L'operazione

Tim, verso NetCo 21mila dipendenti e debito per 10-11 miliardi?

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Circa metà del personale di Tim sarebbe destinato a passare nella società della rete, la cosiddetta NetCo, che nascerà dalla scissione strutturale degli asset di rete fissa in Italia e di Sparkle dalla ServCo.

Circa metà del personale di Tim sarebbe destinato a passare nella società della rete, la cosiddetta NetCo, che nascerà dalla scissione strutturale degli asset di rete fissa in Italia e di Sparkle dalla ServCo, la società dei servizi. Lo scrive la Reuters, rilanciando le ultime voci alla vigilia della presentazione del piano industriale di Tim, in programma il 7 luglio. Sarebbero quindi 21mila dipendenti su un totale dei circa 42.500 i lavoratori del gruppo in Italia che dovrebbero confluire in NetCo. Nel contempo, i vertici di Cdp, l’amministratore delegato Pietro Scannapieco e il presidente Giovanni Gorno Tempini, si trovano a Bruxelles e stasera incontreranno i giornalisti italiani. Domani saranno all’ambasciata italiana presso la Commissione Ue.

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Valutazione di NetCo

Secondo indiscrezioni, NetCo verrebbe valutata intorno ai 20 miliardi di euro da Tim, debiti compresi, dovrebbe assumere 10-11 miliardi di euro di debito della società, aggiunge la Reuters.

Le risorse finanziarie provenienti dalla potenziale operazione di integrazione di NetCo con Open Fiber saranno utilizzate per ridurre il debito di Tim sotto i 10 miliardi di euro, aggiunge una delle fonti. Al 31 marzo 2022, il debito netto di Tim si attestava a quota 22,6 miliardi di euro.

L’attuazione della scissione tra rete e servizi al momento è strettamente legata al raggiungimento di un accordo tra Tim e Cdp – che è il secondo principale azionista del gruppo telefonico e controlla il 60% di Open Fiber – sulla creazione della cosiddetta rete unica.

La strada è lunga, ma la rete unica nascerebbe dalla combinazione tra NetCo e Open Fiber e sarebbe controllata da Cdp, mentre Tim potrebbe uscire del tutto, secondo il piano sulla rete unica reso noto qualche giorno fa dal Messaggero. Per quanto riguarda la governance, il documento pubblicato dal Messaggero recita che “…integrazione tra NetCo (come risultante dalle fasi (i) e (ii) di cui sopra) e Open Fiber (o altra società direttamente o indirettamente partecipata da CDPE, MAM e Teemo), in base a quote di partecipazione e una struttura di governance tese ad attribuire ad ogni effetto di legge il controllo – diretto o indiretto ed eventualmente anche in via congiunta – di NetCo in capo a CDPE, restando inteso che, fermo quanto precede, la governance di NetCo (come risultante dalle fasi di cui al presente paragrafo (iii)) sarà negoziata in buona fede da CDPE, MAM e Teemo in coerenza con l’attuale governance di Open Fiber e di FiberCop e, a tal fine – non appena ragionevolmente possibile dopo che la struttura dell’Operazione sarà stata sostanzialmente concordata tra le Parti in conformità al presente Protocollo – CDPE, MAM e Teemo si scambieranno gli elementi chiave dell’attuale governance di, rispettivamente, Open Fiber e FiberCop. Eventuali accordi tra CDPE, MAM e Teemo per regolare la governance di NetCo saranno preventivamente comunicati a TIM nella misura necessaria a consentire a quest’ultima di effettuare le proprie valutazioni in merito ai rischi regolamentari connessi all’Operazione anche nel contesto dei contatti e delle interlocuzioni con le Autorità competenti di cui al successivo Paragrafo 6.5, fatti salvi gli obblighi di riservatezza…”.

Le parti hanno firmato un accordo non vincolante, che punta al raggiungimento di un accordo definitivo per la fine di ottobre.

All’accordo hanno aderito anche i fondi infrastrutturali Macquarie e Kkr, che detengono rispettivamente quote di minoranza in Open Fiber e FiberCop, dove Tim ha fatto confluire la rete secondaria in rame e in fibra dagli armadi stradali fino alle case, e che è destinata a confluire in Netco, insieme alla rete primaria e a Sparkle.

ServCo

Per quanto riguarda il lato dei servizi, dove rimarrebbe la controllata brasiliana, le attività italiane saranno suddivise in due entità, ciascuna con il proprio modello di business e specifici obiettivi finanziari, Tim Consumer e Tim Enteprise.

Quest’ultima si occuperà di fornire servizi di connettività ai grandi clienti e alle pubbliche amministrazioni, e ingloberà le attività di cloud, cybersecurity e Internet of Things, oggi suddivise in tre diverse società (Noovle, Telsy e Olivetti).

La divisione enteprise, che attualmente genera ricavi annui pari a poco meno di 3 miliardi di euro, punta ad arrivare ad un fatturato di 4,9 miliardi di euro nel 2030 e potrebbe essere successivamente separata per favorire l’ingresso di un partner finanziario, spiega una delle fonti.

La divisione consumer dovrebbe ricevere intorno ai 14mila dipendenti, aggiungono le fonti.