegni non arrivano

Dai “massimi” ai “minimi” sistemi…

Il Ministro Dario Franceschini continua ad annunciare, quasi ogni giorno, ulteriori sostegni pubblici a favore del sistema culturale, ma nel mentre tutti gli operatori dei vari settori non vedono una lira, ed arrancano e boccheggiano. Un esempio, tra i tanti: il 13 agosto la Direzione Cinema e Audiovisivo del Mibact ha pubblicato i risultati di uno dei tanti “bandi” previsti dalla Legge Franceschini, ovvero il sostegno pubblico ai festival cinematografici. Si tratta del fondo che – nello slang settoriale – si chiama “bando promozione”. È stato deciso che, a differenza di quel che avveniva negli anni precedenti, causa Covid l’acconto sulle sovvenzioni ministeriali sarebbe stato dell’80 per cento, a fronte del 60 per cento. Bene. Però…

Molti festival hanno cercato di proporsi in versione digitale, alcuni in versione ibrida (in presenza – ristretta – ed al contempo su web; il primo è stato l’Ischia Film Festival), e questo loro sforzo doveva essere premiato. Invece, cosa accade? A distanza di oltre due mesi da quella notizia di metà agosto, non è stato ancora firmato e pubblicato il decreto direttoriale che pubblica la graduatoria, i punteggi, e che consente quindi di avviare le procedure per il concreto pagamento delle anticipazioni…

Casi come questo se ne registrano a decine, e naturalmente non soltanto nel settore culturale.

Sono fenomeni co-determinati anche dalla tanto auspicata pratica del “telelavoro”, che sarà sì molto… “smart”, ma che rallenta paradossalmente tutti i processi burocratici, dato che Ministeri ed altre pubbliche amministrazioni italiane non sono ancora adeguatamente attrezzati per questo tanto decantato “new deal”.

L’emblematico caso “Soul”: non nei cinematografi ma sulla piattaforma Disney+

Nella confusione generale, si assiste anche a vicende ai limiti del surreale, come è stata quella della Festa del Cinema che ha presentato – in occasione della propria apertura, il 15 ottobre – su schermo cinematografico un film d’animazione come “Soul” (prevedibile blockbuster), che però la Disney annuncia non verrà distribuito nelle sale (l’uscita era stata annunciata per il 19 novembre), perché lo vuole simpaticamente utilizzare come “appeal” per la propria piattaforma “streaming” Disney+.

In Francia, l’associazione nazionale degli esercenti Fncf ha definito la decisione della Disney “dirompente per l’intera catena audiovisiva”.

In Italia, alcuni si lamentano e protestano – come la neonata associazione di esercenti Ucei – ma nessuno interviene e la deriva continua. Ha commentato il Presidente della confindustriale Anec (Agis) Mario Lorini: si tratta di una scelta che non possiamo che definire inaccettabile, un altro duro colpo inferto alle sale cinematografiche. Un prodotto nato per la sala, tra i più attesi del 2020 da noi esercenti e dal pubblico ora passa inspiegabilmente in piattaforma creando un ulteriore disagio e un vuoto nelle nostre programmazioni. Questo per noi è gravissimo. Viviamo un momento di profonda crisi, i nostri esercizi sono in sofferenza così tutta l’industria del cinema. Gli spettatori devono essere incentivati a tornare in sala”.

Inascoltato, anche lui, sia dalla Disney sia dal Governo. Comprendiamo che il Ministro Dario Franceschini abbia ben altro cui pensare, ma…

Rai: la tempesta della ventilata chiusura di RaiSport

A Viale Mazzini, intanto… infuria la tempesta (altro che “situazione sotto controllo”, insomma!).

Mercoledì della scorsa settimana (14 ottobre), l’Amministratore Delegato Fabrizio Salini ha presentato un piano di risparmio da 20 milioni per un bilancio spesso in rosso, specialmente durante una crisi come quella che stiamo vivendo, attraverso una serie di rinvii, razionalizzazioni e accorpamenti tra reti considerate ormai “obsolete”: tra queste decisioni radicali, sarebbe prevista la chiusura di RaiSport, la fusione di Rai5 e Rai Storia (che confluirebbero in un canale col “brand” di Rai Cultura), lo slittamento di qualche mese (o “sine die”?!) dei 2 canali previsti dal “contratto di servizio” con lo Stato, ovvero il canale istituzionale ed il canale per l’estero… Con ottica ragionieristica, invece di investire si chiude, o si contrae.

Soprattutto la ventilata chiusura di RaiSport ha provocato un coro di proteste: da Michele Anzaldi di Italia Viva a Valeria Fedeli del Partito Democratico, dal Presidente della Commissione di Vigilanza Alberto Barachini (Forza Italia) per arrivare a Sinistra Italiana (che ha peraltro lamentato il rinvio della fiction su Mimmo Lucano – il controverso Sindaco di Riace –, “congelata” dal 2018), così come per la Lega di Matteo Salvini

Michele Anzaldi (Iv) ha dichiarato il 18 ottobre che “Salini avrebbe portato in Cda l’incarico ad una società esterna per lavorare a cancellazioni e accorpamenti di canali, ma di quale società si tratta? Quanto costa questo incarico? Possibile che nessun consigliere abbia chiesto spiegazioni? Anche perché il costo di questo ennesimo incarico esterno è certo e graverà sui conti Rai, mentre i presunti risparmi sono tutti da conoscere”. Nulla di nuovo, si osserva (a Roma si sentenzierebbe: “e che te lo dico a fa’?!”), ricordando gli incarichi milionari che Rai ha affidato nel corso del tempo alla multinazionale Boston Consulting Group (Bcg) per la redazione del “piano industriale”, come se Viale Mazzini non disponesse di adeguate risorse professionali interne per redigere un simile documento. Si ricordi che sia la consigliera di area Pd Rita Borioni sia il consigliere espresso dai dipendenti Rai Rodolfo Laganà si sono astenuti sul bilancio Rai, ma si ha ragione di temere che questa loro netta presa di posizione non determinerà “u-turn” da parte di Salini.

È stato invocato un intervento del Ministro Roberto Gualtieri (Pd) e la scottante dinamica è stata rimandata al prossimo Cda, che si terrà giovedì prossimo 29 ottobre. Sibillino è stato anche il commento del Sottosegretario all’Editoria Andrea Martella (Pd), che, alla presentazione del rapporto Auditel-Censis, ha detto che alla Rai servirebbe “un sistema di governance nuovo”, tesi che è stata interpretata dai più come una delegittimazione politica (partitocratica) dell’attuale vertice di Viale Mazzini, una sorta di segno premonitore, una “cronaca di una morte annunciata”…

Conclusivamente, un’unica certezza: “grande è la confusione sotto il cielo”…

Per una interpretazione critica ed alta del fenomeno pandemico, suggeriamo la lettura della rubrica “Una voce” del filosofo Giorgio Agamben, sul sito della casa editrice Quodlibet

Clicca qui, per il nuovo report settimanale “L’emergenza Covid al 22 ottobre 2020”, diramato oggi 23 ottobre 2020 dal Commissario Straordinario Domenico Arcuri