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Telegram, che cos’è la Bot Platform 2.0?

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Continua la nostra rubrica alla scoperta di Telegram: oggi parleremo della piattaforma dei Bot, la cosiddetta Bot Platform 2.0. Che cos’è? Che cosa s’intende con questa espressione?

Bot su Telegram, Telegram Bot Revolution, Inline Bots: questi i principali temi che abbiamo trattato nella scorsa puntata della nostra Guida a Telegram. Chiusasi, però, con un interrogativo: oggetto, la piattaforma dei Bot, la cosiddetta Bot Platform 2.0, introdotta il 12 aprile 2016. Che cos’è? Che cosa s’intende con questa espressione?

Bot Platform 2.0

Si tratta, in sintesi, della piattaforma dei Bot 2.0. «La nostra mission», fanno sapere da Telegram, «è quella di ridefinire i limiti di ciò che puoi fare con la nostra applicazione di messaggistica. Nel 2015 abbiamo lanciato la piattaforma dei Bot e, con questo, la creatività degli sviluppatori si è scatenata. Oggi diamo a loro e a tutti voi una nuova dimensione grazie ai Bot 2.0: tastiere inline, possibilità di ricerca e selezione del contenuto da inviare in tempo reale e mille altre attività che ti invitiamo a scoprire. I nuovi Bot possono anche generare qualsiasi tipo di contenuto, che potrai condividere con gli amici, inclusi documenti, file MP3, video, sticker, GIF, o ancora la possibilità di formattare il testo del tuo messaggio in grassetto o corsivo. Per darti un’idea delle nuove possibilità, lo scorso weekend abbiamo costruito alcuni Bot di esempio  – @music, @youtube, @foursquare, @sticker – prova a darci un’occhiata!».

Ecco come funziona ad esempio @music: questo Bot usa una tastiera inline che ti consente di interagire col Bot stesso senza mandare alcun altro messaggio. In più, si aggiorna in real time, mentre tu navighi tra i suoi risultati di ricerca: in altre parole, più prosegui la ricerca, più il Bot continuerà a restituirti risultati sempre nuovi. Come gli altri Inline Bots, può esserti utile per mandare file musicali MP3 entro qualunque chat con qualsiasi amico, direttamente dal campo di scrittura.

Non c’è insomma più bisogno che tu apra un’altra chat con il Bot per chiedergli, ad esempio, un contenuto musicale da mandare all’amico X con cui, nel frattempo, stai comunicando, per poi tornare in chat con X e inviargli il contenuto magari intanto trovato e scaricato. Restando nella medesima chat, con il medesimo amico X, è sufficiente che nel campo scrittura tu digiti «@» seguito da una keyword. In questo modo il Bot @music ti darà un’ampia scelta di file musicali: tu selezionerai quello di maggior interesse e potrai inviarlo in un attimo alla persona con cui stai parlando. Lo stesso vale laddove tu voglia mandare sticker, emoji, foto, GIF e qualsiasi altra cosa ti suggerisca la tua creatività: come video musicali di YouTube, grazie al Bot @youtube, che con lo stesso meccanismo di chat switching ti consente di connettere il tuo account Telegram con YouTube, o con @foursquare, che ti permetterà di geolocalizzarti e condividere con gli amici la tua posizione, luoghi di interesse che possono esserti nelle vicinanze, indirizzi e così via. 

Inutile riconfermare la garanzia di privacy e sicurezza: il Bot, infatti, ti richiederà tutti i permessi del caso quando lo userai la prima volta.

Interessanti anche le modifiche alle opzioni di condivisione e anteprima di immagini e altri contenuti. «Da oggi i nostri utenti potranno facilmente condividere foto e video con gli altri amici nelle chat Telegram con un commento e, quando li si riceverà, sarà possibile aprirli direttamente in altre applicazioni, come YouTube o browser quali Chrome, Firefox, Opera e così via. Così se ricevi un video YouTube potrai scegliere con la modalità in-app di guardarlo direttamente sulla piattaforma originaria. Un ultimo divertente dettaglio per gli sticker: «Quando ne riceverai uno, basterà cliccarvi sopra e ti si aprirà tutto il pacchetto, che potrai scaricare e a tua volta poi usare».

«Il 2016 sarà l’anno dei Bot», dicevano all’epoca entusiasti da Telegram. «Questi esempi che hai visto sono solo un inizio. Il bello è tutto da venire». The Best Is Yet To Come… E questo vale ancora oggi!

Anche in questo caso, tornano alla mente gli insegnamenti del già citato Giorgio Robino, ResearcherDesignerDeveloper in Conversational AI, autore del blog sul Conversational Computing ConvComp, già ideatore e organizzatore del «primo evento italiano sui sistemi di dialogo in linguaggio naturale», #convcomp2016, intervistato in occasione del mio libro «Telegram Perché», fonte di riflessioni utili per comprendere questa tipologia di Bot e, dunque, la «proficuità» cui questi, se impiantati nel «verde giardino» di Telegram, possono portare. «L’intuizione geniale sta nella possibilità di inserire i Bot direttamente in Gruppi, Canali o chat», sostiene Robino: che, invero, di ciò aveva già parlato a lungo in questo post sul suo blog. «Se un utente invoca il Bot in un gruppo, ad esempio, la risposta del Bot potrà essere letta da tutti i partecipanti. Siamo un gruppo pacifista di 4300 persone e vogliamo fare un sondaggio sul possibile intervento militare in Libia? Basta inserire nel gruppo @Pollbot». Oppure: «Stiamo chattando con la fidanzata e vorremmo ordinare due pizze per cena dalla pizzeria X che, su Telegram, ha Bot @PizzaGenoveseBot? Basta invocare il Bot nella conversazione con un comando inline tipo “@PizzaGenovese Ordina 2 pizze Margherita” e il piatto sarà servito».

Pensiamo però, ancora meglio, ai Canali, «perfetti per la ricerca d’informazioni pubbliche e non personali». I membri potranno non solo ricevere l’info X o il contenuto Y, ma richiederli – o chiedere un altro «contenuto Z» – a un Bot implementato nel Canale, con infiniti vantaggi lato business, aperti virtualmente a tutti, su piani quali:

  • E-Commerce. Esempio? Un cliente acquista da un negozio fisico ordinando online via chat, tramite colloquio con un Bot che comunica l’ordine in negozio – e magari anche a un fattorino per consegna a domicilio – o direttamente, o a sua volta via uno o più Chatbots. «Booking, banking, transazioni commerciali»: gli esempi sono tantissimi.

Qui siamo sul fronte caldo del #ConvComm, del Conversational Commerce di cui già parlava Chris Messina e su cui tanti Big Players hanno ormai puntato.

Anche Robino ha sempre coltivato un progetto tutto suo: Rosposhop, la «Local E-Commerce Revolution», una forma di «commercio tra persone e tra macchine» grazie a cui, ad esempio, ordinarsi pizza e birra in un attimo ovunque si trovi chi compra e chi vende. Come? L’acquirente compra online, da telefono, tablet, pc, e il venditore riceverà l’ordine o nello store X grazie a «ROSPO-Box» o… ovunque via «ROSPO-App o SMS». E vale per negozi, supermarket, compravendita tra privati, trasferimento denaro: esempi infiniti. Peccato per le aziende italiane, «ancora all’oscuro di queste potenzialità». 

  • News. Pensiamo a una testata online, un sito di notizie, dove alcune siano inserite sul canale da giornalisti, altre invece da uno o più Chatbots facendo scraping di news su web, postandole poi sul sito, direttamente o previa selezione di giornalisti in carne e ossa. Per una testata a tema come un sito sul calcio, il Bot potrebbe rispondere a richieste specifiche degli utenti, come: «Che goal ha fatto oggi il giocatore X? Qual è la classifica della squadra Y?». E così via.

Un esempio? «Lo staff del Canale Telegram VecchiaSignora.com fa un lavoro eccellente di giornalismo multimediale», racconta Robino: quasi 9000 membri all’attivo. «L’amministratore di VecchiaSignora.com, Michel le Roi, mi ha confermato che, all’interno del canale, viene utilizzato un Bot che pubblica le prime pagine».

  • Online Customer Service. Immaginiamo un cliente che richieda assistenza via Live Chat e il cui messaggio sia ricevuto da un Bot, in grado di recapitarlo a un operatore in carne e ossa o, ancora una volta, a uno o più Chatbots. Una catena d’insiemi e sottoinsiemi virtualmente infinita, che si chiude solo ad avvenuta risoluzione del problema: ottenibile in teoria anche da Chatbots.

Anche su questo, Robino già allora era a lavoro col proprio progetto Conversator, draft in open-source su GitHub, «manifesto» per la creazione di un «router di conversazioni via Chatbots», una struttura che «connetta utenti a operatori (umani o Bots)», indirizzando le richieste d’assistenza in arrivo a Chatbots e da qui (ma non necessariamente) a un pool di operatori. Il Bot in front-end, verificate le credenziali del cliente, recapiterà il messaggio a un operatore in back-end: «un essere umano, una persona reale, o ancora un Bot», che dialogherà col cliente nel suo linguaggio naturale, arrivando persino già a risolvere direttamente le questioni più semplici – stato di avanzamento di una pratica o una spedizione, cambio piano tariffario, reclami ecc – chattando con lui e sostituendo l’uomo almeno in un help desk di primo livello.

Bot ed esseri umani

Certo, parlando di Bot in questo modo, vien da immaginarli quasi come utenti «in carne ed ossa», poco dissimili, almeno sulla piattaforma, da ciascuno di noi. In che cosa dunque i Bot sono diversi dagli umani?

In parte lo avevamo già accennato: «Non sono differenti dagli utenti umani che incontri, ad esempio, nei gruppi», avvisavano dal team. «Possono vedere il tuo nome pubblico, le foto profilo e i messaggi che invii loro, mentre non vedono il tuo numero di telefono». E per i Bot, di qualunque tipo, vale la regola che verrebbe per ogni essere umano: «Ogni Bot deve essere trattato come uno sconosciuto — non dargli le tue password, i codici di Telegram, o il numero del tuo conto bancario, anche se», aggiungono con quella loro tipica, seria ironia, «lo chiede gentilmente».

Anche per i «nuovi Bot» valgono le stesse accortezze. A ciò si aggiunge remind di altre caratteristiche essenziali. Tra queste, il fatto, per i Bot, di non avere uno status online/offline o un’indicazione di «ultimo accesso» – «ci sono», stop – o anche i loro limiti quanto a spazio disponibile di archiviazione per la conservazione dei messaggi su cloud o, ancora, il fatto di non poter essere loro, mai, a iniziare una chat con qualcuno. È l’utente e solo lui che può farlo, avviandolo, aggiungendolo a un gruppo, e così via.

Nel caso in cui sia aggiunto a un gruppo, un Bot non riceverà di default alcun messaggio. Come abbiamo visto prima, nelle regole di sicurezza per i Bot – sezione Privacy mode – questi «non possono vedere alcun tuo messaggio in chat. Loro si limitano a ricevere ciò che tu digiti dopo che li avrai evocati scrivendo i loro username nel campo scrittura». Le loro virtù più importanti sono però altre – e torna la consueta ironia: «i Bot non mangiano mai, non dormono né si lamentano, salvo che tu non li programmi per fare anche questo».

Come creo un Bot?

«Programmarli»: ecco il punto. Verosimilmente, infatti, ai più curiosi sarà già venuto da chiedersi se e come sia possibile creare un Bot, in generale e su Telegram. La piccola differenza – anticipiamolo subito – è che se ormai, per creare un Bot per Messenger di quelli «veri e seri» devi predisporre un budget a diversi zeri, con un Facebook divenuto ormai paid media, canale pubblicitario ben più che «social network», viceversa su Telegram puoi agire in totale autonomia e facendo pure (relativamente) poca fatica. Non ti servono decine di migliaia di euro: anzi, non ti serve nulla. Neppure conoscere una riga di codice. Basta solo buona volontà e olio di gomito: quelli che, sempre, servono per imparare qualcosa di nuovo. Fatto questo, però, la strada è tutta in discesa. Telegram d’altronde è «un progetto non commerciale, con lo scopo di creare un servizio di messaggistica veramente libero, senza i soliti avvertimenti». E allora: come creo un Bot? Lo vedremo nella prossima puntata della nostra Guida a Telegram.