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Telecom Italia tra risiko brasiliano e investimenti nella fibra italiana (e il Governo non sta a guardare)

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Un inizio anno impegnativo non solo per Telecom, ma anche per l’esecutivo, alle prese con la questione dell’urgente sviluppo di una rete a banda ultralarga che consenta al paese di allinearsi agli obiettivi europei.

Troppo presto per fare qualsiasi previsione su quali saranno le modalità del consolidamento del mercato mobile brasiliano, ma Bayard Gontijo, Ad dell’operatore brasiliano Oi, probabilmente, dice molto meno di quello che sa o auspica quando afferma che ‘non ha importanza se Oi sarà bersaglio o compratore in una qualsiasi operazione’. Il fatto che il gruppo abbia appena concluso la vendita degli asset di Portugal Telecom ad Altice per 7,4 miliardi di euro e che Telefonica abbia al contempo avviato trattative esclusive con Hutchison Whampoa per la cessione della divisione britannica O2 per oltre 13 miliardi di euro fa infatti presupporre che qualcosa in pentola stia bollendo…uno spezzatino, per l’esattezza, quello di Tim Brasil.

Non è un segreto, infatti, che i competitor della controllata di Telecom Italia abbiano da tempo un progetto molto preciso: acquisire, attraverso la banca BTG Pactual, la controllata di Telecom Italia e poi suddividersela, così da eliminare dal mercato l’attuale secondo operatore dopo Vivo, controllata della spagnola Telefonica.

Il cash quest’ultima e Oi (che però ha sul groppone anche un debito non di poco conto) lo hanno messo da parte con le operazioni di cui sopra. Per quanto riguarda l’altro player che sarebbe interessato all’operazione, America Movil, il suo patron è il miliardario messicano Carlos Slim, il secondo uomo più ricco del mondo dopo Bill Gates e da poche settimane nuovo proprietario del New York Times: reperire la liquidità per partecipare all’operazione, insomma, non sarebbe un problema.

Nelle scorse settimane, non a caso, i rumors su una offerta ‘già pronta’ del trio Vivo-Oi-America Movil su Tim Brasil hanno ripreso quota: sul piatto 15 miliardi di dollari (12,07 miliardi di euro), una cifra superiore a quella da 10,4 miliardi di euro che si diceva fosse pronta a ottobre. Il ‘piano’ sarebbe quello  di suddividere Tim tra Claro (America Movil)  che avrebbe circa il 40%; Telefonica il 32% e Oi il 28%.

 

Le mosse di Telecom Italia

Allo stesso tempo, tuttavia, l’Ad di Telecom Italia, Marco Patuano, si recherà questa settimana in Brasile a incontrare il nuovo ministro delle comunicazioni Ricardo Berzoini.  Un viaggio di routine, certo, ma anche occasione ,secondo fonti citate da Reuters, per testare le acque in vista di un’eventuale offerta su Oi.

Gli analisti consigliano a Telecom un approccio attendista: secondo Goldman Sachs, la società non ha bisogno al momento di partecipare al consolidamento del mercato brasiliano, mentre per il Financial Times, Patuano “ha buoni ingredienti. Deve solo metterli insieme al momento giusto”. Senza fretta, insomma, come da migliore tradizione culinaria del Bel Paese.

Venerdì il titolo ha beneficiato di queste nuove indiscrezioni, salendo oltre quota 1 euro. A spingere il guadagno anche l’operazione di Hutchison sull’operatore britannico O2: la prossima mossa del conglomerato asiatico, che opera col marchio 3, potrebbe infatti avvenire sul mercato italiano e dal consolidamento Telecom potrebbe a sua volta avvantaggiarsi sia sul mercato del fisso che su quello mobile.

Il tutto mentre la società si avvia a diventare una ‘public company’ a tutti gli effetti: entro la fine di marzo dovrebbe concretizzarsi il divorzio dei soci Telco – Generali, Mediobanca e Intesa Sanpaolo che si stanno preparando a smobilizzare – e i francesi di Vivendi subentreranno a Telefónica in qualità di partner industriale, con una quota dell’8,3% ereditata dal gruppo spagnolo in seguito all’acquisizione di GVT. La strategia del gruppo francese, in realtà, non è ancora chiara perché mentre il presidente Vincent Bollorè ha parlato di un investimento di lungo periodo, il direttore finanziario Hervé Philippe, ha invece fatto intendere che quella in Telecom è una partecipazione di stampo ‘opportunistico’ che sarà dismessa non troppo in là nel tempo.

Fibra ottica: condominio o non condominio, questo è il problema (del Governo)

Un inizio anno impegnativo, dunque, non solo per Telecom, ma anche per l’esecutivo, alle prese con la questione dell’urgente sviluppo di una rete a banda ultralarga che consenta al paese di allinearsi agli obiettivi europei. A Palazzo Chigi proseguono gli incontri tra il vicesegretario generale alla Presidenza del consiglio Raffaele Tiscar, il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli, il presidente della Cassa Depositi e Prestiti e di Metroweb, Franco Bassanini, e i consulenti del Governo Andrea Guerra e Yoram Gutgeld, per definire le possibili strategie di intervento infrastrutturale e anche, nonostante le smentite, il futuro di Telecom Italia: due temi inevitabilmente legati a doppio filo.

Sul tavolo c’è la questione Metroweb, e il nodo cruciale del ruolo della Cassa Depositi e Prestiti: da parte del Governo non ci sarebbero veti a un controllo di Metroweb da parte di Telecom, a patto che si guardi all’interesse del sistema Paese (detto in parole povere: gli investimenti si dovranno fare, non congelare). Telecom, dal canto suo, sarebbe disposta, per garantire la genuinità delle sue intenzioni, a proporre ai futuri soci un ulteriore passo: patti parasociali che prevedano un cronoprogramma di investimenti città per città che possa essere cambiato solo con maggioranze ‘superqualificate’ o accordi tra le parti.

Nei mesi scorsi,  Tiscar aveva tirato una stoccata agli operatori affermando che le Telco avrebbero dovuto accendere il calumet e smettere di litigare, perché altrimenti per dotare il Paese di una rete di nuova generazione, non resterebbe altro che un intervento pubblico.

“…Se gli operatori non si mettono d’accordo e continuano a litigare l’ultima soluzione è che il pubblico si rimbocchi le maniche e l’Infratel di turno realizzi la rete”, aveva detto Tiscar, che invece ora sembra orientato – a differenza di altri funzionari del Governo – proprio verso il condominio, nonostante l’opposizione di Telecom e le fallimentari esperienze del passato.

Vedremo nelle prossime settimane quali saranno gli sviluppi della situazione e quale sarà la posizione che prevarrà tra i consulenti del premier Matteo Renzi (che a quanto sembra non sono d’accordo sulla strada da prendere) tenendo presente che sullo sfondo si gioca la partita più importante: quella dell’infrastrutturazione del Paese. Senza banda larga capillare, infatti, che fine fanno tutti i buoni propositi di digitalizzazione dei servizi pubblici, i processi telematici, la sanità, l’anagrafe, il pin unico e la scuola digitale?

 Torri: nominati due advisor

Secondo l’agenzia Bloomberg, Telecom Italia avrebbe nominato gli advisor per la vendita delle 10.200 torri (su un totale di 15 mila) che saranno messe sul mercato: si tratta di Deutsche Bank e Banca IMI.

Dall’operazione, che la società conta di chiudere entro il primo semestre, sono attesi ricavi per 1 miliardo di euro.