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Tim declassata da HSBC. Sindacati in allarme in vista del Cda

HSBC taglia il target price di Tim, mentre i sindacati lanciano l’allarme sul futuro dell’azienda. Nel frattempo, è atteso per domani il via libera senza condizioni da parte dell’Antitrust Ue al riassetto di Open Fiber, con l’ascesa di CDP al 60% e il fondo australiano Macquarie al 40%. Sono questi i temi che tengono banco in vista del cda straordinario voluto da Vivendi, fissato per dopodomani 11 novembre.

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Il downgrade di HSBC

I risultati del terzo trimestre e le nubi sul futuro della rete, del calcio e del cloud pesano sul titolo Tim, appena declassato da HSBC da “Hold” a “Reduce”, e taglia del 30% il target price, che passa da 40 centesimi e 28 centesimi dopo la revisione dei target domestici del gruppo. Una decisione drastica da parte del broker internazionale, che motiva il taglio del target price della compagnia telefonica con “i risultati deludenti del terzo trimestre, con un persistente declino” dell’Ebitda domestico e in vista di “un ulteriore aumento nella pressione competitiva con il lancio della banda larga di Iliad (atteso per novembre 2021”, si legge nel report sulle Tlc europee di HSBC, che tra l’altro continua a ritenere che alla fine Open Fiber “resterà un operatore wholesale indipendente e persisterà con il suo sviluppo della fibra”. Al limite, ci sarà qualche tipo di coordinamento (un consorzio o accordi di network sharing, secondo HSBC) per facilitare un’accelerazione dello sviluppo dell’FTTH, in particolare nelle aree grigie (definite come aree dove è economico avere una rete in fibra). L’accordo con DAZN sul calcio, inoltre, non sta portando i risultati attesi.  

 Ed è per questo, in sintesi, che HSBC taglia il target price di Telecom Italia e rivede contestualmente il suo outlook da Hold a Reduce.

Fra gli elementi di incertezza, secondo il broker, il fatto che Telecom Italia sia un po’ un outsider nell’FTTH, il cui sviluppo si trova in una fase ancora iniziale (“copre circa il 20% delle case in FTHH tramite la rete di accesso di FiberCop) e ogni accelerazione potrebbe dipendere dalla strategia di o insieme a Open Fiber; e al momento non possiamo prevedere un anno di picco”.

Concorrenza di Iliad e Open Fiber nel fisso

Open Fiber rappresenta un rischio di business significativo per Tim, con la sua rete alternativa e parallela.

“Prevediamo che l’intensità di capitale del business italiano, circa l’85% dell’EV, rimarrà elevata nel medio termine, con un rapporto capex/vendite ben oltre il 20%. Tim è in ritardo in termini di upgrade della rete fissa. Il Fibre-to-the-home è ancora in una fase iniziale”, ha sottolineato Hsbc.

HSBC non è d’accordo con la strategia futura del gruppo che punta sulla cessione e sul carve out di asset, che per accrescere il suo valore starebbe valutando la valorizzazione di attività sulla falsariga del modello Inwit applicato alle controllate Noovle (cloud), Olivetti (IoT), Telsy (cybersecurity), Sparkle (cavi sottomarini), ma anche la rete primaria che resta nel perimetro aziendale al 100% rispetto a quella secondaria di FiberCop controllata al 58% con KKR (37,5%) e Fastweb (4,5%).

La struttura di mercato Tlc in Italia è fra le più competitive in Europa, caratterizzata da ricorrenti guerre dei prezzi. L’ultimo episodio in questo senso, secondo HSBC, riguarda l’accordo in esclusiva per la distribuzione della Serie A con DAZN. “Ciò potrebbe portare, a nostro avviso, a un aumento del livello di attività competitiva poiché TI cerca di utilizzare i diritti sul calcio per acquisire clienti, innescando reazioni difensive nel resto del mercato”, si legge nel report.

L’allarme dei sindacati che scrivono a Giorgetti

Nel contempo, i sindacati sono preoccupati per le sorti dell’azienda e scrivo al ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti. Il settore delle Tlc “continua a essere preda di una situazione di totale confusione” e preoccupa la situazione di Tim con le rinnovate turbolenze societarie. Sono tra i contenuti della lettera dei sindacati delle tlc, Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil al ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti (e per conoscenza alla sottosegretaria Anna Ascani e al ministro dell Transizione digitale, Vittorio Colao).

“Con la firma del ‘memorandum’ fra Cassa Depositi e Prestiti e Tim dell’agosto del 2020 – scrivono i tre segretari generali Fabrizio Solari (Slc Cgil), Vito Vitale (Fistel Cisl) e Salvo Ugliarolo (Uilcom Uil)avevamo finalmente apprezzato il ritorno a una progettualità delle istituzioni in un settore strategico quale quello delle reti di comunicazione di nuova generazione. Non certo nostalgie di impossibili e non auspicati ritorni a forme di monopoli pubblici, ma la consapevolezza che un mercato tanto complesso quanto centrale come quello delle tlc non possa vedere lo Stato completamente assente o, al massimo, elargitore di fondi della cui finalizzazione non si capisce bene chi se ne assuma la responsabilità e chi ne benefici. Dal nostro punto di vista, come ripetiamo ormai da tempo, la finalizzazione della presenza di capitali pubblici non può che essere la certezza di uno sviluppo armonico ed inclusivo delle infrastrutture di Tlc”.

In effetti, il ruolo di CDP nella vicenda della rete unica resta oscuro.  

Rete unica, memorandum sparito

Ad oggi, scrivono le sigle, “non vi è più nessuna traccia di quanto stabilito nel ‘memorandum’. Il settore delle Tlc è ben lungi dall’aver trovato un modello di sviluppo coerente con i piani di infrastrutturazione del Paese. L’assenza di un ‘campione nazionale’ che sappia orientare gli investimenti produce, ormai da circa un decennio, un mercato ultracompetitivo che brucia fatturati e, allo stato attuale, non rende in alcun modo remunerativi gli investimenti. Il ‘digital divide’ è ben lungi dall’essere superato e presto avremo aree del Paese ‘iperconnesse’ e altre lasciate in un ritardo difficilmente colmabile. Questo pesante stato di cose si riverbera inevitabilmente sullo stato di salute delle aziende del settore”.

E’ pur vero che la strategia “Beyond connectivity” che punta sulla diversificazione delle attività da core business della connettività ai contenuti (vedi accordo con DAZN) e il Cloud (vedi il rinnovato protagonismo di Noovle) non è certo una novità dell’ultima ora.

Sindacati minacciano sciopero

In questa situazione, precisano i sindacalisti, “preoccupa nuovamente la condizione di Tim. L’ex monopolista, incumbent del mercato delle Tlc, dopo anni di governance debolissime e prevalentemente interessate a progetti di natura finanziaria, aveva trovato una nuova progettualità intorno all’implementazione della rete in fibra nazionale. Un rinnovato sguardo ‘industriale’ del quale si potrebbe e dovrebbe giovare l’intero sistema Tlc nazionale. Sono di questi giorni invece le notizie di una recrudescenza delle turbolenze societarie, probabilmente legate anche alla paralisi del processo di convergenza fra le reti di Tim e Open Fiber alla base del memorandum del 2020. Una paralisi che sta facendo fiorire una serie di ipotesi sul futuro dell’azienda, l’una più fantasiosa dell’altra ma, soprattutto, tutte completamente inadeguate a portare a termine la realizzazione di una infrastruttura in fibra unica, pervasiva di tutto il territorio nazionale ed inclusiva”. A fronte di tutto ciò le sigle avanzano “la richiesta di una celere convocazione del tavolo ministeriale” e preannunciano “nel caso si prolungasse questo atteggiamento dilatorio ed autoreferenziale da parte del Governo, una pronta mobilitazione del settore”.

Settore Tlc e rete unica, la lettera dei sindacati al ministro Giorgetti

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