Verso l'assemblea

Tim, per Elliott al timone resterà Genish comunque vada con Vivendi

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Il fondo attivista americano che ha sfidato Vivendi sulla governance di Tim crede che il direttore generale Amos Genish manterrà la guida di Tim indipendentemente dall’esito dell’assemblea per il rinnovo del Cda che si tiene fra due giorni.

Il fondo Elliott, che ha lanciato il guanto di sfida a Vivendi sulla governance di Tim, pensa che il direttore generale Amos Genish resterà in sella alla guida dell’azienda indipendentemente dall’esito dell’assemblea generale del 4 maggio per il rinnovo del consiglio di amministrazione. Lo scrive oggi Les Echos, che ha sentito un rappresentante del fondo attivista americano, secondo cui Genish non lascerà il timone anche se a vincere il duello in assemblea fosse Elliott, che peraltro due giorni fa ha dichiarato che non esiste un piano alternativo a quello di Genish.

La strategia del fondo americano per il futuro di Tim, secondo quanto riportato oggi dal quotidiano francese, è quella di mettere in campo un consiglio di amministrazione che operi nell’interesse di tutti gli azionisti, e non soltanto dire che che Tim deve staccare dividendi, separarsi dalla rete con la costituzione di NetCo ecc.

“A quanto ci risulta, i commenti dello scorso weekend secondo cui Amos Genish sarebbe pronto a dimettersi se Elliott vincesse all’assemblea generale non rispecchiano la realtà”, ha detto un rappresentante di Elliott, che conosce il manager da tempo.

“Amos Genish, che riscuote la piena fiducia dei nostri 10 candidati al Consiglio di amministrazione, è l’amministratore delegato della società e di tutti gli azionisti, e non quello di Vivendi o di Elliott”.

 

Deconsolidamento della rete?

In un’intervista a Les Echos, Amos Genish aveva detto che “al contrario di Elliott, Vivendi ha una visione di lungo termine per Telecom Italia”, aggiungendo che è necessario che “Telecom controlli la sua rete (NetCo)…Elliott sbaglia. Vedono nel deconsolidamento (della rete ndr) un’occasione per meglio valorizzare questo asset di Telecom Italia. Ma tutto ciò avrà delle conseguenze anche sulle nostre offerte. Inoltre, in che modo dovremmo desumere il debito del gruppo…?”.

Perimetro di NetCo

Temi alquanto sensibili e strategici quelli sollevati da Genish, che rivelano le grandi sfide e la mission futura di Tim, indipendentemente da chi la spunterà all’assemblea di venerdì prossimo. In effetti, il tema della separazione della rete è legato a doppio filo con quello del perimetro aziendale della newco. E qui si aprono una serie di quesiti strategici in tema di governance.  Quale sarà la porzione di rete conferita a NetCo, la rete alta? La rete bassa? Quella fino all’armadio?). Quanti dipendenti saranno spostati in NetCo? Quale percentuale del debito del gruppo finirà nella nuova società? E quanti dipendenti?

I nodi futuri di NetCo

Tanto più che dal perimetro di NetCo dipenderà anche quello di ServiceCo, vale a dire quel che sarà la Tim del futuro dopo l’eventuale scorporo. Ed è proprio ServiceCo che di fatto rischia di subire le conseguenze più serie in termini di rimodulazione delle attività e anche di potenziali esuberi, visto che dal punto di vista del business, se confrontata a titolo di esempio con Vodafone Italia che occupa circa 5mila dipendenti in Italia e svolge un business di servizi Tlc mobili, resterebbe comunque sovradimensionata. Complessivamente ad oggi i dipendenti del gruppo Telecom Italia sono circa 50mila, di cui circa la metà lavorano sulla rete e sarebbero in predicato di passare sotto la nuova entità in caso di societarizzazione.

Elliott fa la corte a Genish?   

Detto questo e tornando all’assemblea del 4 maggio, Elliott ha dichiarato non più tardi di due giorni fa di avere fiducia in Amos Genish e nel suo team, aggiungendo che in effetti l’uso della parola “deconsolidamento” a proposito della rete Tim ha creato qualche confusione fra gli investitori. In altre aprole, le idee di Elliott sulla valorizzazione di Tim tramite NetCo sono state avanzate a titolo di semplice riflessione, da sottoporre comunque alla valutazione della direzione e del consiglio d’amministrazione indipendente, sostiene il fondo. Il rappresentante di Elliott sentito da Les Echos aggiunge infine che il dividendo in Tim non dovrebbe comunque essere distribuito prima del 2019, perché tornare ad una valutazione di “investment grade” sul debito del gruppo è importante per Tim: “La nostra campagna è in primo luogo una campagna sulla governance”.