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Telco Ue contro Bruxelles ‘Troppe regole, investimenti in fibra e 5G a rischio’

Il dibattito in corso a Bruxelles sulla riforma del quadro regolatorio delle Tlc sta sollevando diverse proteste da parte delle telco europee, secondo cui la tanto invocata semplificazione normativa dalla industry, per spingere gli investimenti nelle nuove reti, non si sta materializzando. Secondo la Reuters, da tempo gli ex incumbent chiedono meno regole e più incentivi per affrontare gli investimenti necessari alla realizzazione delle nuove reti ultraveloci (fibra e 5G) su cui peraltro Bruxelles punta per rilanciare l’economia dell’Unione e rinverdire i fasti del 2G e del 3G, quando l’Europa primeggiava a livello globale nel mobile.

Ieri il Comitato Industria del Parlamento Europeo (ITRE) ha votato alcune modifiche al testo del nuovo Codice europeo delle Comunicazioni elettroniche che, secondo le telco, limita la portata del co-investimento fra operatori in nuove reti e concede ai regolatori nazionali più poteri per obbligare le telco a concedere ai concorrenti l’accesso alle loro reti dove detengono una posizione di dominanza e dominanza congiunta, privilegiando di fatto il modello wholesale-only, lo stesso per intenderci adottato in Italia da Open Fiber.

Misure che non piacciono soprattutto agli ex incumbent, come Orange, Deutsche Telekom e Tim, costretti a sostenere forti investimenti per portare la fibra nelle case, e che da tempo si lamentano delle regole in vigore che li costringono ad aprire le loro reti alla concorrenza a prezzi regolati, con ritorni a loro dire insufficienti a sostenere gli investimenti.

Nemmeno i co-investimenti sembrano rappresentare una fonte sufficiente di ritorni per le telco. I piccoli operatori come TalkTalk e Fastweb (che in Italia opera nella fibra anche in joint venture con Tim in Flash Fiber) hanno lamentato che le misure di co-investimento proposte dalla Ue potrebbero danneggiare la concorrenza, che a loro dire rappresenta il vero motore per gli investimenti.

Il voto di ieri non è definitivo, il testo del nuovo Codice europeo delle Comunicazioni elettroniche dovrà essere ancora discusso con la Commissione Ue e con i ministri degli Stati membri prima dell’ok definitivo.

Il Comitato Industria del Parlamento Europeo ha inoltre votato per equiparare il prezzo delle chiamate all’estero a quello delle tariffe domestiche.

Di fatto gli operatori saranno obbligati a giustificare eventuali rincari per le chiamate  da fisso e mobile verso un altro paese membro.

Forte preoccupazione per l’andamento della riforma è stato espresso oggi da Etno, l’associazione che raccoglie le maggiori telco Ue fra cui Tim, Deutsche Telekom e Orange.

In particolare, Etno, che già nei giorni scorsi aveva fatto un appello a Bruxelles, chiede di ripristinare e rafforzare tutte le misure pro-investimenti avanzate nella prima versione del paccehtto telecom a settembre 2016, in particolare rafforzando e allargando le modalità e gli incentivi al co-investimento.

La durata delle licenze d’uso dello spettro radio deve restare di almeno 25 anni, chiede l’Etno, dopo la proposta del Comitato ITRE di fissare una revisione dell’uso dello spettro licenziato dopo 10 anni dall’assegnazione, per verificarne l’efficienza di utilizzo. Secondo le telco, la revisione decennale dello spettro rappresenta un deterrente e un’ombra di incertezza che rischia di aleggiare sugli ingenti investimenti a lungo termine previsti per l’imminente realizzazione delle nuove reti 5G.

Un’altra novità riguarda la proposta di istituzione di un numero di emergenza (112) alla rovescia, che che consenta alle autorità di chiamare direttamente i numeri dei cittadini a rischio di imminente pericolo come ad esempio un attacco terroristico o una catastrofe naturale. Il sistema è basato su un sistema di geolocalizzazione, che colloca spazialmente gli smartphone delle persone che si trovano nelle aree a rischio.

Un’altra misura riguarda l’obbligo di crittografia end-to-end per proteggere la riservatezza delle comunicazioni elettroniche.

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