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Tim, cresce il pressing su Vivendi

Cresce il pressing su Vivendi in vista dell’assemblea del 24 aprile di Tim. Dopo l’ingresso di Cdp nel capitale dell’operatore con una quota del 4,2%, nel fine settimana anche il fondo tedesco Shareholder Value Management ha annunciato di detenere una quota dell’1% nell’azienda italiana, dichiarando inoltre di volersi schierare con il fondo attivista Elliott in chiave anti-Vivendi.

Il piano di Elliott prevede lo scorporo della rete fissa di Tim, per favorire la sua fusione con Open Fiber, controllata da Enel e Cdp. La rete Tim, secondo stime di Elliott, oggi vale 9 miliardi di euro ma dopo lo scorporo potrebbe raggiungere un valore fra 15 e 20 miliardi di euro.

Il fronte pro-Elliott

Il fondo di Francoforte è l’ultimo investitore in ordine di tempo a schierarsi con Elliott, che ha chiesto di sostituire sei membri dimissionari del Cda in quota Vivendi alla prossima assemblea. Shareholder Value Management, che ha intenzione di portare la sua quota al 2%, contesta la perdita di valore del titolo Telecom Italia dall’ingresso tre anni fa dei francesi nel capitale, definendo il deprezzamento del titolo come “sconto Vivendi”.

Nelle ultime settimane, Elliott ha di fatto raccolto il sostegno di diversi investitori, a partire dalla Cdp, che difende “l’italianità” degli asset strategici di Telecom Italia (i sei membri sostitutivi del Cda proposti da Elliott sono tutti italiani).

Inoltre, dopo Glass Lewis e ISS, anche il proxy advisor Frontis ha raccomandato ai soci di Tim di appoggiare le proposte del fondo Elliott di revocare sei consiglieri targati Vivendi e nominare sei suoi amministratori all’assemblea del 24 aprile. Come gli altri due proxy adviser, anche Frontis consiglia di votare a favore della nomina dell’Ad Amos Genish. Sulla stessa linea Asati. Secondo calcoli di stampa, Elliott potrebbe già contare sull’appoggio del 34-35% del capitale di Telecom Italia. Elliott detiene una quota dell’8,8%, che potenzialmente potrebbe raggiungere il 13,7%.

Vivendi, dal canto suo, detiene una quota del 23,9%, che l’anno scorso aveva permesso di avallare di giustezza (con il 51% dei voti) la sua lista di consiglieri.

Quest’anno, seppur sconfitto, Vivendi manterrebbe comunque 5 consiglieri in Cda.

Tim, Calenda ‘Serve presenza Stato, non necessariamente controllo’

Intanto, sul fronte governativo, il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda in un’intervista odierna su Repubblica sostiene che per Tim serve la “presenza” dello Stato, “non necessariamente il controllo”. Secondo il ministro “la rete telefonica dovrà essere come quella del gas, dell’elettricità o dell’acqua. Sarà una garanzia per tutti gli operatori”.

“Cdp – ha aggiunto Calenda – è intervenuta per supportare un progetto che vuole trasformare Tim in una public company e scorporare la rete non per prendere il controllo dell’azienda. Vivendi è stato un pessimo azionista e l’Italia ha bisogno di una rete unica forte capace di mobilitare investimenti. Sono favorevole agli investimenti esteri, ma questo non vuol dire rimanere inerti quando dimostrano di distruggere valore piuttosto che crearlo soprattutto quando in ballo c’è un interesse strategico”.

Golden power, il Governo non ha fretta

Il Governo prende tempo sull’eventuale sanzione a Telecom Italia per la violazione degli obblighi collegati alla normativa sui poteri speciali. Lo ha reso noto il Sole 24 Ore, spiegando che in base al cronoprogramma predisposto dal comitato ad hoc, che affianca palazzo Chigi nell’esercizio del golden power, l’iter per l’eventuale sanzione a Tim si sarebbe dovuto concludere il 12 aprile.

Ma secondo il quotidiano sarebbe arrivata una proroga di 30 giorni che consente si scavallare il 24 aprile, data in cui è fissata l’assemblea dei soci del gruppo di tlc nella quale dovrebbe andare in scena lo scontro Vivendi-Elliott.

L’obiettivo è attendere l’esito dell’assemblea prima di procedere con la multa, tanto più che quantificare la sanzione non è semplice, visto che non ci sono precedenti.

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