Un accordo multimiliardario nel settore dei semiconduttori tra un’entità affiliata all’ex presidente Donald Trump e investitori degli Emirati Arabi Uniti è stato sospeso a causa di crescenti preoccupazioni legate alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti.
Le autorità federali temono che la partecipazione straniera in un asset strategico come la produzione di chip possa compromettere interessi sensibili, data l’importanza di questi componenti per infrastrutture critiche, difesa e tecnologia.
Il Comitato per gli Investimenti Esteri negli Stati Uniti (CFIUS) sta valutando attentamente l’intesa, temendo che possa facilitare l’accesso a tecnologie avanzate da parte di attori stranieri con interessi geopolitici potenzialmente divergenti da quelli americani.
Le autorità non hanno ancora emesso una decisione finale, ma l’esame approfondito riflette una linea sempre più rigorosa verso gli investimenti esteri nel settore tecnologico, in particolare quando coinvolgono paesi del Golfo o dell’Asia.
L’accordo avrebbe previsto l’acquisizione di partecipazioni in aziende statunitensi operanti nella produzione di chip di nuova generazione, un comparto considerato cruciale nella competizione globale, soprattutto con la Cina.
La vicenda solleva interrogativi sull’equilibrio tra attrattività degli investimenti stranieri e tutela dell’autonomia industriale e scientifica. Inoltre, il coinvolgimento di figure politiche di rilievo, come Trump, amplifica la complessità politica e mediatica del caso.
L’interferenza di tematiche di sicurezza nazionale nei flussi economici dimostra come la tecnologia dei semiconduttori non sia più solo questione industriale, ma terreno di confronto strategico tra potenze.
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