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Tlc: in Europa è tempo di consolidare

M&A

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Sembra che la nuova Commissione europea possa finalmente realizzare il principale desiderio dell’industria europea delle telecomunicazioni, che da tempo lamenta un eccesso di concorrenza sui mercati nazionali, deleterio per i ricavi e gli investimenti del settore.

Secondo gli operatori, le politiche europee si sono concentrate negli ultimi anni più sul versante dei consumatori che su quello dell’industria, generando sì vantaggi per gli utenti in termini di calo dei prezzi, ma provocando anche una drastica riduzione degli introiti e limitando di conseguenza la capacità di investire e la qualità dei servizi offerti.

In Italia, ad esempio, la diffusione delle connessioni superiori ai 30 MBps è ferma al 21% (pari a una penetrazione dell’1%) contro una media Ue del 62% in termini di diffusione e del 6% in termini di penetrazione e picchi dell’82% e del 75% nel Regno Unito e in Germania. A ciò è da aggiungere che i ricavi sia nel segmento fisso che in quello mobile sono in costante declino dal 2009. Nel mobile, in particolare, il calo al primo trimestre di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2013 è stato del 13%.

La riduzione da 4 a 3 del numero di operatori nazionali è quindi una delle soluzioni privilegiate dalle telco per invertire il trend negativo dei ricavi e tornare a investire. Secondo Idate, l’Europa è l’unico mercato al mondo in cui all’esplosione del traffico dati sulle reti mobili non è corrisposto un aumento dei ricavi degli operatori tlc, anzi: dal 2009 al 2013 i ricavi hanno registrato un calo del 2,8% su base annua.

Il primo tassello della nuova tendenza, in realtà, è stato fissato quest’estate, quando da Bruxelles è arrivato il via libera alla fusione tra il terzo e il quarto operatore del mercato tedesco, O2 (di proprietà di Telefonica) ed E-Plus (KPN).

Un via libera  – subordinato a specifiche condizioni come è stato anche per altri merger (quello  tra 3 e O2 in Irlanda e tra 3 e Orange in Austria) – che  ha di fatto segnato una svolta molto attesa dalle telco europee e col quale la Commissione ha redatto una sorta di guida al ‘buon consolidamento’ nel Continente.

Tra i mercati dove è più alta la probabilità di assistere a operazioni di concentrazione, quelli in cui operano 4 operatori, quindi anche l’Italia.

Da tempo, nel nostro paese, si rincorrono voci di una possibile fusione tra il terzo e il quarto operatore mobile: Wind e 3 Italia. Ipotesi avvalorate dall’alto indebitamento di Wind (9,1 miliardi a fine 2013) e dal solido bilancio di 3 Italia (controllata dal conglomerato Hutchison Whampoa).

Le due società non hanno mai confermato di aver intrapreso delle trattative ma, secondo gli analisti, gli sforzi portati avanti da Wind per ristrutturare il debito e cedere le attività ad alta intensità di capitale come le torri, suggeriscono che anche in Italia ci si sta preparando ad approfittare dell’ammorbidimento della Ue.

Un’altra carta che Wind potrebbe giocare sarebbe la vendita di Infostrada a Vodafone. Per gli analisti di Citi, Infostrada controlla più di un settimo del mercato broadband italiano e una vendita dell’asset potrebbe portare in cassa circa 4 miliardi, stando alle attuali valutazioni nel settore.

Allo stesso modo, ci si attendono nuovi sviluppi anche in Francia dove già si è registrata l’acquisizione di SFR da parte di Numericable. Nonostante questa fusione fisso-mobile, il mercato resta molto competitivo, soprattutto nel segmento mobile, dove si registrano tariffe tra le più basse d’Europa. Tra le ipotesi più accreditate potrebbe profilarsi un’offerta di Iliad su Bouygues, che però difficilmente venderà gli asset tlc per meno di 8 miliardi. Non è escluso, poi, che Bouygues finisca nel mirino di SFR-Numericable, mentre ai margini dei giochi dovrebbe restare Orange che a settembre ha speso 3,4 miliardi per comprare l’operatore fisso spagnolo Jazztel.

Nel Regno Unito, Orange e T-Mobile vorrebbero vendere EE e BT potrebbe essere l’acquirente giusto. Sulla base dei risultati di quest’anno, l’operatore potrebbe essere valutato intorno a 12 miliardi di sterline, otto volte l’Ebitda.

Un’altra opzione possibile potrebbe essere l’acquisizione di Virgin da parte di Vodafone, che così metterebbe le mani su una rete in fibra estesa a un quinto del mercato britannico.

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