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I tedeschi rieleggono la Merkel, Il Football americano contro Trump, La Casa Bianca vieta gli ingressi in America per altri otto paesi, Vivendi

Germania, i cittadini tedeschi rieleggono Merkel, ma i partiti di governo arrancano

25 set 11:14 – (Agenzia Nova) – Le elezioni politiche tedesche tenutesi domenica sono culminate, come ampiamente previsto, con la rielezione del cancelliere uscente, la cristiano-democratica (Cdu) Angela Merkel. Si sono recati alle urne 61,5 milioni di elettori, suddivisi in 73.500 seggi. L’Unione di centrodestra, che include anche i cristiano sociali bavaresi della Csu, si e’ confermata il primo schieramento politico tedesco, ma ha subito una brusca battuta d’arresto, attestandosi al 32,9 per cento dei consensi (meno 8,6 punti); l’unione potra’ dunque contare su 244 seggi nel nuovo Bundestag, su un totale di 630. Ancora peggiore, benche’ atteso, il risultato dei Socialdemocratici (Spd), che hanno ottenuto appena il 20,7 per cento delle preferenze, cinque punti in meno rispetto alla scorsa tornata nazionale, e 154 seggi parlamentari. Ha compiuto un balzo, invece, il partito della destra nazionalista Alternativa per la Germania (AfD), che con il 13 per cento dei consensi diventa la terza forza politica del paese e accede al Bundestag, dove disporra’ di 96 seggi. I Liberali dell’Fdp hanno ottenuto il 10,4 per cento, tornando cosi’ in Parlamento con 77 seggi: alle ultime elezioni non avevano superato la soglia di sbarramento del 5 per cento. La Linke ha mantenuto pressoche’ invariato il proprio bacino di consensi, e con l’8,9 per cento dei voti potra’ costituire un gruppo di 66 parlamentari nel Bundestag. I Verdi arrivano al 9,1, con un aumento dello 0,7 per cento, sempre raggiungendo i 68 seggi parlamentari. Le altre formazioni non hanno superato lo sbarramento. Il cancelliere Merkel non ha ancora illustrato possibili scenari di coalizione, ma riguardo ad AfD ha dichiarato: “Vogliamo riconquistare gli elettori che sono passati ad AfD. Questa e’ una delle sfide principali che l’Unione dovra’ affrontare. Cio’ include il mantenimento della Ue e la costruzione di un’Europa forte, oltre al contrasto all’immigrazione illegale”. La candidata dell’AfD alla Cancelleria, Alice Weidel, che ha replicato: “Formeremo un comitato di controllo su Angela Merkel che vigilera’ sui disastri di questa signora”. Il leader dello stesso partito, Joerg Meuthen, ha dichiarato: “Abbiamo preso all’Unione piu’ di un milione di voti. E’ il risultato peggiore della Cdu dal 1953. Questo dovrebbe spingere una persona intelligente a farsi da parte”. Molto soddisfatto del risultato del proprio partito s’e’ detto Hermann Otto Solms, dell’Fdp, il quale ha dichiarato: “Non c’aspettavamo un risultato a due cifre, e naturalmente questo ci soddisfa molto. Ma ci responsabilizza anche, e non sara’ facile operare in un Bundestag con sei partiti”. Il leader socialdemocratico Martin Schulz, ammettendo subito la sconfitta, e consapevole probabilmente della sparizione dei Socialisti in Francia, ha gia’ avvertito che il suo partito non intende prestarsi di nuovo ad una Grande coalizione di governo con l’Unione. Schulz si e’ anche detto molto preoccupato dell’entrata in Parlamento di AfD: “Questo e’ un punto di svolta, e nessun democratico puo’ semplicemente ignorarlo”, ha detto domenica sera. L’impegno fondamentale dell’Spd , ha aggiunto il segretario del partito, sara’ quello di tutelare la coesione sociale nella societa’, continuando a lottare per la democrazia, la tolleranza e il rispetto. “Noi siamo il baluardo della democrazia in questo Paese”, ha fatto eco a Schulz il sindaco di Berlino, Michael Mueller (Spd), intervistato dal quotidiano “Handelsblatt”: “Ora non si tratta di discutere chi sara’ il capo del partito, ma di fornire contenuti per andare avanti”. Tanto il capogruppo parlamentare dell’Spd Thomas Oppermann, quanto la vice segretaria Manuela Schwesig hanno concordato sul fatto che Schulz debba rimanere alla guida dell’Spd, nonostante la sconfitta subita. “Vinciamo insieme e perdiamo insieme”, ha dichiarato Oppermann. Diverse centinaia di manifestanti hanno protestato davanti la sede berlinese di AfD, in Alexanderplatz, ma sono stati tenuti a bada dalle forze dell’ordine. Soddisfatti i Verdi e la Linke, il cui esponente Matthias Hoehn, cosi’ si e’ espresso: “Saremo la forza piu’ forte contro l’AfD nel Bundestag tedesco”. Quanto alle alleanze, gli analisti tedeschi danno quasi per certa una coalizione tra Unione di centrodestra, Fdp e Verdi, la cosiddetta “Giamaica”, dai colori della bandiera del Paese caraibico, nero (Unione), giallo (Fdp) e verde (Verdi).

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Elezioni Germania, la vittoria “piu’ amara” di Merkel

25 set 11:14 – (Agenzia Nova) – La vittoria – ma non il trionfo – del Cancelliere uscente, la difficile prova della nascita della “coalizione Giamaica”, l’affermazione dei populismi come un peso sui destini di Germani e Unione europea. Sono i temi che attraversano gli editoriali pubblicati sulla stampa spagnola a commento del voto di domenica. La quarta vittoria consecutiva per Angela Merkel, scrive “El Mundo” e’ “una buona notizia”, non solo per i cittadini tedeschi “che hanno premiato una eccellente gestione economica, ma anche per l’Unione europea, che attendeva la ratifica nelle urne della candidata democristiana per rivitalizzare l’asse franco-tedesco e dare il via a un periodo di riforme comunitarie”. Ma pur vincente, la Cancelliera esce indebolita e deve di nuovo misurare la sua capacita’ di trovare una mediazione per dare vita al governo, in condizioni rese ancor piu’ difficili dal trovarsi di fronte al parlamento “piu’ frammentato della storia del paese”. La Germania “non puo’ permettersi un governo debole, dal momento che e’ stata proprio la stabilita’ ottenuta nella precedente legislatura a rendere possibile lo sviluppo economico e il fatto che la Merkel sia stata la leader indiscussa della Ue”. Ma l’altro ineludibile problema e’ quello dell’avanzata dell’estrema destra che, se unito all’ascesa della Sinistra, definisce un elettorato “in cui uno su cinque votanti ha scelto partiti populisti dell’uno o dell’altro segno”. E’ vero che la Germania e’ cresciuta, ma una parte del paese non ne ha percepito gli effetti: la disoccupazione si e’ ridotta ai minimi, ma anche grazie a un impiego sempre piu’ precario che ha fatto “aumentare il numero di lavoratori a rischio poverta’” e fatto perdere “in modo preoccupante” il potere d’acquisto degli ultra 65enni. Senza dimenticare il peso delle scelte di Berlino sulle questioni migratorie, in netto contrasto con “l’aumento della xenofobia e del razzismo, sentimenti che la Adf ha saputo capitalizzare alla perfezione”. Per tenere la barra, Merkel dovra’ scendere dunque a patti con Verdi e liberali, “cedendo su questioni come Brexit o solidarieta’ coi paesi del Sud, e mettendo cosi’ in pericolo il consenso all’interno dell’Unione”. Per il quotidiano “El Pais”, “lo sbarco al Bundestag di quasi un centinaio di deputati della Afd”, partito che diventa terza formazione politica del paese, rappresenta “una triste conferma dei tempi difficili che stanno vivendo le democrazie rappresentative, in Europa e fuori”. Il voto dimostra che i temi identitari sono arrivati sulla scena e non hanno intenzione di uscirne: “quasi il 14 per cento dei votanti tedeschi ha preferito ignorare il buon andamento dell’economia e votare contro la presenza di 1,3 milioni di rifugiati e i valori che rappresenta l’Unione europea”. Dopo aver visto, “con sollievo che in Francia e Olanda non si verificavano le previsioni piu’ nefaste”, scrive “Abc”, l’estrema destra ha ottenuto in Germania un ruolo in grado di “influire” sulla rotta del governo, “ricordando alla Merkel da quale parte sono fuggiti i voti”: la colpa e’ per il quotidiano conservatore da ricercarsi nella “formula della grande coalizione che ha fatto perdere consensi tanto ai democristiano quanto ai socialdemocratici”. Anche per il quotidiano catalano “La Vanguardia”, l’avanzata dell’estrema destra “getta ombre sulla vittoria della Merkel”, dando vita a un panorama politico “piu’ complicato di prima”. Unita all’affermazione delle ali estreme, la necessita’ di trovare l’accordo con partiti dalle “enormi differenze programmatiche” rendera’ difficile il margine di manovra della Cancelliera.

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Peru’, il “ricatto” che blocca il presidente Kuczynski

25 set 11:14 – (Agenzia Nova) – Il dilemma Fujimori continua a tenere sotto scacco la politica peruviana. Per l’ex presidente, in carcere per corruzione e reati contro l’umanita’, fioccano le richieste di indulto per le sue condizioni di salute, tutte dirette all’attuale capo di Stato Pedro Pablo Kuczynski, “Ppk”. La stampa locale continua a solleticare il tema, con interviste dirette al capo di Stato, ai ministri e interventi quotidiani di analisti e politici. Ppk potrebbe pronunciarsi a breve, ma il “dilemma” non e’ di poco conto, scrive “El Pais”: “se concede l’indulto all’ex presidente potrebbe ottenere un margine di pace interna” considerata la pressione del fujimorismo, incarnata dalla figlia Kejko, leader di un partito che ha la maggioranza assoluta in Parlamento e che “ha costretto varie volte a cambi di governo”, affondando il presidente nei sondaggi. “Ma in cambio macchiera’ per sempre la sua immagine antifujimorista con la quale e’ salito al potere. Diversi personaggi chiave, tra cui il premio Nobel Mario Vargas Llosa”, hanno chiesto al capo di Stato di non concedere l’indulto. “Ma Fujimori, uno dei pochi dittatori al mondo ancora dietro le sbarre”, fa valere costantemente il suo stato di salute “per ricordare al presidente il suo peggiore incubo: che possa morire in carcere e che i fujimoristi infuriati possano affossare il suo governo. Un ricatto in piena regola che blocca la politica peruviana”. Per taluni, se vuole continuare a governare, Kuczinski non ha altra scelta che risolvere prima questo problema. Ma la vera questione, prosegue la testata, e’ che non e’ per nulla chiaro se Fujimori stia male o no e non si capisce quanto possa contare la decisione del presidente di rimettere tutto il dossier ai medici, ricordando che l’indulto puo’ essere dato solo se le condizioni cliniche lo rendono necessario. “Alleato inatteso” del presidente e’ “la guerra interna” tra i figli di Fujimori. Keiko – leader del partito Forza popolare – e due volte candidata sconfitta alla presidenza, “non sembra interessata” all’uscita dal carcere del padre: Alberto non tornerebbe in liberta’ per “fare il pensionato, ma per fare politica” e si troverebbe a contendere il ruolo di leader dell’opposizione proprio alla figlia. Dall’altra parte c’e’ il fratello Kenji che “visita il presidente ogni venerdi’”, e’ “il parlamentare piu’ votato del Peru’ e spinge con decisione per liberare il genitore. Ha fatto rumore la foto di quest’ultimo con il capo di Stato nel palazzo presidenziale, in occasione dell’ultimo rimpasto di governo, la settimana scorsa. “Gli ho chiesto se voleva fare un giro nelle stanze in cui e’ cresciuto da bambino”, ha detto “Ppk” assicurando che i due non avevano parlato di indulto.

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Usa, la Casa Bianca adotta un nuovo bando agli ingressi da otto paesi

25 set 11:14 – (Agenzia Nova) – Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha firmato domenica un nuovo provvedimento che limita gli ingressi negli Usa da parsi ritenuti un pericolo per la sicurezza nazionale. Il nuovo provvedimento, la cui entrata in vigore e’ prevista per il 18 ottobre prossimo, si applichera’ ai cittadini di otto paesi, cinque dei quali erano gia’ colpiti dal precedente provvedimento analogo adottato dal governo Usa: si tratta in particolare di Iran, Libia, Somalia, Siria e Yemen, cui si aggiungono Ciad, Venezuela e Corea del Nord. Le misure sono variabili, e vanno dal bando a tempo indeterminato all’emissione di visti per i cittadini di paesi come la Siria, sino a misure mirate, come la sospensione dei visti concessi a taluni funzionari governativi venezuelani e alle loro famiglie. L’annuncio del nuovo “travel ban” coincide con la scadenza di quello temporaneo imposto ai cittadini di sei paesi musulmani, che aveva una durata limitata a 90 giorni e la cui validita’ e’ stata contestata per mesi da alcune corti giudiziarie Usa, prima che la Corte suprema ribadisse l’autorita’ del presidente di regolare gli ingressi. “rendere sicuri gli Stati Uniti d’America e’ la mia priorita’ assoluta. Non ammetteremo nel nostro paese quanti non siamo in grado di controllare”, ha scritto ieri il presidente sul suo profilo Twitter. Al contrario della prima versione del bando agli ingressi, adottata dall’amministrazione Trump quasi senza preavviso, i funzionari della Casa Bianca affermano che questa volta le misure siano state pianificate per mesi in collaborazione con le differenti agenzie governative e i paesi coinvolti, e che dunque non dovrebbe verificarsi alcun disagio o scena caotica negli aeroporti statunitensi.

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Usa, anche il football diventa teatro di battaglia delle politiche identitarie

25 set 11:14 – (Agenzia Nova) – Le contestazioni della bandiera a stelle e strisce e dell’inno nazionale degli Stati uniti da parte di giocatori afroamericani della Lega nazionale di football statunitense (Nfl), in corso ormai da circa un anno, sono esplose lo scorso fine settimana, dopo che il presidente Usa, Donald Trump, si e’ scagliato pubblicamente contro i giocatori responsabili di queste forme di protesta, che godono invece del sostegno del movimento progressista statunitense. Venerdi’ scorso, durante un comizio a Huntsville, in Alabama, Trump aveva fatto riferimento al progressivo calo dell’indice di ascolti televisivi subito dall’Nfl, attribuendolo proprio all’attivismo politico e ideologico dei giocatori. “Non vi piacerebbe vedere alcuni dei proprietari dei club dell’Nfl reagire quando qualcuno manca di rispetto alla nostra bandiera, ed esclamare: ‘Rimuovete quel figlio di buona donna dal campo da gioco ora, e’ licenziato!’?” ha detto Trump di fronte ai suoi sostenitori, per poi aggiungere che i giocatori afroamericani di football non sono icone della presunta discriminazione ai danni dei neri, ma atleti milionari e privilegiati. Trump ha soffiato sul fuoco nei giorni successivi, pubblicando alcuni tweet, ribadendo che “se i fan dell’Nfl rifiutano di assistere alle partite sino a quando i giocatori non smetteranno di mancare di rispetto alla bandiera e al nostro paese, le cose cambieranno rapidamente. Licenziateli o sospendeteli!”. Le durissime dichiarazioni di Trump hanno innescato un putiferio: domenica scorsa piu’ di un centinaio di giocatori della principale lega del football statunitense hanno incrociato le braccia o si sono inginocchiati durante l’inno in segno di protesta; l’intera squadra dei Pittsburgh Steelers, invece, ha disertato del tutto l’inno, rimanendo negli spogliatoi. Contro Trump si sono scagliati anche alcuni allenatori e proprietari di club, oltre a diversi quotidiani: la “Washigton Post”, ad esempio, ha pubblicato domenica un editoriale non firmato in cui accusa Trump di aver scambiato i valori simboleggiati dalla bandiera a stelle e strisce in una forma di “conformismo forzoso”, che in nome del patriottismo censura la libera espressione delle idee. Di diverso avviso il “Wall Street Journal”, secondo cui la politicizzazione dello sport costituisca un gravissimo segnale di deperimento della democrazia in quelli che ormai appaiono a tutti i livelli “gli Stati Divisi d’America”. ad “avvelenare” il football con il virus l’ideologia politica militante, accusai l quotidiano, e’ stata la decisione delle “forze progressiste della politica identitaria” di appoggiare, lo scorso anno, le proteste del giocatore afroamericano Colin Kaepernick, un milionario trasformato in un “martire progressista” per aver reagito al suo mancato ingaggio denunciando una presunta discriminazione razziale. Trump, ammette l’editoriale, non ha fatto che ingigantire la polemica con i suoi toni incendiari, ma non c’e’ dubbio che “gran parte dei cittadini americani non sopportino di veder mancare di rispetto alla loro bandiera”. “Bloomberg”, infine, si concentra sul declino degli indici di ascolto dell’Nfl, ed ammette che la politicizzazione dello sport sembra essere quantomeno una concausa di tale fenomeno.

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Regno Unito, Corbyn annuncia che “il Labour si sta preparando a governare”

25 set 11:14 – (Agenzia Nova) – “Che differenza possono fare sei mesi! Il panorama politico e’ a stento riconoscibile rispetto al giorno in cui a Downing Street Theresa May annuncio’ le elezioni anticipate. Gli esperti si aspettavano una vittoria a valanga per i conservatori. Erano tutti concordi sul fatto che il voto avrebbe rafforzato la mano del governo nei negoziati per la Brexit e stabilizzato il paese. E che il Labour avrebbe dovuto affrontare l’oblio. Il paese la pensava diversamente”: inizia cosi’ un articolo pubblicato da Jeremy Corbyn, leader del Partito laborista, principale forza di opposizione del Regno Unito, sul settimanale britannico “The Observer”, in apertura del congresso annuale di Brighton. “Non siamo riusciti a ottenere la maggioranza e dobbiamo fare di piu’ per costruire fiducia e consenso”, ammette il politico, rivendicando, tuttavia, il piu’ grande incremento dei voti dal 1945 e l’aver dato una risposta alla “sete di cambiamento”. “Abbiamo cambiato il dibattito e impostato l’agenda politica”, spiega Corbyn, citando temi come la mensa scolastica gratuita e i contributi agli anziani per il riscaldamento domestico. “Abbiamo cambiato il centro di gravita’ politico. Ora siamo la corrente principale e abbiamo l’opportunita’ di trasformare il nostro paese”, prosegue. Il leader del Labour accusa poi i Tory di essere divisi e di non avere un mandato per quello che stanno facendo e promette battaglia contro i tentativi di far pagare ai piu’ deboli gli sgravi fiscali per i piu’ ricchi. “La nostra missione — afferma — deve essere quella di lavorare per il popolo britannico per trasferire ricchezza, potere e opportunita’ dai molti ai pochi. Per la prima volta da molto tempo possiamo offrire una politica di speranza e una politica per la gente”. Per Corbyn e’ in corso “una campagna elettorale permanente” e i laboristi sono pronti, come dimostra anche l’aumento delle iscrizioni, triplicate negli ultimi due anni. “Il Labour si sta preparando a governare e stiamo gia’ approfondendo e ampliando le proposte politiche delineate nel programma elettorale. E’ il Labour, non il Partito conservatore, che si sta preparando ad affrontare le sfide a lungo termine che il paese ha davanti, come l’automazione, la minaccia all’ambiente, i costi della sanita’ e l’invecchiamento della popolazione”, continua Corbyn, criticando le oscillazioni e le incoerenze dell’esecutivo. Anche sul discorso sulla Brexit pronunciato dalla premier a Firenze il leader dell’opposizione e’ severo: non e’ stata fatta chiarezza sulla relazione a lungo termine con l’Ue; l’unico passo avanti e’ l’accettazione della necessita’ di una fase di transizione. Riguardo alla posizione laborista, Corbyn ribadisce che il Labour vuole “una Brexit che metta al primo posto l’occupazione e dia priorita’ all’accesso ai mercati europei, che usi i poteri rimpatriati da Bruxelles per investire e innovare l’economia britannica e che tuteli e ampli i diritti dei lavoratori e dei consumatori e gli standard ambientali”. “Non accetteremo una deregulation sul tipo della Transatlantic Trade and Investment Partnership”, precisa. Soprattutto, conclude Corbyn, il Partito laborista non accetta che milioni di persone che lavorano siano in condizioni di poverta’. “Siamo un governo in attesa. La politica e’ cambiata e il Labour ha guidato il cambiamento”.

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Regno Unito, per Starmer “una forma di unione doganale con l’Ue e’ una possibile destinazione finale per il Labour”

25 set 11:14 – (Agenzia Nova) – In primo piano sulla stampa britannica il congresso annuale del Labour, principale forza di opposizione del Regno Unito, che si e’ aperto ieri a Brighton. Il partito deve sciogliere i suoi nodi sulla Brexit. Tuttavia, sulla questione non sara’ messa ai voti una mozione. I lavori congressuali, invece, si concentreranno su otto questioni, tra le quali hanno particolare rilievo il servizio sanitario nazionale, l’assistenza sociale e gli investimenti pubblici. A illustrare la posizione sull’uscita dall’Unione Europea e’ Keir Starmer, segretario ombra per la Brexit, dalle pagine di “The Times”: a suo parere una forma di unione doganale e’ possibile. Secondo l’esponente laborista il discorso di Firenze della premier, Theresa May, “ha promesso molto e mantenuto poco”: l’unico punto di sostanza e’ l’accettazione della necessita’ di un accordo di transizione, sul quale anche il Labour e’ favorevole. Tuttavia, attacca il politico: il “precipizio” e’ stato solo rinviato; “tutte le linee rosse ideologiche rimangono”; “obiettivi arbitrari sull’immigrazione hanno ancora la priorita’ sui posti di lavoro e l’economia”; non sono state date risposte alla questione dell’Irlanda del Nord; “non e’ ancora riconosciuta l’importanza del mercato unico e dell’unione doganale” e resta “l’insistenza dogmatica sulla fine della giurisdizione della Corte di giustizia europea”. Il Labour, annuncia Starmer, “respingera’ questo approccio” e concentrera’ il dibattito sulla costruzione di una futura partnership con l’Ue sui “valori della solidarieta’ e dell’internazionalismo”. L’accordo di transizione, prosegue il responsabile del Labour per la Brexit, deve essere “un ponte verso un accordo finale duraturo” che metta al primo posto l’occupazione e l’economia e il “mantenimento dei vantaggi del mercato unico e dell’unione doganale”. L’accordo finale, precisa Starmer, “deve proteggere i diritti dei lavoratori e gli standard ambientali ed evitare la deregulation. Deve dare certezza e tutela ai cittadini britannici e comunitari e non usarli mai come merce di scambio. Deve garantire collaborazione e cooperazione nei settori della scienza, della tecnologia, della medicina, della sicurezza, delle arti, della cultura e in molti altri ancora”. Tutte le opzioni per arrivare a un accordo di questo tipo, “dovrebbero essere lasciate aperte”, suggerisce Starmer, che rivendica un approccio flessibile, pragmatico e non ideologico da parte del suo partito: “Restare in una forma di unione doganale con l’Ue e’ una possibile destinazione finale per il Labour”, conclude.

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Germania, piu’ denaro per le Forze armate

25 set 11:14 – (Agenzia Nova) – Durante la campagna elettorale tedesca dei mesi scorsi il tema delle spese per gli armamenti e’ stata occasione di scontro tra l’Unione di centrodestra e i socialdemocratici (Spd). Come piu’ volte ribadito dal suo capogruppo parlamentare,Thomas Oppermann, l’Spd e’ contraria a raddoppiare il bilancio della difesa, portandolo al 2 per cento del Pil: “Pensiamo che sia sbagliato e con l’Spd al governo non accadra’ mai”, aveva dichiarato, precisando pero’ che “le attrezzature delle Forze armate vanno migliorate”, e che cio’ avrebbe implicato necessariamente un aumento del bilancio delle forze armate di una certa entita’. Il bilancio per la Difesa quest’anno si dovrebbe attestare a 37 miliardi di euro, ma secondo stime di Hans-Peter Bartels, Commissario alla Difesa delle Forze armate tedesche, nonche’ membro dell’Spd, dovrebbe aumentare di altri 10-12 miliardi di euro per colmare le lacune esistenti. “Oggi tutti sono consapevoli del fatto che le attrezzature delle Forze armate sono assolutamente insufficienti”, ha dichiarato Bartels al quotidiano “Handelsblatt”. Bartels ha elogiato il ministro della Difesa, la cristiano-democratica Ursula von der Layen (Cdu), che aveva annunciato nel 2016 un programma di spesa di 130 miliardi fino all’anno 2030. Le aziende del settore, secondo un sondaggio condotto dall’Associazione tedesca per la tecnologia della Difesa, “hanno registrato un’inversione di tendenza nella vendita delle armi”. Questo e’ avvenuto anche sulla spinta dell’annessione della Crimea da parte russa e il conseguente impegno militare tedesco nell’Est Europa, con l’invio di 1.000 militari in Lituania, in aggiunta alle missioni gia’ intraprese nel nord dell’Iraq e in Mali. “Oggi piu’ che mai abbiamo bisogno di un Esercito efficiente e ultramoderno oltre che attrezzato”, ha commentato a questo proposito Hans Christoph Atzpodien, nuovo ad dell’Associazione dell’industria della Difesa (Bdsv). “Senza attrezzature tecniche di alta qualita’ le Forze armate non posso assolvere alle loro funzioni”. La Francia spende ogni anno 50 miliardi di euro per la Difesa, e Berlino ha assunto l’impegno a costituire con Parigi il fulcro di una Difesa europea. Un nuovo aereo da caccia, fregate, carri armati pesanti, droni, satelliti ed elicotteri sono sulla lista delle future acquisizioni comuni. Un consenso sul tema nella Grosse Koalition c’e’ di sicuro, ma la Germania si e’ “scottata” con affari disastrosi, come quello relativo all’acquisto dei velivoli da trasporto tattico A400 M. Da parte loro, i fornitori d’armamenti tedeschi lamentano il fatto che il ministro della Difesa e il Segretario di Stato per gli armamenti Katrin Suder abbiano modellato i contratti d’appalto in modo che il rischio ricada interamente sul settore industriale. Atzpodien ha richiesto al Governo federale maggiore collaborazione in tal senso.

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Francia, elezioni Senato: un successo per i Repubblicani

25 set 11:14 – (Agenzia Nova) – Il grande partito di destra francese ha rafforzato le sue posizioni al palazzo di Lussemburgo, grazie alla vittoria alle municipali del 2014, ma anche grazie allo smacco del partito presidenziale. In totale il gruppo dei Repubblicani (Lr), che contava 142 eletti, ne avra’ 159. “Una progressione inaspettata. E’ davvero una buona notizia”, ha commentato Bruno Retailleau, presidente del gruppo. Il successo era atteso: i senatori sono infatti designati non dall’insieme dei francesi, ma dai “grandi elettori”, costituiti per la maggior parte da consiglieri municipali. La destra e il centro hanno avuto un enorme successo nelle elezioni municipali del 2014, strappando alla sinistra 170 comuni da piu’ di 9 mila abitanti. Era dunque logico che l’Lr migliorasse la sua posizione al Senato tre anni piu’ tardi. Tuttavia questo successo avrebbe potuto, o dovuto, essere turbato dal partito presidenziale Republique en marche, che sperava di progredire al Senato. In questo senso, il fatto che il movimento marconista non esistesse ancora nel 2014, al tempo delle ultime elezioni municipali, non e’ sufficiente a spiegare la disfatta. Il nuovo capo dello stato si e’ mostrato particolarmente scomodo dal suo arrivo all’Eliseo, moltiplicando le misure sfavorevoli agli eletti locali, spesso senza alcuna concertazione. Tra queste figurano i tagli ai fondi destinati alle municipalita’ e la soppressione annunciata della tassa sugli immobili ad uso abitativo.

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Il ritorno di Berlusconi complica l’avventura italiana di Vivendi

25 set 11:14 – (Agenzia Nova) – La campagna d’Italia di Vivendi si trasforma di giorno in giorno in una guerra di trincea. Gia’ minacciata dall’Autorita’ di sorveglianza dei mercati, la Consob, e dall’Autorita’ per la regolamentazione delle telecomunicazioni, Agcom, il gruppo francese e’ nel mirino della presidenza del Consiglio, che annuncera’ oggi le misure che potrebbe mettere in atto contro i francesi. Le minacce a Vivendi sono di due tipi: per non avere comunicato nei tempi il suo aumento di capitale in Telecom Italia (passato al 23,94 per cento rispetto al 6,66 per cento del 2015), il gruppo francese rischia una multa pari all’1 per cento del giro d’affari dell’operatore, ovvero circa 300 milioni di euro. Ma la diatriba non si ferma qui: il ministro dello Sviluppo economico italiano, Carlo Calenda, ha annunciato la sua intenzione di fare valere per la prima volta il cosiddetto “Golden Power”, una clausola istituita nel 2012 che permette di mantenere sotto il controllo italiano un’impresa considerata strategica per l’interesse nazionale. Il gruppo Sparkle, controllato da Tim, risponde a questi criteri. Se da una parte il governo non obblighera’ Telecom Italia a cedere il controllo della sua filiale, dall’altra potrebbe imporre l’ingresso nel Consiglio di amministrazione di consiglieri designati da Agcom, per meglio controllare i movimenti dei francesi su questa compagnia, da cui dipendono, tra le altre cose, le comunicazioni criptate del governo e dell’esercito. Il governo italiano assicura che le decisioni prese saranno puramente tecniche. Tuttavia, e’ innegabile che ad incidere sia stata la decisione francese di fare un passo indietro sull’accordo per la cessione dei cantieri navali di Saint-Nazaire all’italiana Fincantieri, annunciata a fine luglio in nome dell’importanza strategica del sito. Fonti francesi vicine al dossier confermano che i guai di Vivendi sono legati alle tensioni dell’estate, che sembrano essersi appianate a pochi giorni da un vertice tra i due paesi che si terra’ il prossimo 27 settembre a Lione. Alla dimensione diplomatica si aggiunge quella legata alla politica interna, che complica ulteriormente l’avventura italiana del gruppo di Vincent Bollore’. Parallelamente all’aumento di capitale in Telecom Italia, l’uomo d’affari bretone ha preso di mira l’impero mediatico di Silvio Berlusconi, che negli ultimi mesi e’ ridiventato un attore importante della politica italiana, a tutto svantaggio di Bollore’. Partner obbligato in seno a una grande coalizione che faccia da freno al M5S, l’ex premier e’ nella posizione di ottenere quello che vuole dal governo Gentiloni.

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