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TikTok, il dibattito sul ban americano inquinato dalla retorica anti cinese

La testimonianza del Ceo di TikTok Shou Zi Chew al Congresso americano del mese scorso non ha fatto altro che evidenziare il sentiment anti asiatico dominante negli Usa, che circonda anche la app cinese. E’ vero e legittimo che ci siano delle preoccupazioni intorno a TikTok, ma ‘prendere a pugni’ la app come se fosse un punching ball cinese non risolve certo la situazione. Si ricorda che negli usa TikTok è stato messo al bando da dispositivi governativi e pochi giorni fa dallo Stato del Montana. Il bando totale sarà esecutivo se il business americano non sarà ceduto ad una azienda americana. “Se l’obiettivo è proteggere la sicurezza nazionale, il disinvestimento non risolve il problema: un cambio di proprietà non imporrebbe alcuna nuova restrizione ai flussi di dati o all’accesso”, ha dichiarato la portavoce di TikTok, Brooke Oberwetter in una nota.

La retorica ha delle conseguenze, soprattutto nel momento n cui l’odio anti asiatico negli Usa è già alto, dicono gli esperti.

Timori per la sicurezza nazionale, ma non ci sono prove

Due cose possono essere vere contemporaneamente: da un lato, ci sono delle preoccupazioni di sicurezza su TikTok, in larga misura dovute ai legami della casa madre ByteDance con il partito comunista in Cina. Secondo i critici, TikTok potrebbe abusare dei dati a favore del governo cinese e usare la app per propaganda pro-Cina.

Il dibattito sull’ipotesi di bandire la app dagli Usa è stato interamente inquinato dalla retorica anti asiatica, rendendo difficile una discussione in buona fede su TikTok.

Un dibattito emerso mentre nel paese stavano crescendo le spinte e i crimini anti asiatici.

Il Ceo di TikTok al Congresso messo sotto pressione per i legami con la Cina. Ma non è cinese

Prendiamo, per un esempio recente, la testimonianza del CEO di TikTok Shou Zi Chew davanti al Congresso a marzo. All’udienza, ha riferito la CNN, i legislatori hanno storpiato il nome di Chew, provocato l’amministratore delegato – che è di Singapore – sui suoi legami personali con la Cina e infine hanno lanciato invettive contro il Partito comunista cinese, senza dare all’amministratore delegato la possibilità di rispondere.

Il Congresso ha criticato altri amministratori delegati del tech negli ultimi anni, tra cui Mark Zuckerberg, Jack Dorsey, Satya Nadella e Sundar Pichai. Ma ciò che ha contraddistinto l’udienza con il CEO di TikTok è stato il tono e la natura personale delle domande, hanno denunciato i gruppi di difesa degli asiatici americani e degli abitanti delle isole del Pacifico. Alle udienze di quegli altri amministratori delegati tecnologici, le domande erano simili ma poste in modo più ampio sull’industria, mentre alcune delle domande a Chew sembravano formulare un’ipotesi di fondo sulla sua connessione con il governo cinese.

Ad esempio: il rappresentante Dan Crenshaw del Texas ha affermato che, secondo la legge cinese, “qualsiasi organizzazione o cittadino deve sostenere, assistere e cooperare con il lavoro dell’intelligence statale in conformità con la legge e mantenere la segretezza di tutta la conoscenza del lavoro dell’intelligence statale.

“In altre parole, ByteDance – e anche i tuoi dipendenti TikTok che vivono in Cina – devono cooperare con l’intelligence cinese ogni volta che vengono chiamati. E se vengono chiamati, sono tenuti al segreto – e questo include te”.

Peccato però Chew non sia cinese ma di Singapore, fatto del tutto ignorato dal membro del Congresso. Per il membro del Congresso quello che conta è il fatto che ByteDance sia cinese.

Sentimento anti comunista e anti cinese

Un sentimento anti comunista e anti cinese che si diffonde a macchia d’olio sulla comunità cinese e per estensione asiatica che risiede negli Usa. Un atteggiamento chiaramente xenofobico, secondo il gruppo per la difesa dei diritti Fight for the Future.

Ma trasformare Chew e TikTok in un sacco da boxe per le frustrazioni dell’America nei confronti della Cina potrebbe avere diversi effetti dannosi, hanno affermato i sostenitori della comunità asiatica americana. Se i legislatori lasciano che la loro sfiducia nei confronti della Cina ostacoli una valutazione razionale della situazione, ciò apre alla possibilità di agli errori di valutazione evidenti.

“Purtroppo, poiché c’era così tanta xenofobia generica, o ciò che potrei chiamare ampie dichiarazioni sulle cosiddette minacce poste dai cinesi, è stato difficile ottenere una valutazione effettiva delle minacce alla sicurezza nazionale che TikTok potrebbe rappresentare”, ha detto John Yang, il presidente del gruppo di difesa degli asiatici americani Advancing Justice.

“Una domanda che mi sono posto è se l’ex CEO di TikTok, che non era asiatico, avesse testimoniato, avrebbe ricevuto lo stesso trattamento?”, ha aggiunto Yang, riferendosi a Kevin Mayer.

Le tensioni tra Stati Uniti e Cina sono aumentate

TikTok è stato un obiettivo politico per anni, prima durante l’amministrazione Trump e ora durante l’amministrazione Biden. È minacciato di divieto se non cede la sua attività americana da ByteDance, la società cinese che lo possiede, per risolvere i timori americani sul rischio per la sicurezza nazionale percepito negli Usa. Una situazione analoga a quella già vissuta da Huawei e ZTE. Ma non c’è alcuna prova che questi timori siano reali. Ci sono soltanto delle speculazioni su come i dati degli utenti americani di TikTok (150 milioni di utenti). Poi, che vi siano dei problemi di privacy da risolvere e limiti alla portata degli algoritmi di TikTok non ci piove. Ma questo vale per tutti i social media e le grandi tech company, anche quelle americane come Facebook e Uber.

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