Dai 1.000 euro del Governo Draghi, il limite più basso mai registrato in Italia, ai 10.000 dell’attuale amministrazione Meloni. Tra gli emendamenti alla Manovra finanziaria 2026 è comparsa la proposta di elevare a 10.000 euro il tetto per i pagamenti in contanti. Un salto indietro di 35 anni: si tornerebbe, infatti, alla soglia introdotta nel 1991 dal Governo Andreotti, dopo che l’esecutivo Meloni aveva già riportato il limite a 5.000 euro nel 2023 con il Dl Aiuti-quater.
Una scelta quantomeno controversa, considerando che le transazioni in contante, non essendo tracciabili, possono agevolare condotte elusive e illegali. Ancora più discutibile se si pensa ai progressi raggiunti nella diffusione dei pagamenti elettronici, oggi metodo prevalente anche in Italia, e alle indicazioni dell’Unione Europea, che da tempo sollecita una riduzione dei limiti al cash.
Eppure l’emendamento non dovrebbe sorprendere: la destra, negli anni, si è mostrata coerente nel sostenere un uso più ampio delle banconote.
La nuova imposta da 500 euro, specchietto per le allodole?
Questa volta, però, a mitigare le critiche interviene una nuova imposta fissa da 500 euro, pensata per essere applicata su ogni pagamento in contanti superiore ai 5.000 euro. Una tassa non progressiva, identica per ogni importo tra 5.000 e 10.000 euro (per cui, paradossalmente, più severa nei confronti degli importi inferiori), a carico dell’acquirente e con fattura verificabile dall’Agenzia delle Entrate. Una misura che, secondo il Governo, dovrebbe favorire la tracciabilità e ridurre le opportunità di elusione, ma che per molti osservatori appare come un semplice specchietto per le allodole.
L’impatto sulla normativa antiriciclaggio
Per fare maggiore chiarezza abbiamo chiesto il parere di un avvocato esperto di diritto tributario, che ha preferito commentare la proposta emendativa in forma anonima:
“L’incentivo a operazioni fuori tracciabilità trascina con sé due considerazioni: il possibile impatto sulle regole di concorrenza e sulla normativa antiriciclaggio. Da un lato, le imprese che operano legalmente si troverebbero svantaggiate rispetto a quelle che possono pagare lavoratori in nero e praticare prezzi più bassi, generando distorsioni concorrenziali e comportamenti illeciti. Dall’altro lato, la possibilità di movimentare in nero fino a 10.000 euro facilita operazioni di riciclaggio e autoriciclaggio: il riciclaggio consiste nel rendere lecite somme ottenute illecitamente da terzi, mentre l’autoriciclaggio riguarda importi percepiti illecitamente dallo stesso soggetto che poi li reinveste.”
“Questo discorso si lega alla normativa europea: sia la concorrenza sia il riciclaggio sono materie di competenza dell’Unione, e su questo piano l’Italia sembrerebbe porsi in controtendenza rispetto all’impostazione comunitaria, orientata a garantire libertà di mercato e stringenti regole antiriciclaggio.”
“Resta poi da chiarire la natura della nuova imposta da 500 euro. Essa renderebbe tracciabili i pagamenti da 5.000 a 10.000 euro, ma occorre capire se il suo pagamento possa diventare una sorta di ‘ombrello’ protettivo da futuri accertamenti. Se fosse così, la misura sarebbe un mero espediente: chi paga in contanti fino a 10.000 euro di fatto eviterebbe sanzioni. Se invece non garantisse alcuna protezione, sarebbe poco comprensibile l’utilità di permettere transazioni in contanti così elevate. A quel punto sembrerebbe una forma di sanatoria per chi dispone di somme di denaro cash da utilizzare.”
La situazione in Europa
Sul fronte europeo, il quadro rimane eterogeneo. Il nuovo Regolamento UE 1624/2024 punta a uniformare, dal 2027, le soglie massime per l’uso del contante, fissandole a 10.000 euro e lasciando ovviamente agli Stati membri la possibilità di introdurre limiti inferiori.
Ad oggi, però, l’Italia resta uno dei pochi Paesi dell’Unione ad aver imposto un tetto al contante. Chi effettua o riceve pagamenti oltre la soglia stabilita rischia sanzioni da 1.000 a 5.000 euro, a seconda della gravità dell’infrazione. La soglia riguarda non solo acquisti di beni e servizi, ma anche prestiti, donazioni e qualunque altro trasferimento di denaro.
Diversa la situazione nel resto d’Europa. In molti Paesi non esiste alcun limite ai pagamenti in contanti: Austria, Germania, Olanda, Finlandia, Irlanda, Lussemburgo, Ungheria, Cipro ed Estonia non prevedono tetti di legge.
Altri Stati, come Svezia, Spagna e Francia, hanno invece limiti molto più bassi, intorno ai 1.000 euro, o, come la Grecia, addirittura di 500 euro. Tra i Paesi con i limiti più elevati, oltre all’Italia, figurano la Repubblica Ceca, Malta (10.000 euro) e la Croazia (15.000 euro).

