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Telelavoro e smartworking, reale opportunità per Roma Capitale?

Durante la seduta del 1 agosto la nuova Sindaca di Roma Virginia Raggi ha presentato al Consiglio le linee programmatiche per il governo della Capitale (già assunte dalla Giunta con la decisione n. 2 del 21 luglio 2016). Nel lungo elenco di obiettivi e azioni proposte nei 14 punti del documento viene fatto esplicito riferimento anche ai temi del telelavoro e dello smartworking, innovativa filosofia manageriale che invita a ripensare il lavoro in maniera più intelligente e flessibile al fine di mettere nelle migliori condizioni i lavoratori di sviluppare le proprie potenzialità e raggiungere i risultati attesi.

Al riguardo, al punto 3 “la città in movimento” nell’ambito del paragrafo 3.1.3 dedicato alla “riduzione degli spostamenti” viene sottolineato come “mai come al giorno d’oggi la tecnologia fornisce un contributo straordinario nell’eliminare o razionalizzare gli spostamenti. Le Amministrazioni pubbliche saranno incentivate a promuovere o intensificare strumenti per la consultazione di sportelli online. Al tempo stesso, saranno favorite anche iniziative che guardino al privato, mirate a ridurre le cause di spostamento. A questo scopo potrà essere incentivato il telelavoro con strumenti che agevolino la conoscenza di tale soluzione tra le aziende. Potranno essere incentivati telelavoro e smartworking da adottarsi anche all’interno dell’Amministrazione capitolina e delle società partecipate”.

Il riferimento esplicito all’incentivazione di telelavoro e smartworking tra le aziende e nell’ambito dell’amministrazione capitolina e delle società partecipate richiama quindi direttamente il percorso di riforma indicato dall’art. 14 della Legge 7 agosto 2015, n. 124 avente per oggetto “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”. L’articolo indica la via da seguire in materia di “promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche” invitandole ad adottare misure organizzative volte a fissare obiettivi annuali per l’attuazione del telelavoro e la sperimentazione di nuove modalità spazio temporali di svolgimento della prestazione lavorativa con l’obiettivo ambizioso di consentire ad almeno il 10% dei dipendenti di potersi avvalere di tali innovative modalità.

Il Jobs Act impone di considerare l’adozione di queste misure e il raggiungimento degli obiettivi fissati in materia oggetto di valutazione nell’ambito dei percorsi di misurazione della performance invitando tutte le amministrazioni ad adeguare i propri sistemi di monitoraggio e controllo interno per la verifica dell’impatto sull’efficacia e sull’efficienza dell’azione amministrativa e sulla qualità dei servizi erogati e promuove, inoltre, una serie di azioni organizzative  in materia di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti, come ad esempio convenzioni con asili nido e scuole e servizi di supporto alla genitorialità.

Le linee programmatiche dell’amministrazione Raggi si sposano quindi perfettamente con l’impostazione e gli obiettivi del Jobs Act che, nella dimensione romana, assumono assoluta rilevanza.

In una realtà complessa come Roma Capitale con oltre 24.000 dipendenti, cifra che bisogna raddoppiare se si vuole considerare anche il personale delle aziende partecipate e dell’area metropolitana, raggiungere l’obiettivo del 10% in tre anni significherebbe consentire ad alcune migliaia di lavoratori di poter sperimentare nella Capitale un nuovo modo di vivere e pensare il lavoro dipendente nell’ambito della società digitale. L’attuazione concreta di questo proposito nasconde però non poche insidie se consideriamo che il ricorso al telelavoro è stato nella pratica sempre molto limitato a fronte di una disciplina specifica in materia che aveva previsto già all’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 70 nei piani di telelavoro uno strumento operativo semplice ed efficace di realizzazione.

Purtroppo una distanza abissale spesso separa la vita quotidiana delle nostre amministrazioni da quanto previsto dalla normativa vigente. Basti pensare all’esempio delle postazioni di lavoro: quanto sono oggi lontani gli uffici dove effettivamente lavorano i dipendenti del comune di Roma da quelle previste?

Questa distanza tra teoria e pratica non ha certo aiutato fino ad oggi la realizzazione di piani che favorissero la diffusione di queste modalità di lavoro. Telelavoro e smartworking impongono infatti un rispetto sostanziale e non solo formale delle prescrizioni, un’amministrazione compiutamente digitale, nuovi modelli organizzativi e strumenti di monitoraggio davvero in grado di mettere nelle condizioni migliori il lavoratore di svolgere la propria prestazione rispetto ad obiettivi chiaramente definiti e misurabili.

Per realizzarli sarà necessario superare alcune delle problematiche che in passato hanno disincentivato le amministrazioni a procedere in questa direzione, per quanto riguarda il tema del controllo dell’attività dei lavoratori, ad esempio, esso deve essere oggi affrontato alla luce delle novità, e delle criticità, introdotte dal Jobs Act.

Come giustamente rilevato dal Prof. Maio nell’articolo dedicato al tema de “La disciplina del controllo a distanza dell’attività dei lavoratori”, pubblicato sul numero I del 2016 della “Rivista Elettronica di Diritto, Economia e Management” l’art. 23, co. 1, del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 151, riscrivendo l’art. 4 della legge n. 300 del 1970, ha direttamente inciso su uno dei cardini dello Statuto dei lavoratori, modificando in maniera significativa la disposizione che, ancora oggi, costituisce il riferimento normativo principale in tema di controlli a distanza dell’attività dei lavoratori.

La scelta politica del legislatore di sopprimere di fatto il divieto esplicito di controlli intenzionali, nell’ambito di un disegno coerente di revisione al ribasso dello statuto protettivo del lavoro subordinato, sposta oggi l’equilibrio interno dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori dal piano collettivo a quello individuale.

Nel nuovo contesto della società digitale la percezione del controllo è mutata profondamente rispetto al 1970, oggi sono riconosciute ed accettate socialmente, con una disponibilità al tempo impensabile, forme invasive di controllo che contribuiscono all’erogazione di servizi digitali o alla realizzazione di attività online, con l’unico limite che queste forme di controllo non ledano la dignità o la privacy del cittadino utente. Un limite significativamente inferiore a quello che la nostra Costituzione e lo Statuto hanno posto finora a tutela del lavoratore subordinato.

Per Roma Capitale la prospettiva del telelavoro e dello smartworking, al netto delle criticità rilevate, è oggi non solo percorribile ma anche incentivata dal piano normativo e potrebbe rappresentare un terreno ideale di confronto e collaborazione istituzionale fra il Governo e la Capitale.

I vantaggi per la mobilità evidenziati dalle linee programmatiche della Sindaca Raggi sarebbero solo la punta dell’iceberg in quanto il miglioramento nella qualità della vita dei lavoratori sarebbe complessivo e comporterebbe anche notevoli risparmi economici diretti e indiretti.

Inoltre, consentirebbe un approccio moderno all’annosa questione, mai risolta fino ad oggi, della riorganizzazione delle decine di sedi di Roma Capitale favorendo una ridefinizione funzionale di spazi e orari che potrebbe garantire immensi risparmi alle casse capitoline. Riorganizzazione che non può prescindere da una ottimizzazione complessiva del funzionamento della complessa macchina amministrativa.

Una ridefinizione dell’intero assetto amministrativo che rappresenta un crocevia indispensabile se si vuole garantire alla Capitale di poter seguire la via indicata dalla riforma della PA e sperimentare una declinazione moderna, efficace e non solo formale del concetto di benessere organizzativo.

Telelavoro e smartworking possono in questo senso aiutarci a realizzare compiutamente il lungo percorso di riforme intrapreso dal nostro paese negli ultimi decenni, per realizzarli è indispensabile scegliere la via della semplificazione, applicare fino in fondo i principi della legge 241/90 sulla semplificazione amministrativa, la legge 150/2000 sulla comunicazione pubblica, il d.lgs. 150/2009 sulla valutazione dei dirigenti ed il nuovo codice dell’amministrazione digitale.

In tal senso sperimentarne l’attuazione può offrire una straordinaria occasione per meglio comprendere, e correggere, vizi e difetti dell’attuale funzionamento della macchina amministrativa capitolina. E offrire così uno strumento concreto ed innovativo per il miglioramento della qualità della vita quotidiana di tutti i cittadini romani.

*Andra Casu è l’autore del recente volume “Fare meglio con meno. Nudge per l’amministrazione digitale”, pubblicato da Franco Angeli, 2015.

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