nota diplomatica

Talebani, brava gente

di James Hansen |

Creati dagli Stati Unti, con la collaborazione di Pakistan e arabi del Golfo, i talebani hanno cacciato i loro sponsor iniziali e preso il potere in Afghanistan. Ora Washington sceglie la linea morbida con Kabul, forse per non creare problemi alla campagna elettorale di Biden, forse per crearne ai cinesi. La riflessione di James Hansen.

James Hansen

Come attori politico-militari, i Talebani sono in non poca parte una creazione americana; un progetto congiunto degli Usa e delle forze armate pakistane con l’appoggio degli arabi del Golfo. L’intento era quello di estromettere dall’Afghanistan i Sovietici che, all’epoca (1979-1989), occupavano il Paese. Da allora i Taleb—gli ‘studenti coranici’—hanno fatto strada, arrivando a cacciare i loro sponsor iniziali dall’Afghanistan in quella disastrosa ‘fuga di mezzanotte’ delle truppe americane da Kabul che nel 2021 segnò l’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca.

Se l’ippica è lo sport dei Re, allora conquistare l’Afghanistan dovrebbe essere lo sport degli Imperi. Ci sono andati tutti. Una lista, incompleta, comprende: l’Impero macedone di Alessandro il Grande, l’Impero mongolo di Gengis Khan, l’Impero timuride di Tamerlano, l’Impero Mughal, vari imperi persiani, l’Impero britannico, l’Unione Sovietica e, più di recente, gli Stati Uniti.

Se ne sono andati via tutti, malamente e sempre con la necessità di spiegare ‘a casa’ come quattro straccioni afghani siano stati capaci di cacciarli. Nel caso americano, si è illustrato ad infinitum sui media come i Talebani fossero dei mostri di crudeltà, specialmente—si sottolineava—nei confronti delle proprie donne. E i Taleb collaboravano, trattandole male davvero: vietando loro di lavorare fuori casa, di studiare e, più di recente (a luglio), chiudendo tutti i saloni di bellezza del Paese.

Ora, l’opinione ufficiale americana sembrerebbe star cambiando nei confronti di questi ‘mostri’. Negli ultimi tempi il Washington Post—molto vicino all’attuale Governo Usa—ha trovato spazio per illustrare in toni ammirati l’effettiva abolizione dai Talebani della coltivazione dei papaveri da oppio, come anche i loro grandi progetti di ingegneria civile per ricostruire il Paese. L’importante rivista Usa di politica estera Foreign Policy—sempre vicina al Governo—ha da poco pubblicato un autorevole intervento dal titolo “The World Has No Choice But to Work With the Taliban”, che in sostanza suggerisce di trovare la maniera di convivere con i Taleb; tanto, ormai sono lì e cosa ci vuoi fare?

Le motivazioni dell’ammorbidimento possono essere diverse.  Da un lato, le prossime presidenziali americane sono in arrivo—e al candidato Biden conviene che gli elettori dimentichino del disastroso ‘ritiro’ da Kabul. Poi c’è il fattore Cina: il Paese ha un confine comune con l’Afghanistan, oltre ad avere uno sterminato bisogno delle risorse minerarie che i geologi cinesi stanno scoprendo lì—tra l’altro, enormi depositi di litio, l’elemento chiave per la produzione delle batterie che dovranno rendere concrete le ambizioni di elettrificare i trasporti pubblici e privati nel mondo.

Forse ne verrà fuori una politica estera americana del tipo “vai avanti tu, che mi vien da ridere”. Potrebbe essere conveniente avere con i Talebani un rapporto capace di rendere più costosa possibile l’eventuale ‘cinesizzazione’ del paese. La storia insegna che gli afghani ci penseranno loro al resto…