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Telegram, in Italia in due anni da 3,5 a 9 milioni di utenti

Due le principali notizie che hanno animato la settimana intorno a Telegram, l’App fondata da Pavel Durov che ormai, quasi ogni giorno, fa parlare di sé.

La prima riguarda l’ultimo aggiornamento, che introduce una news apparentemente non rivoluzionaria ma, in realtà, assai attesa da chi non sa fare a meno della giusta dose di divertissement. Ci riferiamo agli stickers animati. Se ne parlava da giorni, ma sono stati presentati ufficialmente sul blog lo scorso 6 luglio: «Abbiamo lanciato gli stickers nel gennaio 2015», raccontano. «Da allora, il formato adesivo di Telegram è stato adottato da altre App per raggiungere un totale di 2 miliardi di persone. Oggi stiamo introducendo un nuovo formato per stickers animati. Ci siamo chiesti: gli stickers animati possono avere una qualità superiore rispetto a quelli statici, richiedendo comunque meno larghezza di banda? La risposta è stata (ma solo dopo aver detto agli sviluppatori», aggiungono come sempre scherzosi, «che avrebbero spostato le foto dei gatti)».

In alta qualità e con 60 FPS, gli sticker animati richiedono in effetti meno batteria rispetto alle GIF e meno utilizzo dati rispetto agli sticker normali, si spiega anche sul canale ufficiale di Telegram.  «Controlla la sezione stickers in primo piano del tuo pannello degli stickers per alcuni set di esempio.  Gli artisti sono invitati a creare i loro set di stickers animati sulla nostra piattaforma gratuita».

Gli stickers animati, una sorta di «via di mezzo» tra stickers tradizionali e GIF, sono caratterizzati da animazioni fluide e dimensioni ridotte: «Gli ingegneri di Telegram hanno sperimentato la grafica vettoriale, i metodi d’imballaggio e la magia proibita per creare il formato .TGS basato su Lottie, in cui ogni adesivo occupa circa 20-30 Kilobytesei volte più piccolo della foto media. Grazie a varie ottimizzazioni, gli adesivi animati consumano meno batteria rispetto alle GIF e funzionano a una velocità di 60 fotogrammi al secondo. Se un’immagine vale più di mille parole, sono 180.000 parole per adesivo». Si tratta sempre, come anticipato, di una piattaforma aperta e gratuita: «Tutti gli artisti sono invitati a creare nuovi set e condividerli con gli utenti di Telegram», si ribadisce sul blog. Se ancora non li hai provati e sei curioso, dai un’occhiata a questa guida rapida per iniziare. Oppure guarda ancora alcuni set di esempi che vanno dai  «Rambunctious Rodents» to «Sentient Snacks». Ti divertirai. E puoi anche trovarne d’interessanti digitando un’emoji pertinente: partirà un suggerimento per trovare lo sticker animato più adatto al tuo umore.

La seconda notizia che ha animato il dibattito intorno a Telegram nella settimana riguarda poi gli utenti, anche e specie italiani, che l’App avrebbe messo insieme sinora, stando agli ultimi dati. Come riportato, infatti, da Franz Russo sulla base dei numeri analizzati da Vincenzo Cosenza, si conterebbero ormai 200 milioni di utenti a livello globale per «Telegram, fenomeno del momento, etichetta che ormai sembra quasi obsoleta visto chesi tratta ormai di una realtà ben definita». In particolare per l’Italia si avrebbe a che fare con «9 milioni»di utenti,con un «tempo di utilizzo di 3 ore e mezza al mese».

Interessanti, questi dati, soprattutto se raffrontati con quelli di due anni fa, cui avevo dedicato ampio studio nel mio libro Telegram perché, pubblicato proprio poco dopo. Già allora, infatti, si parlava «di boom per Telegram. Stando all’analisi di Vincenzo Cosenza», scrivevo, «da prendersi in ogni caso con le pinze, in quanto realizzata, come lui stesso specifica, “in assenza di statistiche ufficiali, ma grazie ad una serie di dati in mio possesso, acquisiti da diversi provider”, se WhatsApp resta come prevedibile la più usata dagli Italiani, 22 milioni, seguita da Messenger con 15 e Skype con 8, al quarto posto si piazzerebbe giusto Telegram, usata da 3,5 milioni di italiani, in crescita del 150% rispetto allo scorso anno».

Quanto all’utilizzo globale dell’App, già allora facevo notare come i pochi dati ufficiali parlassero di «oltre 100 milioni di utenti attivi raggiunti in due anni e mezzo». Dal 2013 cioè: in particolare dal 14 agosto di quell’anno, quando è stata pubblicata Telegram per iOS, e dal 20 ottobre per la versione alpha per Android, grazie all’impegno di Pavel e Nikolai Durov, sostenuto finanziariamente da Pavel stesso grazie al suo fondo «Digital Fortress». «L’utenza più attiva», si faceva notare già allora, «è quella dei 15-24enni, che lo usano per le sue caratteristiche di segretezza e per la presenza di Bot, che automatizzano il delivery dei messaggi. Queste funzioni stimolano un’attività media di 2 ore e 30 minuti a persona».

9 milioni d’italiani, dunque, contro i 3 milioni e mezzo di due anni fa: il confronto non può che essere destinato a fare scalpore. E noi, da sempre «innamorati» di Telegram, non possiamo che rallegrarcene. Anche se, confessiamo, fino a un certo punto.

Perché? Da un lato, l’«abbattimento delle frontiere» porta inevitabilmente sempre con sé il rischio di uno «snaturamento» delle caratteristiche originarie dell’App che, nella nostra filosofia del «Telegram for business», potrebbe paradossalmente cedere alla tentazione di «snaturarsi» un poco, per accontentare maggiormente tutti i palati: favorendo magari caratteristiche legate al gaming e al divertissement, anziché features legate al business – tutte gratuite al momento, ricordiamolo – che, per chi se n’è accorto e ha capito, possono accrescere di molto la fortuna dei brand.

Non vogliamo però fare i puristi né, tantomeno, i pessimisti. Giova piuttosto ricordare un altro fattore maggiormente oggettivo: in generale, e a maggior ragione su Telegram, non contano i numeri quanto la qualità. Lo abbiamo sempre «predicato», trasformando in vantaggio competitivo l’obiezione che c’era mossa, parlando di «Telegram for business», quanto alla scarsa quantità d’iscritti a Telegram rispetto a WhatsApp e gli altri social: «Sì, però su Telegram ci sono poche persone». Ebbene, sempre si è detto, a rappresentare uno dei «perché» decisivi di Telegram è proprio la «qualità, il valore unico del network di seguaci che si va così a creare e raggiungere».

Chi fa parte dei membri di un Canale, infatti, l’ha scelto: ha deciso o, comunque, accettato proattivamente di seguirlo. Magari scommettendo per la prima volta su una piattaforma ancora poco nota come Telegram. Il pubblico dev’essere davvero interessato: ecco il vero engagement. Non è come un Like su Facebook o una Newsletter passivamente subita in email. Qui non si è soggetti al News Feed, al Dio Algoritmo, un novello Zeus che ti oscura se non paghi. Molto più facile sarà dunque raggiungere la rete di contatti: comunicare con loro, coinvolgerli, prendersene cura. Fino a che non compreranno o ri-compreranno.

Ecco un nuovo esempio di quell’«ottimizzazione del rapporto qualità-prezzo», di quell’«avere tanto a costo quasi zero», di cui tanto abbiamo parlato in questa rubrica. Da qui il potenziale di efficacia tanto peculiare del Canale Telegram, anche in termini di raggiungimento del ROI. Su Telegram non vale il principio: «O paghi in #SocialAds o farò in modo che nessuno ti veda» – neppure coloro che, magari, dalle mie comunicazioni potrebbero eccome essere interessati. «Vero, dunque», scrivevamo due anni fa: «gli utenti Telegram potranno anche essere relativamente pochi, specie se paragonati a quelli di giganti come Facebook o WhatsApp. Ma di che parliamo se poi, alla fine, delle mie anche centinaia di migliaia di fans sulla Facebook Page solo lo 0,0001% di loro ha la possibilità tecnica di visualizzare i miei post, a meno che non abbia fatto investimenti in pubblicità? Su Telegram, invece, tutti possono vedermi, tutti possono scegliere se seguirmi o no. Non ci sono barriere all’ingresso: niente preselezioni secondo criteri non meritocratici. A maggior ragione, però, la posta in gioco è alta. L’azienda o la persona, per qualsiasi scopo agisca – professionale o personale, sociale, educativo o di business – dovrà essere tanto smart da dar buone ragioni al cliente, al contatto-amico in rete, per convincerlo alla scommessa di raggiungerlo su Telegram. Se vuoi essere seguito, qui dovrai solo farti valere. Lì si parrà la tua nobilitate. Tanto più dovrai esser affidabile e autentico, per dar un buon motivo agli altri per seguirti. Se però il tuo cliente tale o potenziale, il tuo amico in rete, sceglierà alla fine di scommettere su di te e seguirti, quell’unico contatto varrà come 10.000 su Facebook. E ti renderà 10.000 volte di più. Con tanti saluti all’algoritmo di Facebook».

Ecco, proprio questo è il punto. Lungi dal sottovalutare gli importantissimi recenti dati sull’uso della piattaforma, specie da parte dell’Italia, di cui – ripetiamo – non possiamo che gioire, preme qui soltanto ricontestualizzarli in quella che, a nostro avviso, è la giusta vision: rallegriamocene, sì, ma senza esultarne come valore in sé. Come sempre, infatti, è l’uso a fare la differenza. Il vero successo di Telegram sta nella capacità di costruire un network dal valore unico, con un rapporto «qualità-prezzo» – tanto a costo quasi zero – mai visto per convenienza. Se anche fossero 100 membri, ma tutti fidelizzati e tutti confermati nel loro seguire e visualizzare il tuo post, varranno più dei 1000 Like su Facebook, di cui però solo in 50 in grado di vedere e interagire col contenuto da te condiviso. Se poi il tuo canale avrà 200 o 1000 membri, meglio. Ciò che conta però è che non divengano un mucchio indistinto o il solo obiettivo, diretto, del tuo lavoro su Telegram. Mira alla qualità, come vuole la filosofia dell’App: non sbaglierai e il tuo business metterà le ali.  

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