Un nuovo report appena pubblicato da Connect Europe, l’associazione che raccoglie le principali Telco europee, punta il dito contro la mancanza di un quadro regolatorio uniforme fra telco e Big Tech. Il dato che salta agli occhi è che il 60% del traffico è generato di fatto da soli sette grandi player della Rete, che occupano quindi più di metà della banda disponibile senza per questo rispettare gli stessi vincoli degli operatori Tlc. I big della Rete sono Alphabet, Meta, Netflix, Microsoft, TikTok, Apple e Amazon.

Questi operatori gestiscono i sistemi operativi e controllano sempre di più i backbone privati, le reti di distribuzione di contenuti (CDN) e i servizi cloud, influenzando la qualità e il routing ben oltre la portata della gestione degli ISP”, si legge nl report.
Di conseguenza, un volume crescente di traffico viene gestito al di fuori dell’ambito di applicazione dell’OIR (Open Internet Regulation) e da attori di mercato non soggetti a tali regole.
Nella sua revisione della neutralità della rete del 2023, Ofcom conclude infatti che “le regole sulla neutralità della rete limitano le azioni che gli ISP possono intraprendere, ma non limitano le altre parti nella catena del valore. Da quando le regole sono state introdotte, gli operatori con solide posizioni di mercato si sono sviluppati lungo la catena del valore di Internet e non sono vincolati allo stesso modo degli ISP dalle regole sulla neutralità della rete”.

Il “grande vantaggio tecnologico”: lacune nelle tutele per i consumatori
Nonostante la concorrenza diretta in mercati come i servizi vocali, di messaggistica (basti pensare a Whatsapp) e internet, gli operatori di telecomunicazioni sono soggetti a regolamentazione in otto aree politiche rilevanti, mentre le aziende tecnologiche sono soggette a obblighi solo in tre, il che significa che gli utenti finali non beneficiano della stessa protezione a seconda del servizio che utilizzano.
Arthur D. Little, che ha realizzato il report per conto di Connect Europe, osserva inoltre che le piattaforme tecnologiche rimangono in gran parte non regolamentate nonostante il loro crescente predominio sulla distribuzione del traffico e sulla qualità del servizio. Questo squilibrio influisce sugli utenti e ha implicazioni più ampie per la concorrenza e la competitività complessiva dell’ecosistema della connettività, in particolare in settori come la gestione del traffico, la differenziazione e il reindirizzamento.
Tra il 2014 e il 2023, l’utilizzo dei dati mobili per cittadino si è decuplicato, mentre i ricavi per GB sono calati dell’85%, dimostrando il valore di un settore altamente innovativo ma ancora troppo frammentato.
Connect Europe: “serve mercato unico digitale”
Secondo il rapporto sono 34 gli obblighi normativi, spesso sovrapposti e incoerenti tra loro, che le tlc del continente devono affrontare, con impatti negativi sulla chiarezza per i consumatori e sulla sostenibilità economica del settore. Al tempo stesso, invece, le Big Tech restano in gran parte escluse da obblighi equivalenti, generando uno squilibrio competitivo.
Lo studio propone una strategia di riforma in tre fasi: semplificazione delle norme, eliminando obblighi obsoleti e ridondanti; garanzia di condizioni eque tra operatori tradizionali e piattaforme digitali; armonizzazione delle regole in tutta l’UE per offrire ai consumatori un’esperienza coerente e tutelata. L’obiettivo è chiaro: stimolare gli investimenti, accelerare l’adozione del 5G, migliorare la connettività transfrontaliera e assicurare diritti digitali equi per tutti i cittadini europei.
“Le aziende europee non possono più competere con una mano legata dietro la schiena. Una semplificazione radicale è essenziale per favorire innovazione e qualità dei servizi”, ha dichiarato Alessandro Gropelli, Direttore Generale di Connect Europe.
“È il momento di passare a una regolamentazione orizzontale, armonizzata e basata sui servizi, nell’interesse dei consumatori e della competitività dell’UE”, ha aggiunto Elisabetta Cafforio, Partner di Arthur D. Little.