Finestra sul mondo

Tensioni Corea del nord, Crisi Venezuela, ISIS, Regno Unito e Azerbaigian accusati di riciclaggio

di Agenzia Nova |

Poteri, economia, finanza e geopolitica nelle ultime 24 ore

Finestra sul mondo è una rubrica quotidiana con le notizie internazionali di Agenzia Nova pubblicate in collaborazione con Key4biz. Poteri, economia, finanza, lette in chiave di interdipendenza con un occhio alla geopolitica. Per consultare i numeri precedenti, clicca qui.

Corea del Nord, il test nucleare mette sotto pressione il presidente cinese Xi

05 set 11:02 – (Agenzia Nova) – Il test nucleare effettuato domenica scorsa dalla Corea del Nord – il sesto e piu’ potente intrapreso dal regime di Pyongyang – costituisce uno sviluppo problematico soprattutto per il presidente cinese Xi Jinping. A scriverlo e’ il “New York Times”, che sottolinea come la Corea del Nord abbia scelto di condurre il test proprio in concomitanza con il summit dei leader dei paesi Brics a Xiamen. Proprio mentre Xi si apprestava a inaugurare in maniera accuratamente coreografata un evento di elevatissimo rilievo internazionale, Pyongyang ha fatto esplodere una bomba all’idrogeno: un gesto che secondo il quotidiano Usa pare aver avuto lo scopo deliberato di creare imbarazzo a Pechino. Non e’ la prima volta che il dittatore nordcoreano, Kim Jong-un, ha trasformato un collaudo dell’arsenale del proprio paese in una palese provocazione all’alleato cinese, sottolinea il “New York Times”: lo scorso maggio, Pyongyang ha effettuato il lancio di un missile balistico poco prima che il presidente cinese Xi intervenisse a un evento mondiale per la presentazione a Pechino del progetto della Nuova via della seta. L’apparente coincidenza tra le apparizioni pubbliche di maggior rilievo di Xi e le provocazioni nordcoreane non sono un caso, secondo gli analisti interpellati dal quotidiano Usa: l’obiettivo sarebbe di dimostrare che Kim, leader di un piccolo stato isolato e impoverito, si trova nella posizione di diminuire e addirittura danneggiare il prestigio e l’autorita’ internazionale del presidente della Cina. Alcuni analisti si spingono addirittura ad affermare che proprio Xi, e non il presidente Usa Donald Trump, fosse il principale “bersaglio” del test nucleare effettuato lo scorso fine settimana. “Kim sa che che Xi e’ in grado di influire realmente sui calcoli geopolitici di Washington”, spiega Peter Hayes, direttore del think-tank Nautilus Institute. “(Pyongyang, ndr) sta esercitando pressioni sulla Cina per dire a Trup: devi sederti al tavolo delle discussioni con Kim Jong-un”. Secondo Hayes, l’obiettivo primario di Hayes e’ di piegare gli Stati Uniti a un confronto che possa culminare in una riduzione della presenza militare Usa nella Corea del Sud, e nella presa d’atto della presenza nordcoreana nel club dei paesi dotati di armi nucleari. Secondo i calcoli di Kim, il presidente cinese Xi dispone dell’influenza necessaria a garantire la riuscita di questo piano. Pechino teme la caduta del regime nordcoreano e la conseguente esposizione dei suoi confini terrestri orientali alla presenza militare statunitense, spiega Cheng Xiaohe, esperto di questioni nucleari presso la Renmin University, che spiega cosi’ per quale ragione la leadership cinese abbia risposto al test della bomba all’idrogeno nordcoreana con una mera condanna verbale. Una Corea del Nord nucleare, spiega Cheng, rappresenta per Pechino una prospettiva meno pericolosa di un collasso politico del regime di Pyongyang.

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Il Venezuela protesta contro l’Europa, Maduro vuole parlare a Ginevra

05 set 11:02 – (Agenzia Nova) – Il ministro degli Esteri venezuelano Jorge Arreaza ha trasmesso ieri una nota di protesta agli ambasciatori di Italia, Spagna, Regno Unito e Germania, per denunciare “l’intromissione” dei rispettivi paesi negli affari interni del Venezuela. I quattro rappresentanti dei paesi europei, convocati “con carattere d’urgenza” al ministero, erano stati immortalati sabato all’aeroporto di Caracas in compagnia di Lilian Tintori, attiva moglie di Leopoldo Lopez, principale oppositore al presidente Nicolas Maduro. Tintori si apprestava a compiere un viaggio nel vecchio Continente per difendere la causa del marito, agli arresti domiciliari in condizioni da loro definite di “prigioniero politico”, e denunciare la crisi di democrazia nel paese. Trovata in possesso dell’equivalente di 60 mila euro, Tintori era pero’ oggetto di un procedimento giuridico e per questo le era stato sottratto il permesso di viaggiare all’estero. “Convochiamo gli ambasciatori, consegniamo loro una protesta formale, energica e contundente per le intromissioni, per le loro condotte in Venezuela”, ha spiegato il ministro. “Grossolane e irrispettose” sono state poi definite da Arreaza le parole di critica al mancato viaggio di Tintori, espresse dal governi di Spagna e Regno Unito. Per la crisi in Venezuela “vogliamo una soluzione pacifica, democratica e negoziata”, che permetta “di restituire la parola al popolo venezuelano”, aveva detto il ministro degli Esteri spagnolo Alfonso Dastis nel corso di un intervento in Parlamento. A Madrid, come prima a Berlino, il posto di Tintori viene preso da Julio Borges e Freddy Guevara, presidente e vicepresidente dell’Assemblea nazionale venezuelana, il parlamento nazionale i cui poteri sono da tempo non riconosciuti dal governo. Ma la Spagna e’ pronta a sostenere con forza un nuovo dossier, quello di Yon Goicoechea, avvocato ispano venezuelano che il 28 agosto ha compiuto un anno di prigionia nonostante sia stato emesso un ordine di scarcerazione. La sua causa, riferisce “El Mundo”, e’ perorata dagli ex presidenti del governo Felipe Gonzalez e Jose’ Maria Aznar. Tintori dunque non viaggera’, ma in Europa dovrebbe pero’ recarsi prossimamente lo stesso presidente Maduro. L’Onu, riportano i media internazionali, ha ricevuto una nota verbale della missione permanente venezuelana a Ginevra, secondo cui il capo di Stato vorrebbe intervenire nella riunione del Consiglio diritti umani che si terra’ lunedi’ a Ginevra.

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Usa, nell’Artide tra ghiaccio e geopolitica

05 set 11:02 – (Agenzia Nova) – Il rompighiaccio della Guadia costiera statunitense Uscgc Healy da 16.400 tonnellate di dislocamento, uno dei due soli rompighiaccio polari in servizio nelle Forze armate Usa, manovra al centro di una regione che si prefigura sempre piu’ come teatro di primo piano nell’arena geopolitica globale. Il parziale scioglimento dei ghiacci dell’Artide sta trasformando una remota terra di nessuno in un potenziale snodo strategico per il commercio globale, e Cina e Russia si sono gia’ attivate da tempo per garantirsi l’accesso alle risorse naturali che si celano sotto il ghiaccio della calotta polare. Gli Stati Uniti, scrive la “Washington Post”, stanno studiando una consistente espansione della loro flotta di rompighiaccio e valutando se armare o meno quei vascelli con lanciatori per missili da crociera, oltre a studiare le modalita’ di gestione del traffico marittimo commerciale in un’area ancora imprevedibile e assai pericolosa per la navigazione. L’ammiraglio Paul Zukunft, comandante della Guardia costiera Usa, recentemente ha lanciato un avvertimento circa la presenza navale russa e cinese sulle acque artiche sovrastanti la piattaforma continentale degli Stati Uniti. Si tratta, ricorda il quotidiano Usa, di un’area vasta pressappoco quanto il Texas, e ricca di petrolio e altre risorse che i progressi delle tecnologie estrattive potrebbero presto esporre allo sfruttamento. Zukunft ha dichiarato il mese scorso a Washington che la situazione, nell’Artide, potrebbe divenire presto analoga a quella nel Mar cinese meridionale, oggetto delle mire espansionistiche cinesi e su cui Pechino ha unilateralmente collocato una serie di installazioni militari, ignorando le obiezioni dei vicini. la Russia ha gia’ avanzato rivendicazioni su un’area che si spinge sino al Polo Nord, dispone di una flotta di 25 rompighiaccio e ne ha messi altri in cantiere. la prossima generazione di rompighiaccio russi, scrive la “Washington Post”, “non e’ progettata solamente per attraversare i ghiacci polari, ma per combattervi”. Il quotidiano cita il particolare la classe Progetto 23550: un vascello lungo circa 100 metri dal dislocamento di 9 mila tonnellate, progettato per operare agilmente nelle acque artiche trasportando un armamentario di cannoni navali e missili da crociera; il promo esemplare della nuova classe di navi artiche, l'”Ivan Papanin”, e’ in fase di assemblaggio a San Pietroburgo. Nel frattempo, Mosca ha gia’ presentato e intrapreso piani per espandere la propria rete di basi e infrastrutture militari lungo le sue coste nord-orientali. La Cina, che non e’ geograficamente attigua alla regione, vi e’ presente invece con una serie di vascelli esplorativi e di ricerca, e sostiene che nessun paese possa vantare la sovranita’ esclusiva su quelle acque e le risorse sottostanti. Ufficiali dell’Esercito popolare di liberazione hanno affermato pubblicamente che le dispute nell’area, in futuro, potrebbero obbligare il paese a ricorrere alla forza. L’amministrazione del presidente Usa Barack Obama ha proposto per la prima volta l’espansione della flotta di navi rompighiaccio statunitensi nel 2015, esprimendo timori per le iniziative assunte dalla Russia. L’attuale presidente, Donald Trump, ha espresso pubblicamente il proprio sostegno al progetto lo scorso 17 maggio, durante un intervento all’Accademia della Guardia costiera Usa. L’ammiraglio Zukunft ha chiesto tre nuovi rompighiaccio medi e tre pesanti, cosi’ da ritirare l’unita’ piu’ vecchia attualmente in servizio, impegnata in pattugliamenti perenni delle regioni artica e antartica. L’Haley e’ entrata in servizio nel 1999, ma la seconda nave rompighiaccio statunitense, la Uscgc Polar Star, e’ vecchia di oltre quarant’anni. I costi, per il momento, sono poco chiari: alcune stime sostengono che le nuove rompighiaccio costeranno addirittura un miliardo di dollari l’una.

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Spagna, fonti antiterrorismo all’ “Abc”: Isis pronto a nuovi attacchi

05 set 11:02 – (Agenzia Nova) – Fonti della lotta contro il terrorismo ascoltate dal quotidiano “Abc” non hanno dubbi: l’Isis tornera’ a breve ad attaccare la Spagna, anche se – scrive il quotidiano – “probabilmente il profilo dell’azione sara’ minore e portato avanti da elementi solitari o da gruppi molto piccoli”, contrariamente a quanto visto nel caso dell’attentato delle Ramblas di Barcellona. L’opinione degli intervistati poggia soprattutto sulla tendenza imitativa che suscita l’adesione agli ideali del terrorismo islamista. Compiuto il primo attentato, chi si e’ radicalizzato “eccita l’animo” constatando “che e’ possibile causare molti danni”. Una dinamica, proseguono le fonti, confermata dai precedenti di Francia, Belgio, Germania o Regno Unito: “Dopo un attacco importante se ne sono sempre registrati altri”. Le rivendicazioni dell’Isis giunte all’indomani dell’attentato di Barcellona e i molteplici appelli a compiere nuove azioni confermano che ogni attacco viene speso per promuoverne altri. “Lo Stato islamico cerca con questi attacchi di rialzare il morale abbattuto dalle continue sconfitte militare in Siria e Iraq”, spiegano le fonti anche se la testata ricorda che una “sconfitta militare dell’Isis, ancora lontana”, non mettera’ comunque fine all’organizzazione terroristica. I servizi di intelligence, prosegue “Abc”, non sono rimasti sorpresi dal fatto che anche la Spagna sia caduta vittima di un attentato, ma “ha sorpreso e allarmato la grandezza della cellula che ha pianificato” l’azione, forte di “una capacita’ operativa che gli ha permesso di programmare il colpo in assoluta tranquillita’”. Per preparare i cento chili di Tatp, il potente perossido di acetone esploso accidentalmente pochi giorni prima dell’attentato in uno degli chalet della cellula, occorre almeno un mese di tempo e la collaborazione di persone con una ampia esperienza nella fabbricazione dell’esplosivo. “Il caso ha voluto che la sostanza deflagrasse, probabilmente per la stessa ambizione dei jiadisti a causare il maggior danno possibile”: si tratta di materiale instabile e piu’ tempo passa dal momento della sua produzione, piu’ aumentano i rischi della sua combustione. Per questo, sostengono oggi gli investigatori, l’azione sulle Ramblas e’ soltanto il “piano B” che i terroristi hanno allestito per rimediare al mancato colpo principale.

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Il Regno Unito al centro di un sistema di riciclaggio dell’Azerbaigian da tre miliardi di dollari

05 set 11:02 – (Agenzia Nova) – In primo piano sul quotidiano britannico “The Guardian” un’inchiesta su un vasto sistema di riciclaggio di denaro che lega l’Azerbaigian al Regno Unito. Secondo le rivelazioni del giornale, esponenti della classe dirigente azera hanno versato 2,9 miliardi di dollari per pagare europei influenti, comprare beni di lusso e riciclare denaro attraverso un’opaca rete di societa’ britanniche; tra il 2012 e il 2014 risultano oltre sedicimila pagamenti riservati. Parte dei soldi e’ andata a politici e giornalisti nell’ambito di un’operazione internazionale volta ad attenuare le critiche al presidente, Ilham Aliyev, e a promuovere un’immagine positiva del paese caucasico, ricco di petrolio. Non ci sono prove che tutti i riceventi fossero al corrente della provenienza delle somme, sottolinea il giornale, tuttavia la vicenda ancora una volta evidenzia l’esposizione agli abusi del sistema societario britannico, scarsamente regolamentato. Il contante e’ arrivato alle societa’ britanniche, tutte limited partnership ovvero assimilabili alle societa’ in accomandita semplice, registrate alla Companies House di Londra, attraverso sistemi finanziari occidentali senza provocare nessuna allerta. La banca danese Danske Bank, la prima a rilevare irregolarita’, ha gestito pagamenti attraverso una sua filiale estone. Tra i beneficiari dei pagamenti risultano ex membri dell’assemblea del Consiglio d’Europa, tra i quali l’ex deputato tedesco Eduard Lintner e l’ex deputato italiano Luca Volonte’. L’operazione di lobbying, osserva la testata, ha avuto un tale successo che il Consiglio d’Europa ha votato contro un rapporto critico nei confronti dell’Azerbaigian nel 2013. Lintner ha fondato un’associazione per la promozione delle relazioni azero-tedesche per la quale ha ricevuto 819.500 euro, 61 mila dei quali due settimane dopo essere tornato a Berlino da un viaggio in Azerbaigian per monitorare le elezioni del 2013 e averle definite in linea con gli standard della Germania. Volonte’, indagato in Italia, ha ricevuto piu’ di due milioni attraverso la sua fondazione Novae Terrae. Entrambi negano di aver commesso reati. Un altro nome di spicco e’ quello del bulgaro Kalin Mitrev, consigliere della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, al quale sono andati almeno 425 mila per una consulenza privata alla compagnia azera Avuar; sua moglie, Irina Bokova, direttrice generale dell’Unesco, ha insignito della medaglia Mozart la first lady azera Mehriban Aliyeva. Altri beneficiari sono Eckart Sager, ex produttore della Cnn con sede a Londra, e Jovdat Guliyev, cittadino azero residente nella capitale del Regno Unito. Le quattro societa’ britanniche al centro del riciclaggio sono la Metastar Invest di Birmingham; la Hilux Services e la Polux Management di Glasgow; la Lcm Alliance di Potters Bar. I loro soci sono entita’ anonime con sede in paradisi fiscali come le Isole Vergini Britanniche, le Seychelles e il Belize. Alcuni dei 200 trasferimenti di denaro nel Regno Unito coinvolgono istituti di istruzione, ad esempio la Queen Ethelburga’s Collegiate, il Bellerbys College e l’International Community School di Londra. Somme importanti sono partite dalla banca pubblica International Bank of Azerbaijan. Risultano pagamenti di spese mediche del vice primo ministro azero Yaqub Eyyubov e versamenti per il figlio Emin, ambasciatore presso l’Ue, e per l’addetto stampa presidenziale Azer Gasimov. Compaiono anche soci d’affari del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che ha in progetto una lussuosa Trump Tower a Baku, con lo sviluppatore immobiliare locale Anar Mammadov, figlio dell’ex ministro dei Trasporti Ziya. Non e’ ancora del tutto chiara l’origine del denaro: il governo russo ha versato 29,4 milioni di dollari attraverso la societa’ di esportazioni di armi Rosoboronexport; una misteriosa compagnia privata di Baku, Baktelekom Mmc, ha versato piu’ di 1,4 miliardi.

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Regno Unito, May e Hammond pensano di porre fine al tetto all’aumento delle retribuzioni pubbliche

05 set 11:02 – (Agenzia Nova) – La premier del Regno Unito, Theresa May, e il suo cancelliere dello Scacchiere, Philip Hammond, riferisce il “Financial Times”, stanno lavorando a un piano per porre fine al congelamento dell’aumento delle retribuzioni del settore pubblico, fermo all’uno per cento da sette anni, almeno per alcune categorie, tra i quali gli infermieri e gli insegnanti. Diversi ministri, tra i quali Boris Johnson (Esteri) e Michael Fallon (Difesa), si sono espressi per il superamento dell’impopolare misura. Tuttavia, un provvedimento in linea con l’inflazione a favore di tutti i cinque milioni di dipendenti pubblici costerebbe quattro miliardi di sterline all’anno secondo le stime dell’Institute for Fiscal Studies (Ifs), un prezzo alto in un periodo di austerita’. Pertanto c’e’ da aspettarsi un intervento limitato e graduale. L’annuncio dovrebbe arrivare entro il mese, quando il segretario capo del Tesoro, Liz Truss, inviera’ le lettere con le linee guida agli organismi indipendenti di revisione degli stipendi. Un portavoce di Downing Street ha dichiarato che il governo e’ consapevole dei sacrifici dei lavoratori, ma non e’ entrato nei dettagli sui possibili cambiamenti. La decisione dell’esecutivo dipendera’ da vari fattori, come la carenza di competenze in alcune aree. Circa il 31 per cento dei dipendenti pubblici lavora nel servizio sanitario nazionale, un altro trenta per cento nella scuola e il resto nell’amministrazione. Gli organismi indipendenti di revisione degli stipendi hanno informato l’esecutivo di crescenti difficolta’ nel reclutamento di personale e nella capacita’ di trattenerlo, soprattutto nell’istruzione. C’e’ da considerare, poi, l’aumento del costo della vita in alcune zone del paese, in particolare a Londra. Anche se alcuni ministri ritengono esagerate le critiche alle attuali restrizioni, perche’ la progressivita’ salariale fa si’ che per una parte dei lavoratori l’aumento superi di fatto l’uno per cento annuo, allentare i vincoli e’ per i conservatori una possibilita’ per riguadagnare consensi dopo l’umiliante risultato delle elezioni di giugno, nelle quali hanno perso la maggioranza assoluta.

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Francia, l’ambiguita’ del Partito socialista contro la riforma del Lavoro

05 set 11:02 – (Agenzia Nova) – In materia di formule ambigue e sibilline, il Partito socialista francese (Ps) e’ maestro: con questo severo giudizio il quotidiano progressista “Le Monde” fustiga l’esito della riunione dell’Ufficio politico del Ps svoltasi nella serata di ieri lunedi’ 4 settembre, che avrebbe dovuto dire una parola chiara sulla partecipazione del partito alla mobilitazione sindacale e sociale contro la riforma del Codice del lavoro avviata dal governo del presidente Emmanuel Macron e del suo primo ministro Edouard Philippe; perche’ infatti, scrive il “Monde”, persino alcuni massimi esponenti socialisti al termine del vertice hanno confessato di non essere in grado di spiegare “tutte le sottigliezze” del testo che ne e’ uscito. Il Ps era in particolare atteso ad esplicitare la sua posizione rispetto alla manifestazione di protesta indetta per il 12 prossimo dal sindacato di ispirazione comunista Cgt ed a quella convocata per il 23 prossimo dalla coalizione di estrema sinistra della France insoumise (FI, “Francia non-sottomessa; ndr): ebbene, il Ps ha affermato di voler “sostenere tutte le iniziative sindacali” che andranno contro i decreti di riforma del Lavoro ed al contempo ha lanciato un appello a favore di “iniziative unitarie”. Il fatto e’ che due delle principali organizzazioni dei lavoratori, Force ouvrie’re (Fo) e la Cfdt di ispirazione cattolica, a cui fa riferimento la maggioranza dei militanti socialisti, non hanno aderito a nessuna delle prossime giornate di mobilitazione; e cosi’ l’ambiguita’ della formulazione espressa dal vertice Ps lascia spazio ad una disarmante varieta’ di interpretazioni sul livello di mobilitazione a cui gli iscritti al partito saranno chiamati a partecipare. Una ambiguita’ che maschera a fatica, secondo il “Monde”, le profonde divisioni interne tra chi non intende partecipare ne’ alla manifestazione del 12 ne’ a quella del 23, perche’ “noi non siamo ne’ sindacalisti ne’ non-sottomessi” come ha detto il capogruppo parlamentare socialista Olivier Faure; e quanti invece, come il Movimento dei giovani socialisti, intendono cogliere l’occasione di scendere in piazza per dimenticare la serie di umilianti sconfitte subite dal partito da marzo a giugno scorsi ed archiviare definitivamente la fase “socialdemocratica” imposta al Ps nel quinquennio dell’ex presidente Francois Hollande e culminata con la riforma elaborata dall’ex ministra del Lavoro socialista, Myriam El Khomri: quella legge, antesignana dell’odierna riforma, nel 2016 fu affossata dalla dura contestazione dei sindacati ed ha certamente contribuito alla micidiale emorragia di consensi subita dal governo e dal Partito socialista sfociata infine nel disastroso esito della lunga stagione elettorale della scorsa primavera.

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Francia, Macron riceve l’opposizione venezuelana

05 set 11:02 – (Agenzia Nova) – Il gesto non e’ certo passato inosservato a Caracas: il presidente francese Emmanuel Macron ieri lunedi’ 4 settembre ha ricevuto al palazzo dell’Eliseo una delegazione di esponenti dell’opposizione venezuelana. Lo riferisce il quotidiano “Le Figaro”, che ricorda il rimbalzo di accuse scambiato negli scorsi giorni tra il capo dello Stato francese, che ha definito come “dittatoriale” il regime venezuelano, ed il presidente del Venezuela Nicolas Maduro, che ha qualificato le sue parole come una “ossessione imperialista”. Tra le personalita’ ricevute ieri da Macron al palazzo dell’Eliseo figurano in particolare Julio Borges e Freddy Guevara, rispettivamente presidente e vice presidente dell’Assemblea Nazionale del Venezuela sostanzialmente esautorata dei suoi poteri dalla recente instaurazione di una Assemblea costituente voluta da Maduro e criticata da buona parte della comunita’ internazionale. Per il presidente francese e’ stata l’occasione per evocare la gravissima crisi economica ed istituzionale che attraversa il Venzuela: il regime di Maduro infatti negli ultimi mesi ha dovuto affrontare un’ondata di manifestazioni di protesta che ne chiedono le dimissioni e che finora sono state represse con almeno 125 dimostranti uccisi. Macron ha anche ribadito la necessita’ che l’opposizione venezuelana sia “libera” e che il regime di Caracas consenta a Lilian Tintori, la moglie del leader dell’opposizione Leopoldo Lopez costretto agli arresti domiciliari, di uscire dal paese per recarsi in Europa dove e’ attesa per alcuni importanti incontri con i principali dirigenti europei. La polemica sul Venezuela offre al presidente francese anche l’opportunita’ di mettere in difficolta’ uno dei suoi principali oppositori interni, il leader dell’estrema sinistra Jean-Luc Me’lenchon, soprattutto ora che il governo di Parigi ha varato la sua riforma del Codice del lavoro osteggiata da una parte dei sindacati: grande ammiratore del defunto presidente venezuelano Hugo Chavez, Me’lenchon e’ accusato in Francia di non aver preso posizione sulla deriva autoritaria del suo successore Maduro e sulla disastrosa crisi economica e sociale provocata in Venezuela dalle sue politiche. Proprio Maduro la prossima settimana avra’ l’occasione a sua volta di difendere le sue posizioni nel corso di un viaggio in Europa che in particolare gli offrira’ la tribuna dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti dell’uomo a Ginevra, in Svizzera: l’organismo Onu negli scorsi giorni ha accusato il governo del Venezuela di “reprimere le voci critiche e di instillare la pausa tra la sua popolazione”, nonche’ di essere responsabile di “trattamenti inumani” nei confronti degli oppositori incarcerati.

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Germania, le intromissioni della Turchia costituiscono “un grave problema di sicurezza”

05 set 11:02 – (Agenzia Nova) – L’annuncio, durante il dibattito tra i candidati alla Cancelleria tedesca Angela Merkel e Martin Schulz, che entrambi intendono interrompere i negoziati di adesione della Turchia all’Unione europea, ha suscitato una reazione quasi immediata da parte del portavoce del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, Ibrahim Kalin. “Ci auguriamo che questa atmosfera problematica finisca, dal momento che ha reso le relazioni turco-tedesche vittime di un orizzonte politico limitato”, ha scritto il funzionario su Twitter. Nel corso del loro primo confronto elettorale pubblico, Merkel e Schulz hanno puntato entrambi l’indice contro la deriva autocratica della Turchia. Il portavoce del Governo tedesco, Steffen Seibert, ha tuttavia smorzato i toni, puntualizzando che non verra’ intrapresa da Berlino alcuna iniziativa prima delle prossime elezioni Le relazioni tra la Ue e la Turchia sono estremamente tese da piu’ di un anno, dopo il tentativo di colpo di stato messo in atto nel luglio 2016 ai danni di Erdogan. Per la Germania, le relazioni con la Turchia hanno una dimensione particolare: la diaspora turca in Germania conta circa tre milioni di persone, ed Ankara contende apertamente la loro lealta’ alle istituzioni tedesche. A questa questione aperta si sommano i gravi elementi di tensione emersi piu’ di recente, con l’arresto da parte di Ankara di alcuni cittadini tedeschi e le attivita’ di spionaggio intraprese in Germania dalla Turchia. Il deputato dei Verdi Volker Beck ha dichiarato al quotidiano “Handelsblatt”: “E’ inaccettabile che paesi stranieri facciano uso di associazioni religiose e culturali al fine di estendere la loro influenza in Germania e metterla sotto pressione”. Ha poi proseguito: “Questo non solo impedisce alla stragrande maggioranza dei musulmani il libero esercizio della loro fede, ma rappresenta anche un serio problema di sicurezza. Gruppi di influenza finanziaria turchi e di altri Stati stanno cercando di porre sotto la loro ala le moschee in Germania”; il deputato ha inviato un avvertimento al Governo federale, dissuadendolo da qualunque forma di sostegno o incentivo finanziario alle associazioni islamiche nel paese. Tanto il ministro degli Esteri, Sigmar Gabriel, quanto quello della Giustizia, Heiko Maas, avevano recentemente dichiarato allo “Spiegel online”: “Dobbiamo fare attenzione che le comunita’ musulmane in Germania non finiscano sotto l’influenza di Erdogan”. Il leader del partito dei Verdi Cem Oezdemir ha criticato il Governo federale colpevole, a suo dire, di un atteggiamento eccessivamente remissivo nei confronti del presidente turco. “Il fatto che ora l’Ufficio per la protezione della Costituzione avverta della gravita’ della situazione e’ solo la dimostrazione di quanto tempo il Governo federale si e’ dimostrato addormentato in merito”, ha dichiarato.

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Migrazioni, i trafficanti di ieri possono divenire i partner di oggi

05 set 11:02 – (Agenzia Nova) – Il Sindaco di Sabratha, Odio Dhawadi, e’ tra i non entusiasti dell’accordo raggiunto con i leader delle milizie della sua citta’ per rallentare il flusso di migranti verso l’Italia: “Noi non accettiamo questo accordo, non ne faremo parte”, ha annunciato. Secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim) tra il 1° e il 30 agosto, solo 3.892 i migranti sono sbarcati in Italia dopo aver attraversato il Mediterraneo. Un anno fa erano 21.294. A determinare questo improvviso crollo degli sbarchi, sarebbe stato proprio un accordo raggiunto dall’Italia con le milizie che operano nelle regioni costiere della Libia occidentale. L’accordo pare funzionare, scrive la “Frankfurter Allgemaine Zeitung”, ma il fatto stesso che l’Italia vi sia dovuta ricorrere e’ il sintomo di quanto essa stessa e l’Europa siano sotto pressione. Il quotidiano tedesco sottolinea la debolezza intrinseca del principale interlocutore dell’Italia e dell’Ue in Libia, il premier sostenuto dall’Onu Fayez al Sarraj, la cui autorita’ e’ minata da milizie, signori della guerra e soprattutto dal generale Khalifa Belgasim Haftar, capo dell’Esercito del governo rivale nella Libia orientale e interlocutore di Egitto, Russia e Francia. Le sue milizie dominano le strade, controllano importanti impianti petroliferi e le vie di trasporto. Stringono accordi di comodo, ora con l’uno ora con l’altro. L’economia del paese e’ ferma al palo, soffocata dal proliferare del mercato nero e del contrabbando. Quest’ultimo a Sabratha e’ dominato da Ahmed Dabashi, “Ammu”, i cui uomini sono a guardia delle istallazioni petrolifere e di gas ad ovest di Sabratha, progetto congiunto quest’ultimo della compagnia petrolifera del Governo libico e della societa’ italiana Eni. La famiglia Dabashi e’ in contatto con l’Onu e con i leader dello Stato islamico. “Ammu” controlla anche la “Brigata 48”, coinvolta nel traffico di merci, armi e persone. Entrambe le milizie sono formalmente leali al governo di Tripoli. In molti luoghi della Libia le milizie, le agenzie statali e le bande criminali sono intrecciate fra di loro, come ad esempio a Zawiya, nella Libia occidentale, dove il capo della Guardia costiera, secondo le Nazioni Unite, ha guadagnato dal commercio di contrabbando. Il traffico di esseri umani e’ un business fra i tanti. In un contesto cosi’ complicato e volatile, avverte la “Frankfurter Allgemaine Zeitung”, il drastico calo degli sbarchi potrebbe rappresentare solamente un sollievo temporaneo. Secondo un giovane impiegato libico “il numero in drastico calo di arrivi in Europa e’ ingannevole, perche’ sempre piu’ persone entrano nel paese dai confini meridionali e premeranno verso le citta’ costiere”. “Nel 2015 persone come Dabashi videro nel traffico di esseri umani una opportunita’ e la colsero”, afferma Mohammed Eljarh, dell’Atlantic Council. “Se l’Italia vuole raggiungere la stabilita’ in Libia non e’ saggio alimentare la competizione fra le bande”, avverte. Recentemente Dhawadi ha sollecitato l’Italia a puntare progetti di sviluppo da cui potrebbero trarre beneficio soprattutto i giovani, ma il governo di Roma, sotto la pressione dell’emergenza, ha optato secondo il quotidiano tedesco per opzioni a breve termine.

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