C’è anche l’Italia, in prima fila con Germania e Francia, nel drappello di Paesi Ue contrari ad uno stravolgimento della regolazione europea delle Tlc, come configurata dal Digital Networks Act. E’ quanto emerge da un documento riservato, non ufficiale e quindi senza valore legale (ma dal profondo significato sostanziale) in cui il Segretariato generale del Consiglio Ue ha inviato una missiva alla Commissione Europea chiedendo esplicitamente di mettere il freno a mano al DNA, che è slittato a gennaio. E’ quanto emerge da un documento trapelato visionato da Key4biz.
Direttiva e non regolamento
In primo luogo, Austria, Francia, Germania, Ungheria, Italia e Slovenia hanno unito le forze per sollecitare l’esecutivo dell’UE a presentare l’imminente Digital Networks Act (DNA) come direttiva, per timore che un approccio univoco rischi di calpestare le prerogative nazionali e ignorare le differenze locali. Si ricorda che la direttiva è uno strumento legislativo meno cogente del regolamento.
Il disegno di legge mira a riformare il regime delle telecomunicazioni dell’UE, facilitando l’implementazione del 5G e della fibra ottica da parte degli operatori e sbloccando maggiori investimenti nelle infrastrutture digitali dell’Unione.
Tuttavia, le capitali dell’UE respingono da anni le riforme delle telecomunicazioni, scontrandosi su una proposta di “equa ripartizione”, sulla necessità di aggiornare la gestione dello spettro e sulla spinta ad allentare la pressione normativa sui maggiori operatori di telecomunicazioni europei.
Tra i primi nel nostro paese a denunciare il DNA è stata l’AIIP, che ha anche aperto il sito dedicato stopdna.eu.
La protesta contro il DNA: cosa chiedono Italia, Germania, Francia & Co
DNA, Direttiva e non Regolamento
In vista della revisione al quadro normativo per le comunicazioni elettroniche che sarà adottato entro il 2026 con il Digital Networks Act, i paesi suddetti chiedono di presentare il DNA come direttiva e non come regolamento. “I mercati nazionali delle telecomunicazioni sono caratterizzati da notevoli differenze, per questo gli stati membri hanno bisogno di sufficienti margini di manovra per tenere conto delle specifiche caratteristiche nazionali e assicurare un quadro coerente con altre regolazioni nazionali”, si legge nel documento.
Soltanto la forma legale della direttiva fornisce la flessibilità richiesta, mentre il Regolamento valido per tutti gli stati membri non permetterebbe di adattare le regole alle particolari necessità dei singoli stati.
In particolare, circa le norme che rientrano sotto le prerogative la sovranità nazionale, in materie particolari come le intercettazioni, il quadro normativo del paese di origine non può rientrare nel quadro delle comunicazioni elettroniche.
DNA, Spettro radio resti competenza sovrana nazionale: no a gestione centralizzata dello spettro
“Soltanto l’allocazione delle frequenze da parte dei singoli stati membri assicura che le caratteristiche spettrali dei singoli stati e le particolari esigenze di mercato possano essere considerate nel modo adeguato anche nel quadro di un contesto armonizzato dello spettro. Inoltre, ciò garantisce che gli Stati più ambiziosi (in termini di allocazioni più innovative ndr) non vengano in qualche modo bloccati”, si legge nel documento.
No, quindi, ad una gestione centralizzata dello spettro indipendente da un’analisi preventiva a livello nazionale.
Regolazione dell’accesso: ogni modifica deve essere fatta con grande attenzione e non deve indebolire la concorrenza e i benefici per i consumatori. No all’abolizione de modello wholesale only
Premesso che la regolazione va tenuta al minimo, per ridurre il carico burocratico delle aziende, il Codice Europeo delle Comunicazioni Elettroniche fornisce già, comunque, “una serie flessibile di strumenti regolatori (compreso l’articolo 80 che riguarda il modello wholesale only), che serve a questo scopo”, si legge.
La regolazione ex ante è spesso richiesta “per evitare la ri-monopolizzazione, mantenere la concorrenza e promuovere gli investimenti in servizi di connettività fissa, in particolare durante la migrazione dal rame alla fibra”, si legge.
L’impatto dello switch off del rame è tutto da verificare
“L’impatto dello switch-off del rame a livello Ue va ancora valutato attentamente. La sua implementazione potrebbe produrre un aumento dei costi, distorsioni di mercato, squilibri fra diversi stati membri con livelli differenti di copertura FTTH e adozione dei servizi, rapidità di diffusione più lenta, così come la chiusura di infrastrutture funzionali a fronte di maggiori esborsi per i clienti”, si legge.
“I mercati di rete mantengono in genere una dimensione locale e dovrebbero essere trattati da questa prospettiva”, prosegue il documento sottoscritto da Italia, Germania, Francia e altri Stati membri.
La Governance del quadro europeo delle comunicazioni elettroniche funziona bene e non ha bisogno di modifiche sostanziali: BEREC e RSPG restino come sono
Infine, anche dal punto di vista della governance, secondo la missiva maggior poteri a livello Ue sarebbero in contraddizione con l’obiettivo di semplificare il quadro normativo. Il quadro regolatorio, si legge ancora, non ha bisogno di ulteriori consultazioni e processi decisionali.
“Il Body of European Regulators for Electronic Communications (BEREC) e l’RSPG non hanno bisogno di una fusione o di particolari modifiche nella distribuzione dei rispettivi compiti. Entrambi i gruppi hanno diverse funzioni e compiti e sono di norma formati da rappresentanti di diverso titolo degli Stati membri”, chiude il documento.
