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The pride flag, la bocciatura dei social

La ‘Pride Flag’ – nella sua forma primitiva conosciuta anche come la ‘bandiera arcobaleno’ – risale al 1978 quando fu creata dal designer e attivista gay americano Gilbert Baker per la celebrazione annuale del Gay Freedom Day a San Francisco. Doveva essere un simbolo positivo della diversità e ‘della speranza’ rispetto all’iconografia negativa allora in uso nella comunità gay della città: il triangolo rosa utilizzato nei campi di sterminio nazisti per identificare i ‘deviati’ sessuali…

James Hansen

Le otto strisce di colore della versione originale di Baker – poi ridotte a sei – non rappresentavano le varie identità di genere: il rosa stava per la omosessualità tout court, il rosso per la vita, l’arancione per il risanamento, il giallo per il sole, il verde per la natura, il turchese per l’arte, l’indaco per l’armonia e il viola per la spiritualità.

Come capita con i disegni di successo, fin dal principio altri hanno voluto leggerci significati non contemplati dal creatore – è il caso dell’adozione della bandiera come simbolo generico del pacifismo – e anche impiegare nuovi colori per adattare la bandiera a usi più specifici. Il nero e il marrone sono stati presto aggiunti per rappresentare le comunità ‘di colore’ negli Usa.

Da allora, le versioni della bandiera sono state tante, non sempre memorabili. La situazione poi è andata complicandosi negli ultimi anni con lo spettacolare moltiplicarsi dei generi sessuali. La pubblica amministrazione inglese, tendenzialmente ‘politically correct’, riconosce al momento più di cento ‘gender’ possibili, la BBC nei suoi corsi interni di formazione ne conta oltre 150.

Il tentativo di caricare un simbolo relativamente semplice con tante informazioni – tutte equamente distribuite e ‘inclusive’ – presenta dei problemi, sia tecnici sia ideologici. Nell’immagine qui sopra, l’ultimo sforzo del disegnatore anglo-italiano Valentino Vecchietti, un attivista dell’Intersex Equality Rights UK. Il suo esperimento grafico, per il Pride Month, è apparso sulla Regent Street di Londra, una zona commerciale sofferente che cerca disperatamente di tornare trendy. La flag di Vecchietti non è stata universalmente ammirata, malgrado sia stata lanciata in pieno stile. Oltre all’esposizione su strade importanti, il pilota di Formula Uno Lewis Hamilton ne ha portato una versione sul casco durante il Grand Prix del Qatar. I ‘social’ invece – come accade – hanno abbondato di dure critiche alla bandiera, definita ‘orrenda’ e ‘atroce’. Del resto, non poteva andare diversamente…

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